Il libro della settimana: Nicola Vacca, Almeno un
grammo di salvezza, Associazione Culturale Edizioni il Foglio 2011, pp.100,
euro 6,00.
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Per dirla con Borges, “ogni poesia è misteriosa”. Insomma, resta, e da sempre,
assai difficile capire il profondo senso esistenziale nascosto nei versi. E
soprattutto quel collegamento tra vita interiore e anima poetante. O se si
preferisce fra la routine su questa Terra e lo sguardo verso il Cielo.
Sono filamenti segreti che talvolta uniscono, talaltra separano poeta e
lettori. Ovviamente, non tutto è tenebre e mistero: i buoni versi folgorano e
lasciano sempre trasparire nuovi cieli e nuove terre. Squarci improvvisi,
autentiche sciabolate di luce nel grigiore di un’ esistenza quotidiana, ciclica
e ripetitiva, e perciò, apparentemente, priva di senso.
Di qui alcune difficoltà. Come porre domande alla poesia e al poeta? Quale può
essere l’utilità di una critica letteraria, condannata, quasi per statuto, a
restare esterna alla poesia? E, infine, perché recensire poesia? In fondo, ogni
poeta è una monade: comunica, e segretamente, solo con se stesso. Resta molto
difficile decifrare quel che è scritto nel cuore di un poeta. Talvolta anche
quando gli si è amici… Restano però le eccezioni, magari solo per confermare la
regola… Una di queste è rappresentata da Nicola Vacca, poeta da sempre dedito
al corpo a corpo tra vita e poesia. La sua è un’opera che sfida il mistero,
coinvolge il lettore e scardina tutte le regole dell’incomunicabilità. Anche a
costo di ferire. O invece di sorprendere, come prova, appunto, la sua ultima
fatica: Almeno un grammo di salvezza ( Associazione Culturale Edizioni il
Foglio 2011, pp.100, euro 6,00 - http://www.ilfoglioletterario.it/
).
Anche in questa nuova raccolta siamo davanti a un duro frugare senza pace “tra
le macerie/in cerca di persone vere (Persone vere). Ricerca non vana, perché
l’altro può rivelarsi “all’improvviso con la semplicità di un bacio”: “il gesto
che salva/ due anime che si appartengono” (Sulla strada del cuore). Ma quali
sono le persone vere? “Le persone vere sono poche/ il loro volto è lo specchio
del cuore/accolgono gli altri nell’ascolto/chiedono scusa per gli errori/ di
chi sa solo giudicare” (Persone vere II). Ciò significa che “il dramma è
l’altruismo/ di chi non sa più ascoltare” (Non so). Pertanto “al di là del bene
e del male/della ragione e del torto di ognuno/quanto spreco di
vita"(Spreco di vita). Frutto avvelenato di “questo stare in equilibrio/sulle
cose che non durano" (Nel tempo della paura e del male). Purtroppo,
“quello che manca è il pane/ dello stare insieme e mani operose/ Che lo
spezzano per donarlo/a chi ne ha bisogno" (Alcune parole non sono chiare).
Ma se è pane dell’anima, allora discende da Dio ? Sì. Nella nuova raccolta,
come attestano i luminosi versetti del Vecchio e Nuovo Testamento, posti, e non
superficialmente, a incipit di molte poesie, si scopre un Nicola Vacca, se ci
passa il gioco di parole, “reo converso”: nel senso in un poeta che finalmente
leva gli occhi al Cielo, ma, questa volta, non in segno di sfida, bensì di
amore. In questo modo - crediamo - il mistero esistenziale del poeta si fonde e
scioglie con quello di Dio, e con grande umiltà di versi: “Quali parole per
annunciare la salvezza?/Alla fine del buio/ l’avvenire è un respiro freddo./La
profezia è spenta/la poesia è muta/ L’alfabeto di Dio/ è davanti a noi/ nessuno
lo legge/eppure è già rivelato” (L’alfabeto di Dio).
Probabilmente è qui la chiave di una poesia della svolta, dove il tormento
esistenziale e civile di Nicola Vacca si va trasfigurando in nobile e onesta
preghiera: “Il cielo è ferito/la bellezza del mondo/si tramuta in cenere/Sotto
i riflettori di questa luce buia/riesce quasi impossibile convivere/ con un
mondi senza padri/Occhi freddi negano/ il segno di un bene che soccombe/alla
potenza senza scampo del male./Almeno un grammo di salvezza/ci sarà
concesso/dalla preghiera che apre la mente.” (Almeno un grammo di salvezza).
Insomma, “nessuna parola muore/ se incontra l’attimo giusto" (L’attimo
fuggente). Soprattutto se in quell’attimo si coglie Dio nella sua grandezza.
Siamo però dinanzi a una fede antica: quella che Nicola Vacca ritrova nei duri
decreti del Dio del Vecchio Testamento. Un Dio che percuote un mondo moderno,
moralmente riarso a sassoso, dove si scopre che “quando il grido di Dio è
forte/le sillabe della sua misericordia/scavano pozzi profondi" (Pericolo
di crollo). E che perciò “la sofferenza ti fa capire se ti piomba addosso/che
non puoi sprecare l’amore/per cui sei chiamato a vivere./Per questo abbiamo
anche bisogno/ della notte di Dio/per seminare le lacrime./E la notte di Dio
non sempre è oscurità" (La notte di Dio). Pertanto l’imperativo è “di
aprire le porte”. (Dobbiamo aprire le porte), perché “non è mai troppo tardi/
per asciugare il dolore dell’altro" (Dare voce al dolore dell’altro). Del
resto, molti non fanno “ tutto il possibile/ per apprezzare l’unicità di un
cuore vivo. (La caduta nelle cose). Poveri noi che “mastichiamo l’Apocalisse/non
mangiamo/altro che distruzione (…). Né terre né mari/per la nostra zattera”…
(Di questo momento). Noi che viviamo male perché ci ostiniamo a non capire che
“la calunnia è l’arsura/che ha freddato la castità di un bacio". (La
maldicenza). Tuttavia, proprio “il vaniloquio/ ci dirà che con le parole non si
scherza" (Sull’importanza delle parole). E che “davanti alla
Croce/rimaniamo dentro una pazienza quotidiana./ In attesa di un passaggio/ non
è un azzardo/ guardare nel buio” (La nostra Pasqua).
Ecco allora farsi tutto più chiaro: “Dio parla sempre/siamo noi che dovremmo
capire/che il suo disegno ha delle ragioni/ che la ragione non conosce.” (Le
ragioni di Dio). Ed è, come dicevamo, il severo Dio dell’Antico Testamento: “Il
Dio di Giobbe è il Signore di tutti noi/uccisi all’improvviso dal suo
silenzio/per rinascere un’altra volta/nell’eternità delle polvere”(Il Dio di
Giobbe). Del resto, “davanti al mistero si può solo stare/ con la sapienza
dell’attraversamento”. (L’eterno interrogativo). Non è forse vero che “la luce
e le tenebre/si attraversano con l’amore/ spiegazione di tutto/che dona senso
all’universo”? (La grazia è nel senso ). Perciò “scaviamo nel sottosuolo/con le
unghie di chi non vuole arrendersi./ Torniamo a incendiare i cuori"(Con le
unghie). Ma ora, come crediamo di aver capito, sotto lo sguardo di Dio.
Carlo Gambescia
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