La tachipirina di Mario Draghi
E così Mario Draghi ce l’ha fatta. L’Eurotower comprerà,
senza fissare un limite, i titoli di stato dei paesi che richiedono
l’assistenza finanziaria dell'Europa, mettendo di fatto in gioco le sue
imponenti risorse finanziarie. Il che merita due parole, ovviamente da
economisti dilettanti…
Non desideriamo entrare nel merito della misura, ma solo far
notare che la decisione del Presidente della Bce, seppure condivisibile (perché
qualcosa per abbassare la febbre-spread si doveva pur fare), ricorda tanto
la famigerata politica - e in Italia ne sappiamo qualcosa - della svalutazione
competitiva, ma, come dire, a metà... Perché, se è vero, come si
legge nei manuali, che all’intervento delle autorità monetarie sui
mercati per acquisire titoli e valuta, deve in parallelo affiancarsi la
svalutazione pilotata o meno della moneta per favorire le
esportazioni e il rilancio dell’economia, è altrettanto vero che Draghi, anche
per vincoli “statutari”, si comporta come il classico uomo con il braccio
legato dietro la schiena: con una mano può comprare, con l’altra non può
svalutare. Se ci si passa la battuta: la tachipirina di Draghi, pur abbassando
la febbre del malato, non serve a curare la malattia di cui soffre.
Naturalmente la svalutazione competitiva ha
controindicazioni, anche serie, ad esempio fa salire l’inflazione e
penalizza gli importatori: non è insomma una panacea.
Ma non è questo il punto. Il vero problema è il braccio
legato.
Carlo Gambescia
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