martedì 24 gennaio 2012


Ancora sul naufragio della Concordia? Ebbene sì. E per una semplice ragione: Carlo Pompei (*) nei suoi post offre sempre interessanti spunti di riflessione, ponendosi, come dire, a metà strada tra evento e osservatori dell’evento. Scelta che sembra funzionare. Perciò anche sul "caso" Concordia il “metodo”, anzi lo "sguardo antropologico” di Pompei non deluderà chi ci si segue. Ai lettori il piacere di scoprire come e perché. (C.G.)



Il contropotere della Concordia…
A proposito di distrazione 
e Divina Provvidenza
di Carlo Pompei






Su queste “pagine elettroniche” abbiamo già avuto modo di scrivere relativamente al rapporto tra pensiero e azione individuale, nonché di leggere “gustose” interpretazioni dell’incidente navale che ha tenuto incollata al video l’Italia intera e buona parte del resto del mondo (cfr. Roberto Buffagni). Dove “gustose” non significa “divertenti” (diverse), ma “piacevole stimolo di riflessione”. Prendiamo spunto, quindi, non per essere autoreferenziali, ma per ragionare ancora un po’ sulla questione, a “bocce ferme”. Dicevamo: quel che è stato scritto, iniziamo da lì. “… il “Bel Paese” rappresenta per molti stranieri un ottimo luogo per andare in vacanza. In fondo, il nostro ruolo attuale è quello di consigliare al turista giapponese a quali temperature bere il vino bianco dei Castelli Romani… Oppure da quale punto fotografare Fontana di Trevi... Tutto qui. Purtroppo, sotto quest’ultimo aspetto la telefonata tra Schettino e il Comandante della Capitaneria di Porto, che ha fatto il giro del mondo, non gioverà all’immagine dell’Italia… Infatti, la codardia mostrata dal Comandante della Concordia, sembra proprio confermare il peggiore stereotipo dell’italiano irresponsabile e traditore.” (cfr. Carlo Gambescia). Ecco, l’immagine dell’Italia… Fare un parallelo tra la Concordia che affonda e l’agonia del “Transatlantico ITALIC” è fin troppo facile ed infatti è stato fatto da molti (Grillo e Crozza i principali interpreti per bacino di utenza). Ma la questione, pur avendo innegabilmente punti in comune, è ben più complessa.Qualche nota tralasciata da quasi tutti: Costa Crociere è un “sub-brand” (un partner, dicono gli ottimisti) di Carnival Cruise Lines (3655 NW 87th Avenue Miami, Florida 33178), non è più la gloriosa compagnia di navigazione italiana. Da qui, senza sposare l’ennesima tesi complottistica, ci interroghiamo sulle tante “stranezze” dell’accaduto. Ritardi, telefonate fantozziane, eroi veri e presunti, responsabilità e menzogne. Il tutto condito dai facili giochi di parole sulla “Concordia”, sulla “Serena” (la nave gemella) che passa luminosa e chiassosa sullo sfondo del disastro durante il programma televisivo di un sempre più stupefacentemente “marchettaro” Bruno Vespa; fino a giungere a quelli sulla eccessiva vicinanza alla “Costa” e relativo “inchino”. Poi, “Concordia: quanto ci Costa?”, “Vieni avanti, Schettino”, “Scoglione”, etc… Snoccioliamo uno ad uno i punti. Sirena, si parte…
 Al proposito della telefonata tra i due comandanti, siamo sicuri che - a parti invertite - De Falco non si sarebbe comportato come Schettino? Probabilmente no, ma sicuramente sarebbe successo l’opposto: il padre che sgrida il figlio per una stupidaggine ha sempre un tono più autoritario. Poi ci sono gli “sciacalli che premettono di non esserlo”: la maglietta “Vada a bordo, CAZZO!” - peraltro contestata (?!?) nel riportare la frase - è venduta a 12 euro, la comprano tutti gli “Schettino d’Italia” che hanno bisogno della maschera di Pulcinella, che salgono sul carro del vincitore, il quale altri non è, poi, una persona che ha fatto il proprio dovere. Da qui deriva la scarsa credibilità dell’Italia: un uomo normale eletto ad eroe per aver fatto una cosa, appunto, normale, cioè che dovrebbe rientrare nella norma. Quindi non è soltanto il comportamento di Schettino a non giovare all’Italia, ma anche il fatto che De Falco faccia notizia, che venga visto come una mosca bianca.
 È sicuramente un eroe colui che compie un atto mettendo a rischio la propria vita in favore del salvataggio di quella degli altri: nessun altro può essere definito così. Infatti la maggior parte di questi riceve un encomio solenne alla memoria, sono pochi quelli che si salvano. Fortunatamente, nel caso in questione, non sono mancati episodi di vero eroismo, non tutti finiti tragicamente. Una lancia va spezzata in favore del sistema di evacuazione e di chi è riuscito a metterlo in atto. Malgrado defezioni, mancanze, ritardi ha funzionato molto bene, checché se ne dica: mettere in salvo oltre quattromila persone non è una cosa facile da attuare, non è successo per caso e il comportamento di De Falco ha sicuramente contribuito al buon esito. È vero che siamo il