martedì 8 aprile 2025

Il cancro Trump

 


Un consiglio. Il lettore rifiuti di perdersi nel mare di chiacchiere sui  presunti disegni benefici di Trump, diffuse in particolare dai nazionalisti, pardon sovranisti, che ormai dettano la linea in televisione e sui social. Perché, credere a questa gente, sarebbe come pretendere di curare il cancro con le iniezioni di acqua ossigenata. Più avanti il lettore capirà perché.

Vanno invece considerate tre cose fondamentali.

La prima, che il protezionismo impoverisce e incatena i popoli. Quindi meno o zero libertà.

La seconda, che porta a guerre distruttive. Quindi solo dolore e rovine.

La terza, che il responsabile di quanto sta accadendo e potrà accadere è uno solo: Donald Trump. Al quale un tribunale internazionale, anche questo è un altro fatto storico, prima o poi dovrà chiedere conto. Sarebbe bello, anche esteticamente, vedere in catene, in una nuova Norimberga al contrario, l’uomo che incatena i migranti. E quel che peggio, ne gode. Puro realismo politico criminogeno. Come quello di Hitler e Mussolini.

Sono tre “fatti”, attestati storicamente, a guardia dei quali ogni vero studioso, come del resto ogni cittadino amico della libertà, deve porsi. Costi quel che costi.

Pertanto l’unica riposta politica, e qui parliamo dell’Europa unita, è di introdurre dazi pari o maggiori. Anche per evitare di presentarsi al tavolo di possibili trattative – tesi disfattista caldeggiata dai sovranisti – con il cappello in mano.

Anche perché dividersi sarebbe un grave errore. Come invece pensa di fare, ricorrendo alla lingua biforcuta di un lessico ingannatore, Giorgia Meloni, che sta programmando un viaggio solitario alla corte di Trump.

Inciso: quando si dice “corsi e ricorsi”. La Meloni si appresta a intepretare con Trump la stessa indegna parte recitata dai repubblichini fascisti con Hitler. Si noti che parliamo degli stessi che si definiscono “patrioti” un giorno sì e l’altro pure. In realtà, i nazionalisti, qui in Europa, si comportano da “servi”, e per giunta dell’America sbagliata.

Perché, mai dimenticare, per non incorrere nell’errore di certa sinistra paleostalinista e pacifista al tempo stesso, che Trump, non è la fisiologia degli Stati Uniti ma la patologia: un cancro, che, dopo quasi oltre due secoli di quasi perfetta salute, rischia di divorare tutto, a partire da una Costituzione ammirata dai rivoluzionari del 1789 e tuttora apprezzata dai liberal-democratici di tutto il mondo.

Inoltre un primo effetto non economico, molto grave, dell’uragano autarchico trumpiano è quello di oscurare la guerra in Ucraina, praticamente scomparsa dai radar mediatici.

In questo modo si concede tempo prezioso all’altro gemello criminale, Putin. Un tesoretto di settimane, forse mesi, per bombardare e distruggere. E soprattutto per evitare di trattare, in attesa che Kiev, leccandosi le ferite, si pieghi al ricatto russo-americano. E, cosa non secondaria, che anticipiamo pubblicamente, per togliere di mezzo, probabilmente anche in senso fisico, Zelensky, che per tempra e coraggio, rappresenta l’unico vero ostacolo politico sulla strada di Mosca.

Si dirà che il nostro scritto ricorda un proclama piuttosto che un tentativo di analisi. Può essere. Del resto per quel che riguarda le linee generali della situazione mondiale, a meno che non si soffra di ipnosi nazionalista, cioè della pericolosa sindrome da bandierine, c’è poco da analizzare. Gli schieramenti sono chiari, come pure le ideologie in contrasto.

A ottant’anni dalla Seconda guerra mondiale si ripropone il conflitto, già allora acutamente teorizzato da Karl Popper, tra i difensori della società aperta e i suoi nemici.

La grande differenza rispetto agli anni Quaranta è che gli Stati Uniti, per la prima volta nella loro storia, sono pubblicamente e convintamente dalla parte dei nemici della libertà. Qui la posta in gioco va ben oltre la questione del  protezionismo.

Dicevamo del cancro Trump. Purtroppo, al momento, non sembra vi sia cura chemioterapica in grado di sconfiggerlo.

Si confida però, soprattutto in Usa, nella reazione spontanea degli anticorpi dei mercati. Come pure nell’attivazione delle cellule sane racchiuse nelle proteste popolari.

Che dire? Riusciranno Wall Street e Bernie Sanders, accoppiamento a prima vista poco giudizioso, ad avere la meglio sul cancro Trump?

Mai dire mai.

Carlo Gambescia

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