Ancora
sul naufragio della Concordia? Ebbene sì.
E per una semplice ragione: Carlo Pompei (*) nei suoi post offre sempre
interessanti spunti di riflessione, ponendosi, come dire, a metà strada tra
evento e osservatori dell’evento. Scelta che sembra funzionare. Perciò anche
sul "caso" Concordia il “metodo”, anzi lo "sguardo
antropologico” di Pompei non deluderà chi ci si segue. Ai lettori il piacere di
scoprire come e perché. (C.G.)
Il contropotere della Concordia…
A proposito di distrazione
e Divina Provvidenza
di Carlo Pompei
Su queste “pagine elettroniche” abbiamo già avuto modo di
scrivere relativamente al rapporto tra pensiero e azione individuale, nonché di
leggere “gustose” interpretazioni dell’incidente navale che ha tenuto incollata
al video l’Italia intera e buona parte del resto del mondo (cfr. Roberto
Buffagni). Dove “gustose” non significa “divertenti” (diverse), ma “piacevole
stimolo di riflessione”. Prendiamo spunto, quindi, non per essere
autoreferenziali, ma per ragionare ancora un po’ sulla questione, a “bocce
ferme”. Dicevamo: quel che è stato scritto, iniziamo da lì. “… il “Bel Paese”
rappresenta per molti stranieri un ottimo luogo per andare in vacanza. In
fondo, il nostro ruolo attuale è quello di consigliare al turista giapponese a
quali temperature bere il vino bianco dei Castelli Romani… Oppure da quale
punto fotografare Fontana di Trevi... Tutto qui. Purtroppo, sotto quest’ultimo
aspetto la telefonata tra Schettino e il Comandante della Capitaneria di Porto,
che ha fatto il giro del mondo, non gioverà all’immagine dell’Italia… Infatti,
la codardia mostrata dal Comandante della Concordia, sembra proprio confermare
il peggiore stereotipo dell’italiano irresponsabile e traditore.” (cfr. Carlo
Gambescia). Ecco, l’immagine dell’Italia… Fare un parallelo tra la Concordia che affonda e
l’agonia del “Transatlantico ITALIC” è fin troppo facile ed infatti è stato
fatto da molti (Grillo e Crozza i principali interpreti per bacino di utenza).
Ma la questione, pur avendo innegabilmente punti in comune, è ben più
complessa.Qualche nota tralasciata da quasi tutti: Costa Crociere è un
“sub-brand” (un partner, dicono gli ottimisti) di Carnival Cruise Lines (3655
NW 87th Avenue Miami, Florida 33178), non è più la gloriosa compagnia di
navigazione italiana. Da qui, senza sposare l’ennesima tesi complottistica, ci
interroghiamo sulle tante “stranezze” dell’accaduto. Ritardi, telefonate
fantozziane, eroi veri e presunti, responsabilità e menzogne. Il tutto condito
dai facili giochi di parole sulla “Concordia”, sulla “Serena” (la nave gemella)
che passa luminosa e chiassosa sullo sfondo del disastro durante il programma
televisivo di un sempre più stupefacentemente “marchettaro” Bruno Vespa; fino a
giungere a quelli sulla eccessiva vicinanza alla “Costa” e relativo “inchino”.
Poi, “Concordia: quanto ci Costa?”, “Vieni avanti, Schettino”, “Scoglione”,
etc… Snoccioliamo uno ad uno i punti. Sirena, si parte…
Al proposito della telefonata tra i due comandanti, siamo
sicuri che - a parti invertite - De Falco non si sarebbe comportato come
Schettino? Probabilmente no, ma sicuramente sarebbe successo l’opposto: il
padre che sgrida il figlio per una stupidaggine ha sempre un tono più
autoritario. Poi ci sono gli “sciacalli che premettono di non esserlo”: la
maglietta “Vada a bordo, CAZZO!” - peraltro contestata (?!?) nel riportare la
frase - è venduta a 12 euro, la comprano tutti gli “Schettino d’Italia” che
hanno bisogno della maschera di Pulcinella, che salgono sul carro del
vincitore, il quale altri non è, poi, una persona che ha fatto il proprio
dovere. Da qui deriva la scarsa credibilità dell’Italia: un uomo normale eletto
ad eroe per aver fatto una cosa, appunto, normale, cioè che dovrebbe rientrare
nella norma. Quindi non è soltanto il comportamento di Schettino a non giovare
all’Italia, ma anche il fatto che De Falco faccia notizia, che venga visto come
una mosca bianca.
