Giornali
Monoteismo liberista
Su Repubblica di ieri è apparso un servizio a
commento di un recentissimo studio dell’Antitrust sugli effetti delle
liberalizzazioni del 1998 (Legge Bersani).
Ora, non abbiamo preso visione diretta dello studio. Ma quel che interessa è l’uso che ne ha fatto Repubblica. Se poi anche la ricerca dovesse riflettere i contenuti del servizio, allora la cosa sarebbe ancora più grave. Perché non sarebbe più un caso di ordinaria manipolazione giornalistica, ma la dimostrazione della bassa qualità scientifica che distingue gli “uomini di Catricalà”. Limitiamoci, per ora, a Repubblica.
Il succo del servizio è quello di dimostrare quanto le liberalizzazioni (commerciali) del 1998 abbiano fatto bene all’economia, ai lavoratori e ai cittadini. E che di conseguenza anche la legge del 2006 in materia otterrà gli stessi risultati. Ma la tesi ideologica di fondo è quella di mostrare quanto le liberalizzazioni, in ogni campo, siano una specie di panacea.
Per non farla tanto lunga, va detto che il dato più significativo, e più “pesante”, delle ricerca viene liquidato in sei righe. E di che si tratta? Lo studio dell’Antitrust dimostra che le liberalizzazioni commerciali hanno tagliato posti di lavoro. Ma Repubblica non ci dice quali e quanti. Però, ciò sarebbe avvenuto secondo l’Antitrust - come riporta (e non riteniamo casualmente) l’articolista - nella prospettiva “ di un’espansione futura attraverso un’intensa attività di investimento”. Peccato che nel servizio si siano dimenticati di riportare dati più precisi sugli investimenti effettuati dalle imprese commerciali “liberalizzate”.
Anche un altro dato pubblicato è sospetto, e perciò da verificare. Quale? Quello dell’aumento delle retribuzioni dopo il 1998 (dopo l’entrata in vigore della Legge Bersani). Perché sono aumentate, come si evince tra le righe dello stesso servizio, anche dove le riforme “liberali” non hanno funzionato. Quindi evidentemente, a differenza di quel che vuole fare credere Repubblica agli affezionati lettori, la relazione causale tra liberalizzazioni e crescita di salari e stipendi è solo uno delle relazioni, e neppure le più importante, per spiegare l’aumento delle retribuzioni. Ma qui lasciamo la parola agli economisti. Quelli veri. Che magari, ogni tanto, ci leggono.
Lo stesso discorso va fatto per i dati sulla crescita dell’inflazione. Il cui tasso di crescita è stato più o meno uguale ovunque, a prescindere dalle “liberalizzazioni”. Non può, insomma, un differenziale, tipo 0,2 %, avere valore probatorio, come invece gabella il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Diciamo la verità, credere sull’efficacia delle liberalizzazioni è un atto di fede. Ora, in campo politico-economico, ognuno di noi, in chiave politeistica, può adorare gli dei (economici) che vuole. Quello che invece non può essere assolutamente ammesso, è il monoteismo liberista. Come fa Repubblica.
Ora, non abbiamo preso visione diretta dello studio. Ma quel che interessa è l’uso che ne ha fatto Repubblica. Se poi anche la ricerca dovesse riflettere i contenuti del servizio, allora la cosa sarebbe ancora più grave. Perché non sarebbe più un caso di ordinaria manipolazione giornalistica, ma la dimostrazione della bassa qualità scientifica che distingue gli “uomini di Catricalà”. Limitiamoci, per ora, a Repubblica.
Il succo del servizio è quello di dimostrare quanto le liberalizzazioni (commerciali) del 1998 abbiano fatto bene all’economia, ai lavoratori e ai cittadini. E che di conseguenza anche la legge del 2006 in materia otterrà gli stessi risultati. Ma la tesi ideologica di fondo è quella di mostrare quanto le liberalizzazioni, in ogni campo, siano una specie di panacea.
Per non farla tanto lunga, va detto che il dato più significativo, e più “pesante”, delle ricerca viene liquidato in sei righe. E di che si tratta? Lo studio dell’Antitrust dimostra che le liberalizzazioni commerciali hanno tagliato posti di lavoro. Ma Repubblica non ci dice quali e quanti. Però, ciò sarebbe avvenuto secondo l’Antitrust - come riporta (e non riteniamo casualmente) l’articolista - nella prospettiva “ di un’espansione futura attraverso un’intensa attività di investimento”. Peccato che nel servizio si siano dimenticati di riportare dati più precisi sugli investimenti effettuati dalle imprese commerciali “liberalizzate”.
Anche un altro dato pubblicato è sospetto, e perciò da verificare. Quale? Quello dell’aumento delle retribuzioni dopo il 1998 (dopo l’entrata in vigore della Legge Bersani). Perché sono aumentate, come si evince tra le righe dello stesso servizio, anche dove le riforme “liberali” non hanno funzionato. Quindi evidentemente, a differenza di quel che vuole fare credere Repubblica agli affezionati lettori, la relazione causale tra liberalizzazioni e crescita di salari e stipendi è solo uno delle relazioni, e neppure le più importante, per spiegare l’aumento delle retribuzioni. Ma qui lasciamo la parola agli economisti. Quelli veri. Che magari, ogni tanto, ci leggono.
Lo stesso discorso va fatto per i dati sulla crescita dell’inflazione. Il cui tasso di crescita è stato più o meno uguale ovunque, a prescindere dalle “liberalizzazioni”. Non può, insomma, un differenziale, tipo 0,2 %, avere valore probatorio, come invece gabella il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Diciamo la verità, credere sull’efficacia delle liberalizzazioni è un atto di fede. Ora, in campo politico-economico, ognuno di noi, in chiave politeistica, può adorare gli dei (economici) che vuole. Quello che invece non può essere assolutamente ammesso, è il monoteismo liberista. Come fa Repubblica.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento