Il
libro della settimana: Mariella Nocenzi e Angelo Romeo (a cura di), I sociologi
dimenticati. Antologia del pensiero proto-sociologico italiano, prefazione di
Vincenzo Cesareo, Franco Angeli 2011, pp. 180, Euro 22,00.
http://www.francoangeli.it/ |
Spesso, oggi, il laureando “medio” in sociologia ignora importanti pensatori
del Novecento sociologico, come ad esempio studiosi del calibro di Pitirim A.
Sorokin e Georges Gurvitch… Quanto alla sociologia italiana, il futuro dottore
in una delle tante, forse troppe microspecializzazioni disciplinari, talvolta
mostra di non conoscere figure “maggiori” come Vilfredo Pareto… Figurarsi
perciò sociologi “minori” , o meno noti, come Filippo Carli, Alessandro
Chiappelli, Fausto Squillace, contemporanei di un gigante come Pareto.
Per quale ragione? Innanzitutto, perché la storia del pensiero sociologico non
è più di moda. Nelle Facoltà di Sociologia, dal punto di vista disciplinare,
non interessa più il “da dove veniamo” ma solo il “dove andiamo”, grazie a una
metodologia, sempre più specializzata, ma in realtà tesa a studiare gli
alberelli, anche in formato bonsai, ma non la foresta, ossia la società nel suo
insieme.
Inoltre, la sociologia italiana del Secondo Dopoguerra è cresciuta senza padri.
Autori, pur grandissimi come Pareto, attivi nell’Italia prefascista, furono
prima dimenticati e poi “reimportati” in Italia, sulla scia di riscoperte
americane (nel caso di Pareto, galeotto fu Talcott Parsons). Insomma, l’Italia
del 1945, si impose di dimenticare, se non cancellare, fascismo e prefascismo,
e con essi, quel clima, anche sociologico, di critica, comune destra e sinistra,
alla democrazia parlamentare, assai diffuso tra Otto e Novecento.
Fortunatamente, sull’importanza dei “padri”, anche quelli piccoli piccoli (si
fa per dire…), è finalmente uscita una interessante antologia, curata da
Mariella Nocenzi e Angelo Romeo, I sociologi dimenticati. Antologia del
pensiero proto-sociologico italiano ( prefazione di Vincenzo Cesareo, Franco
Angeli 2011, pp. 180, euro 22,00 ).
Il lettore comune non si faccia spaventare dal titolo accademico della
pubblicazione: i « proto-sociologi» sono i primi sociologi, attivi tra Otto e
Novecento; studiosi ancora senza cattedra specifica. E per una ragione molto
semplice: all’epoca la sociologia non era entrata ufficialmente nelle
università italiane. Parliamo comunque di studiosi ben consapevoli dell’importanza
della sociologia quale risposta ai problemi posti dalla società moderna. E in
particolare nell’Italia che allora andava industrializzandosi.
Vi entrerà, ma non presto. Come scrivono i curatori, «la prima cattedra di
sociologia [sarà] assegnata per l’anno accademico 1924-1925 a Filippo Carli
dall’Università di Padova, grazie all’autonomia universitaria riconosciuta agli
Atenei dalla Riforma Gentile». Per inciso, sul primo sociologo ufficiale
italiano si veda la bella introduzione del compianto Giano Accame a Filippo
Carli, L’idea partecipativa ( Edizioni Settimo Sigillo 2003).
Ma di quali sociologi dimenticati parliamo ? Lodovico Francesco Ardy, Filippo
Carli, Alessandro Chiappelli, Errico de Marinis, Achille Loria, Vincenzo
Miceli, Scipio Sighele, Fausto Squillace, Michele Angelo Vaccaro, Icilio Vanni.
Una ricerca non semplice. Perché, come rilevano i curatori, addirittura su
Ardy, di cui sono ripubblicati alcuni brani tratti dall’eccellente L’equilibrio
sociale (1895), «non è stato possibile costruire una scheda a causa della
mancanza di fonti attendibili». Parliamo di schede bio-bibliografiche, quindi
utilissime, collocate in fondo al volume. Di Scipio Sighele, sono perfino
riportati i sommari di alcune opere. Una scelta, quest’ultima, molto felice,
che forse si poteva estendere - certo, dove possibile - a tutti agli autori
antologizzati.
I brani sono raccolti e divisi per argomento: “ I problemi costituzionali della
sociologia”; L’individuo, i valori, le istituzioni; “La società e la politica”;
“La sociologia dei processi culturali”; “La sociologia e il futuro”.
Dalla lettura emergono due elementi molto interessanti: da un lato la notevole
competenza disciplinare dei «proto-sociologi» , non inferiore a quella di altri
sociologi dell’epoca, oggi annoverati tra i classici della sociologica, due per
tutti: Durkheim e Simmel; dall’altro la ragguardevole capacità di scavare in
profondità nelle contraddizioni della modernità. Certo, l’approccio generale è
di tipo evoluzionista (ma non social-darwinista, fuorché, probabilmente, per
Michele Angelo Vaccaro), cioè si confida nelle sorti progressive, ma senza
esagerare… Dal momento che la visione di fondo dei « proto-sociologi» ruota
intorno ai sani valori di una sociologia rivolta a studiare le cose come sono e
non come dovrebbero essere.
Francamente, su tutti, sembra spiccare la figura di Fausto Squillace, malgrado
il giudizio non positivo di Roberto Michels, autore di una celebre rassegna
storica (1924-1925, tradotta dal tedesco in Antonio Scaglia, La sociologia
europea del primo Novecento, Franco Angeli 1992). Squillace evidenzia notevoli
capacità di sintesi teorica e individuazione dei problemi. Non per niente
l’editore romano Bonanno ha di recente ripubblicato La moda (1912), a cura di
Anna Maria Leonora. Un saggio che stupisce per la modernità come del resto si
può scoprire anche dagli estratti antologizzati.
Non va dimenticato che Squillace, nonostante, come scrive Michels, fosse un
«autodidatta» che «lavorò quasi sempre nella sua piccola città natale di
Catanzaro priva di una qualsiasi strumentazione scientifica», pubblicò un
importante Dizionario di sociologia (1905), mostrando, prosegue Michels «contro
i pessimisti (…) come la sociologia fosse già abbastanza matura per presentarsi
con ampie prospettive nelle vesti di una sintesi presentata con un’opera
generale».
Concludendo, un’antologia ben costruita, ricca di stimoli e idee, che si
rivolge a docenti, studenti, per le ragioni disciplinari già abbondantemente
evidenziate, nonché a quei lettori interessati alle ineludibili questioni
legati alle sorti della modernità. Insomma, un libro da non perdere.
Carlo Gambescia
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