È tipico dei giovani, soprattutto se di
intelligenza vivace, andare per le spicce nei giudizi, fino al punto di
"fare il contropelo" ai soliti noti, anche se giustamente noti. Un
metro che si applica perfettamente alla rilettura di Giacomo Gabellini del
comunque notevole testo di Alain de Benoist. Il lettore rilevi la vena
leninista del post e in particolare la capacità di andare subito al nocciolo
della questione, senza tanti giri di parole. Se son rose...
Buona lettura (C.G.)
Riletture
Alain de
Benoist, Nazismo e comunismo
di Giacomo Gabellini
Storia e memoria sono due modalità assai differenti di
approcciare con il passato. L'approccio storico, infatti, si prefigge di far
luce sul passato con l'ausilio di metodi e strumenti imparziali e oggettivi,
mentre in quello mnemonico subentra un'inevitabile componente soggettiva da
parte di chi ricorda. Alain de Benoist parte da questa fondamentale riflessione
per tentare di spiegare il perchè vi sia una radicale e generalizzata
opposizione a comparare le due ideologie - nazismo e comunismo - al servizio
delle quali sono stati immolati milioni e milioni di esseri umani (Nazismo e comunismo , Controcorrente
Edizioni, Napoli 2005, pp. 152, euro 12 - http://www.controcorrentedizioni.it/ ). L'argomento comunemente
accettato è di tipo etico-giudiziario: per un verso, si condanna la bruna cappa
nazista quale sublimazione delle più infime e animalesche pulsioni umane,
mentre, per l'altro, si assolve il solare e fiammeggiante comunismo in quanto
presuntivamente portatore della necessità di liberare e nobilitare l'uomo.
Senza tirarla per le lunghe, de Benoist recide sinteticamente tale nodo
gordiano, affermando che:
.
"Fare
male in nome del bene non è meglio che fare male in nome del male. Distruggere
la libertà in nome della libertà non è meglio che distruggerla in nome della
necessità di sopprimerla".
Una tesi indubbiamente condivisibile, che si occupa di prendere spunto in primo
luogo dai fatti e non dalle intenzioni per esprimere un qualsivoglia giudizio
di merito. Così inizia una lunga disamina di acute e originali comparazioni tra
i due totalitarismi in questione, dalle quali emerge una serie di analogie (il
fatto entrambi abbiano individuato un nemico da abbattere, che entrambi abbiano
tentato - seppur con esiti diversi - di risollevare le sorti della popolazione
ecc.) che portano l'autore a far propria la posizione sostenuta a suo tempo da
Ernst Nolte, il quale aveva parlato di "nesso causale" tra comunismo
e nazismo, ovvero che la seconda ideologia fosse nata dal timore del
concretizzarsi della seconda. Al termine della disamina, de Benoist non si
esime dall'esporre il proprio giudizio di merito. Egli pone l'accento sul fatto
che il comunismo ha lasciato sul terreno molti più morti del nazismo, e l'efficienza
della sua macchina repressiva si è concentrata principalmente all'interno dei
confini nei quali esso si è sviluppato, contrariamente al Terzo Reich, che ha
scatenato la propria furia per lo più su popolazioni non germaniche. In
giurisprudenza costituisce effettivamente un aggravante il commettere reati sui
propri familiari piuttosto che su individui estranei.
Altre osservazioni convincono però assai poco, come il tentativo
di inquadrare Stalin come la naturale continuazione di Lenin, malgrado quest'ultimo
sia deceduto dopo aver espresso nell testamento politico le proprie durissime
considerazioni sul conto del primo e ben prima di aver assistito al modus
operandi staliniano.
Per concludere, Alain de Benoist è indubbiamente un talento
filosofico, capace di penetrare con sbalorditiva abilità all'interno dei più
grandi e complessi problemi, e questo libro ne fornisce, di nuovo, la
dimostrazione convincente. Ma talvolta - e spiace dirlo - sembra ragionare
molto con il senno del poi, sobbarcando, ad esempio, su Lenin responsabilità
ascrivibili a Stalin. Egli isola solo alcuni testi e gesta di Lenin dal
contesto generale, avvalendosi di ciò di cui ha bisogno per dimostrarne
l'oggettiva uguaglianza con Stalin, ignorando di fatto tutto il resto. Lenin
era certamente favorevole all'eliminazione fisica di determinati strati di
popolazione considerati "nemici della rivoluzione", ma ciò non
costituisce un argomento valido per valutare storicamente la sua teoria
rivoluzionaria. E' vero che la Rivoluzione Francese produsse un Robespierre, ma
i massacri giacobini non invalidano di certo il valore capitale di quello
specifico fatto storico.
Giacomo Gabellini si interessa di filosofia, storia,
politica e geopolitica. Autore di numerosi articoli che toccano i temi indicati
per il blog "Conflitti & Strategie" (www.conlittiestrategie.splinder.com), con il quale
collabora attualmente.
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