È sicuramente un eroe colui che compie un atto mettendo a
rischio la propria vita in favore del salvataggio di quella degli altri: nessun
altro può essere definito così. Infatti la maggior parte di questi riceve un
encomio solenne alla memoria, sono pochi quelli che si salvano. Fortunatamente,
nel caso in questione, non sono mancati episodi di vero eroismo, non tutti
finiti tragicamente. Una lancia va spezzata in favore del sistema di evacuazione
e di chi è riuscito a metterlo in atto. Malgrado defezioni, mancanze, ritardi
ha funzionato molto bene, checché se ne dica: mettere in salvo oltre
quattromila persone non è una cosa facile da attuare, non è successo per caso e
il comportamento di De Falco ha sicuramente contribuito al buon esito. È vero
che siamo il Paese del “tanto lo facevano tutti” di tangentopoli, del “2 minuti
e vado via” detto al vigile con il blocchetto delle multe in mano, ma siamo
anche il Paese che conta il maggior numero di intelligenze della storia, non
dimentichiamolo. Le generalizzazioni sono più dannose dell’operato di
Schettino: quando Crozza (ancora lui) scodella la facilissima battuta sul
popolo di “poeti, santi e … navigatori?” sputtana (non volendo?) tutta una
categoria di lavoratori bravi e preparati che dovrebbe indignarsi, invece di
ridere e applaudire. Attaccare la satira è stupido; attaccare la satira
stupida, non lo è: occorrono i distinguo, altrimenti sono più i danni che i
benefici. Addentrandoci nelle questioni tecniche, poi, abbiamo sentito parlare
di circostanza fortuita relativamente all’arenamento della nave, che ne ha, di
fatto, consentito l’evacuazione, mentre il comandante Schettino si è vantato di
aver effettuato tale manovra e, quindi, della relativa perdita contenuta di
vite umane. Ebbene, anche se fosse valida e confermata la versione sostenuta
dal comandante, un conto è tirarsi fuori da una situazione di pericolo generata
da condizioni avverse, tutt’altro è infilarcisi (stupidamente?) coinvolgendo migliaia
di persone e poi cercare di limitare i danni. Ammesso e non concesso che si
tratti di bravata, atto di coraggio o chissà che cos’altro sia stato supposto.
Versioni contrastanti anche sulla traiettoria della nave dopo l’urto (avvenuto
in traslazione, non in navigazione rettilinea, altrimenti sarebbe danneggiata
la prua e non il fianco in prossimità della poppa), ancore giù prima o dopo
l’arenamento, etc. Insomma, una gran confusione.
E che dire della "scatola nera" rotta, secondo le
ultime risultanze, da due settimane? Certo, la "scatola nera" una
nave non è esattamente come quella installata sugli aerei, ma rimane comunque
un apparato più complesso composto da vari elementi di registrazione degli
eventi. E ora invece? Perché mai questi fatti avvengono con inquietante
frequenza in Italia o coinvolgono italiani? Ricordiamo Ustica e il Cermis su
tutti. Anche in quei casi ci furono radiofari spenti, transponder disattivati,
radar difettosi, comunicazioni difficoltose, manovre effettuate ben al di sopra
della soglia del rischio accettabile, etc. È diventato un dato di fatto che chi
dovrebbe controllare non lo fa? A supporto di queste considerazioni vi è il non
trascurabile particolare che gli altri ufficiali di bordo della “Concordia”
sono inequivocabilmente corresponsabili: se il Primo comandante scappa, dov’è e
che cosa fa il suo Secondo? E così via. Diciamola anche più diretta: chi doveva
sparire da quelle acque prima che venissero calate le scialuppe e, soprattutto,
prima dell'arrivo della Guardia costiera? Schettino appare sempre più come una
sagoma di cartone, l'hanno mandato agli arresti domiciliari per vedere che cosa
fa e chi contatta? O perché in galera l'avrebbero accoppato con la scusa di
vendicare i morti, ma in realtà l'avrebbero fatto fuori soltanto per non fargli
rivelare che cosa stesse facendo realmente così sotto "COSTA" e per
quale motivo non ha fatto evacuare immediatamente la nave? Stiamo riscivolando
verso il complottismo, ma se si conosce un po’ di storia recente italiana è difficile
non caderci… Archiviamo, poi, la sottotrama della ragazza moldava come un
tentativo di aggravare la posizione del comandante. Tentativo che, in ogni
caso, qualsiasi effetto restituisca, distrae da altre questioni inerenti la
responsabilità effettiva dell’armatore. Si chiami Costa o Carnival, non fa
differenza, almeno dal punto di vista del fatto fine a se stesso. Fa
differenza, invece, dal punto di vista di quotazioni in Borsa, deprezzamenti,
acquisizioni e manovre accessorie, ma qui si ridiventa complottisti, quindi ci
fermiamo. Certo è che le prenotazioni e le pubblicità di crociere sono
aumentate.
Mentre scriviamo, si cerca di ancorare la nave, per evitare
"scivolamenti" verso l’abisso, complice il mare grosso. Perfetto.
Anche perché se dovesse affondare totalmente, si direbbe addio alle speranze
(già ridotte al lumicino) di ritrovare ancora qualche superstite e il danno
all’ecosistema sarebbe incalcolabile. Tuttavia, un rapido ancoraggio avrebbe
reso più celeri le operazioni di recupero dei carburanti, dei liquidi di
lubrificazione e di tutti quei materiali non idonei al contatto con l’acqua.
Nasce perciò un’altra domanda: perché non si è provveduto ad ancorare la nave
agli scogli durante una settimana di condizioni meteo favorevoli? Si temeva che
la nave potesse trascinare l’isola del Giglio nel baratro? O si sperava nella
Divina Provvidenza?
Carlo Pompei
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena
nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
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