Oggi finalmente una buona notizia: la vittoria dei laburisti in Gran Bretagna. Attenzione, la nostra non è una manifestazione di gioia per la sconfitta dei conservatori, che tutto sommato si sono mossi e si muovono all’interno di coordinate liberali e filo-occidentali. Insomma, i conservatori britannici, culturalmente parlando, restano anni luce distanti da Fratelli d’Italia e Lega. Non c’è un Mussolini nel loro passato. Ma un signore che si chiama Churchill e una signora che si chiama Thatcher.
In realtà, siamo contenti per due ragioni.
La prima è la conferma dell’ equilibrio del sistema politico britannico. “L’arte del meno peggio”. Come lo definì, in un ottimo saggio, uscito cinquant’anni fa, Antonio Massimo Calderazzi (*), all’epoca colto e intelligente collaboratore dell’ Ispi, storico think tank italiano che allora lavorava con solidi criteri artigianali.
Calderazzi evidenziava del sistema il pragmatismo britannico: storica virtù nazionale che univa destra e sinistra. Di qui la capacità di isolare gli estremismi politici. Dovuta anche al maggioritario puro, a un solo turno, premiato però, nei fatti, dal pragmatismo o buon senso di cui sopra. Senza il quale, il maggioritario, può aprire la porta a brutte avventure.
A tale proposito, Margaret Thatcher e Tony Blair (per fare due nomi importanti degli ultimi quarant’anni) possono essere definiti, estremisti di centro. Nel senso della fedeltà di fondo ai valori dell’Occidente e dell’economia di mercato. Né destra fascista, né sinistra comunista. Certo non può essere ignorata la fiammata Brexit. Una botta di estremismo populista e antieuropeo. Che però si spiega anche con la storica “insularità britannica”. Insomma un caso a sè.
Ciò significa, e veniamo alla seconda ragione, che anche Keir Starmer, il leader laburista vincitore delle elezioni, si muove all’interno di queste rassicuranti coordinate. Con un ciliegina sulla torta. Perché, ha più volte sottolineato, la sua volontà di riavvicinarsi all’Europa. Al riguardo si legga – vera musica per orecchie liberali – l’intervista al suo possibile Ministro degli Esteri, David Lammy (**): l’antiOrbán fatto persona.
Del resto la controprova della vittoria in Gran Bretagna di una sinistra liberale è rappresentata dal giudizio negativo de “Il manifesto”. Che, a proposito di Starmer – è anche questa è musica per orecchie liberali – parla di un politico peggiore di Blair. Si legga qui:
“Se il messaggio del nuovo Labour “nazionale” è che islamofobia e razzismo sono peccatucci perdonabili, ma la solidarietà con le vittime civili a Gaza è una macchia intollerabile, c’è poco da stare allegri. Che questo sia un errore di percezione di chi guida le strategie elettorali, o una scelta politica di fondo da attribuire alla responsabilità di Starmer, fa poca differenza in concreto. La nuova stagione dei Laburisti al governo potrebbe aprirsi nel segno di una regressione nel pluralismo interno perfino rispetto agli ultimi anni di Blair. Una pessima notizia” (***).
Il che per chiunque creda nei valori della società aperta è un grande complimento.
Insomma buone notizia da Londra. Ora aspettiamo di vedere quel che succederà in Francia. Dove il pragmatismo non è mai stato di casa. Come ha imparato a sue spese Macron.
E in Italia? Per ora tutto tace. La destra è tramortita. Per la Meloni che pensava già ad altre fughe romantiche con il conservatore Sunak, ora messo a riposo, la vittoria del Labour è un problema in più. Mentre la sinistra mugugna. Anche perché al moderato Starmer preferisce, e da sempre, l’estremista Mélenchon.
Evidentemente, per dire una banalità, ogni paese ha la classe politica che si merita.
Carlo Gambescia
(*) A.M. Calderazzi, Il modello britannico. L’arte del meno peggio, Ispi-Dedalo libri, Bari 1973.
(**) Qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/07/03/regno-unito-troppo-isolato-al-governo-riannoderemo-i-fili-con-lue-intervista-a-david-lammy-quasi-certo-ministro-degli-esteri-di-starmer/7609015/ .
(***) Qui: https://ilmanifesto.it/starmer-la-regressione-del-labour .
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