Paese del “tanto lo facevano tutti” di tangentopoli, del “2 minuti e vado via” detto al vigile con il blocchetto delle multe in mano, ma siamo anche il Paese che conta il maggior numero di intelligenze della storia, non dimentichiamolo. Le generalizzazioni sono più dannose dell’operato di Schettino: quando Crozza (ancora lui) scodella la facilissima battuta sul popolo di “poeti, santi e … navigatori?” sputtana (non volendo?) tutta una categoria di lavoratori bravi e preparati che dovrebbe indignarsi, invece di ridere e applaudire. Attaccare la satira è stupido; attaccare la satira stupida, non lo è: occorrono i distinguo, altrimenti sono più i danni che i benefici. Addentrandoci nelle questioni tecniche, poi, abbiamo sentito parlare di circostanza fortuita relativamente all’arenamento della nave, che ne ha, di fatto, consentito l’evacuazione, mentre il comandante Schettino si è vantato di aver effettuato tale manovra e, quindi, della relativa perdita contenuta di vite umane. Ebbene, anche se fosse valida e confermata la versione sostenuta dal comandante, un conto è tirarsi fuori da una situazione di pericolo generata da condizioni avverse, tutt’altro è infilarcisi (stupidamente?) coinvolgendo migliaia di persone e poi cercare di limitare i danni. Ammesso e non concesso che si tratti di bravata, atto di coraggio o chissà che cos’altro sia stato supposto. Versioni contrastanti anche sulla traiettoria della nave dopo l’urto (avvenuto in traslazione, non in navigazione rettilinea, altrimenti sarebbe danneggiata la prua e non il fianco in prossimità della poppa), ancore giù prima o dopo l’arenamento, etc. Insomma, una gran confusione.
 E che dire della "scatola nera" rotta, secondo le ultime risultanze, da due settimane? Certo, la "scatola nera" una nave non è esattamente come quella installata sugli aerei, ma rimane comunque un apparato più complesso composto da vari elementi di registrazione degli eventi. E ora invece? Perché mai questi fatti avvengono con inquietante frequenza in Italia o coinvolgono italiani? Ricordiamo Ustica e il Cermis su tutti. Anche in quei casi ci furono radiofari spenti, transponder disattivati, radar difettosi, comunicazioni difficoltose, manovre effettuate ben al di sopra della soglia del rischio accettabile, etc. È diventato un dato di fatto che chi dovrebbe controllare non lo fa? A supporto di queste considerazioni vi è il non trascurabile particolare che gli altri ufficiali di bordo della “Concordia” sono inequivocabilmente corresponsabili: se il Primo comandante scappa, dov’è e che cosa fa il suo Secondo? E così via. Diciamola anche più diretta: chi doveva sparire da quelle acque prima che venissero calate le scialuppe e, soprattutto, prima dell'arrivo della Guardia costiera? Schettino appare sempre più come una sagoma di cartone, l'hanno mandato agli arresti domiciliari per vedere che cosa fa e chi contatta? O perché in galera l'avrebbero accoppato con la scusa di vendicare i morti, ma in realtà l'avrebbero fatto fuori soltanto per non fargli rivelare che cosa stesse facendo realmente così sotto "COSTA" e per quale motivo non ha fatto evacuare immediatamente la nave? Stiamo riscivolando verso il complottismo, ma se si conosce un po’ di storia recente italiana è difficile non caderci… Archiviamo, poi, la sottotrama della ragazza moldava come un tentativo di aggravare la posizione del comandante. Tentativo che, in ogni caso, qualsiasi effetto restituisca, distrae da altre questioni inerenti la responsabilità effettiva dell’armatore. Si chiami Costa o Carnival, non fa differenza, almeno dal punto di vista del fatto fine a se stesso. Fa differenza, invece, dal punto di vista di quotazioni in Borsa, deprezzamenti, acquisizioni e manovre accessorie, ma qui si ridiventa complottisti, quindi ci fermiamo. Certo è che le prenotazioni e le pubblicità di crociere sono aumentate.
Mentre scriviamo, si cerca di ancorare la nave, per evitare "scivolamenti" verso l’abisso, complice il mare grosso. Perfetto. Anche perché se dovesse affondare totalmente, si direbbe addio alle speranze (già ridotte al lumicino) di ritrovare ancora qualche superstite e il danno all’ecosistema sarebbe incalcolabile. Tuttavia, un rapido ancoraggio avrebbe reso più celeri le operazioni di recupero dei carburanti, dei liquidi di lubrificazione e di tutti quei materiali non idonei al contatto con l’acqua. Nasce perciò un’altra domanda: perché non si è provveduto ad ancorare la nave agli scogli durante una settimana di condizioni meteo favorevoli? Si temeva che la nave potesse trascinare l’isola del Giglio nel baratro? O si sperava nella Divina Provvidenza?

Carlo Pompei


Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.

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