Il
libro della settimana: Giovanni Ciccotti, Marcello Cini, Michelangelo de Maria,
Giovanni Jona-Lasinio L’Ape e
l’Architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico, con saggi a
commento oltre che degli autori di Arianna Borrelli, Marco Lippi, Dario
Narducci, Giorgio Parisi, Franco Angeli, 2011, pp.
300, euro 33,00 - http://www.francoangeli.it/
http://www.ibs.it/code/9788856835434/ape-architetto-paradigmi.html |
Ottima
l’idea della casa editrice Franco Angeli di ripubblicare L’Ape e l’Architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico
(pp. 300, euro 33,00). Un’opera, come si
evince fin dal titolo, di saldo impianto
marxiano, uscita nel 1976 per i tipi di
Feltrinelli. Editore, all’epoca, non ancora trasformatosi in venditore di
gadget e felpe. La cui lettura ha un
fascino particolare, simile a quello offerto dalla possibilità di poter
ammirare un tramonto sull’Oceano. Ovviamente,
il tramonto di cui parliamo è
quello dell’ideologia “marxiano-marxista”.
Che, per dirla con Dante, come ogni «ora che volge al
desìo», «intenerisce il
core ». Anche se noi non siamo «naviganti»…
Il
suo titolo prende spunto dal
famoso raffronto marxiano, tra
l’ape e l’architetto: « Il nostro presupposto, scriveva Marx, è il
lavoro in una forma nella quale esso appartiene esclusivamente all’uomo. Il
ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l’ape fa
vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma
ciò che fin da principio distingue il peggior architetto dall’ape migliore è il
fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in
cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già
presente al suo inizio nell’idea del lavoratore, che quindi era già presente
idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma
dell’elemento naturale; egli realizza nell’elemento naturale, allo stesso
tempo, il proprio scopo, che egli conosce, che determina come legge il modo del
suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà».
Giusto.
La scienza è un «subordinare» a leggi. Quali leggi però? Nel caso di Marx ed epigoni, quelle
del materialismo storico. Leggi che
tuttavia relativizzano gli stadi
del sapere, ancorandoli alle forme di produzione. Cosa vogliamo dire? Che il germe di tanto relativismo dissolvitore,
post-marxiano e marxista, era già
racchiuso nel materialismo storico. Perciò, definire tuttora L’Ape e l’architetto come una semplice opera
di filosofia della scienza resta fuorviante. Perché i quattro autori,
Giovanni Ciccotti, Marcello Cini, Michelangelo de Maria, Giovanni Jona-Lasinio,
pensosi studiosi di scienze esatte, pur ribadendo la fede nel materialismo
storico, preannunciarono la “tempesta perfetta”. O se si preferisce l’avvicinarsi della fine
delle certezze in campo politico, filosofico e scientifico: di tutte, fuorché la propria. Ecco la contraddizione… In realtà la caduta avrebbe travolto un già
traballante, e di suo, approccio
materialistico. Detto altrimenti: L’Ape e
l’Architetto “previde” la
crisi prossima ventura del
pensiero borghese; crisi che però avrebbe
contagiato anche un materialismo
storico “relativizzante” e
indeciso tra uso socialista delle
scienza, ascetico neutralismo storico-scientifico e critica rivoluzionaria
dello scientismo.
In
realtà il compito che si ponevano gli autori de L’Ape e l’Architetto era di
lottare solo su due fronti: quello della
critica agli irrazionalisti e quello della lotta agli scientisti di
sinistra. Come si leggeva nell’Avvertenza:
« In questo volume sono raccolti alcuni scritti che hanno un argomento e un fine comune: il
tentativo di comprendere nel suo stadio più evoluto, e perciò anche nel suo
sviluppo storico, la funzione del sistema delle ricerca in termini di quell’attività
sociale e umana che è l’appropriazione teorico-pratica della natura, ed entro
ciò di comprendere il valore della scienza. Questo tentativo si avvale degli
strumenti della concezione materialistico-storico marxiana, ma non pretende di
essere, né ambisce a esserlo, una interpretazione autentica ortodossa di ciò
che Marx intende per scienza ».
Però
le vicende storiche andranno diversamente. Il punto è ben colto
da Marco Lippi, autore di uno dei saggi a commento della
riedizione: « Con il ’68 la situazione
subisce un rovesciamento completo. La posizione maggioritaria della nuova
sinistra, nella sinistra accademica in particolare, respinge il riformismo come rinuncia ad una
modificazione radicale dei rapporti sociali. E con esso la fiducia nel ruolo
progressivo delle scienze. La denuncia dell’uso capitalistico dei risultati
della ricerca si trasforma nella denuncia della ricerca scientifica come tale.
I temi francofortesi esercitano un grande fascino, come tante altre posizioni
di critica radicale a quel tempo. Per molti anni a venire, nella sinistra si
parlerà di crisi del capitalismo, di crisi delle scienze, di crisi della ragione. In modo impetuoso la critica
del riformismo, del progressismo e delle scienze, investirà la scuola,
l’Università, la ricerca, la vita quotidiana. La diga ormai crollata, più nulla
fu risparmiato in quegli anni a chi tentasse di restare sobrio nella sinistra in rotta: il pensiero
debole, l’ermeneutica, il ritorno di Heidegger, giù fino al trionfo antinuclearista e poi, ancora, la
saggezza orientale, l’oroscopo, i tarocchi».
Una deriva -
ipotizziamo - lontana dal
concludersi. Si pensi alle involuzioni
“no stop”, dagli anni Settanta ad
oggi, di
Massimo Cacciari e Toni Negri, veri maghi dei tarocchi. Certo, restano tuttora figure interessanti
come Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa. Ma si muovono ancora
nell’alveo di Marx e del materialismo
storico?
Carlo Gambescia
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