Il pensiero sociale della Chiesa
Benedetto XVI
e la critica del capitalismo
La presa di posizione di Benedetto XVI nei riguardi del
sistema capitalistico, ribadisce una linea di tendenza storica inaugurata dalla
Rerum Novarum (1891).
Ora, però, sarebbe errato individuare nella dottrina sociale della Chiesa Cattolica un insieme di concrete politiche economiche di tipo anticapitalistico. L’invito a prendere atto delle crudezze del sistema capitalistico, come di ogni altro sistema a sfondo puramente materialistico, spesso formalizzato da alcuni papi (Leone XIII, Pio XI, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II), va inteso in termini squisitamente religiosi e morali. La dottrina sociale della Chiesa Cattolica, pur nella sua corposità ed elevatezza teologica, non racchiude politiche o ricette economiche concrete, ma più semplicemente una serie di raccomandazioni di tipo prepolitico e preeconomico. O comunque di principi che dovrebbero fare da cornice a ogni intervento politico- economico concreto.
Sotto questo aspetto le critiche di Benedetto XVI alla “logica capitalistica” sono un invito a ricondurre il mercato capitalistico nell’alveo di una logica più ampia di tipo solidaristico, capace di anteporre alla ricerca pura e semplice del profitto, lo sviluppo e la dignità della persona umana. Sempre in un’ottica, è bene chiarirlo, ultraterrena.
E' perciò chiaro che il pensiero sociale della Chiesa Cattolica si muove (e si è mosso) nell’ambito di una visione morale e non politica della (nuova) questione sociale. Di qui nascono i suoi meriti e limiti.
I meriti consistono nel porre il problema economico solo nei termini di una riforma religiosa e morale della persona e della società. La Chiesa Cattolica parla alle coscienze. E spera che l’uomo attuale, invischiato in un sistema economico che poco si occupa di coscienze, riesca da autoriformarsi spiritualmente, percependo di essere sulla strada sbagliata.
I limiti, curiosamente, consistono proprio in questo affrontare il problema economico da un punto di vista così elevato. Di qui le diverse interpretazioni storiche del pensiero sociale cattolico (dal corporativismo al comunismo cristiano). Spesso respinte dalla stessa Chiesa, costretta ogni volta a fornire l’interpretazione autentica della sua dottrina sociale. E di qui altre interpretazioni di “interpretazioni”, e così via...
Del resto non è possibile - né sarà mai possibile - chiedere esplicitamente alla Chiesa Cattolica di assumere posizioni economicamente dettagliate, o di mettersi direttamente a capo di un movimento di riforma politico-economica del mondo. La Chiesa parla alle coscienze cristiane e, come sa bene ogni vero cattolico, non è suo compito occuparsi di concreta modellistica economica. La Chiesa parla al mondo senza essere del mondo (o comunque - e questo valga per i non credenti - almeno tenta di non essere del mondo…). Di qui però, come abbiamo già notato, quel sovrapporsi e mescolarsi di interpretazioni spesso parziali e ideologicamente eterogenee.
La Chiesa Cattolica resta la Chiesa Cattolica. E non un centro di studi e di ricerche economiche applicate…
Tutto qui.
Ora, però, sarebbe errato individuare nella dottrina sociale della Chiesa Cattolica un insieme di concrete politiche economiche di tipo anticapitalistico. L’invito a prendere atto delle crudezze del sistema capitalistico, come di ogni altro sistema a sfondo puramente materialistico, spesso formalizzato da alcuni papi (Leone XIII, Pio XI, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II), va inteso in termini squisitamente religiosi e morali. La dottrina sociale della Chiesa Cattolica, pur nella sua corposità ed elevatezza teologica, non racchiude politiche o ricette economiche concrete, ma più semplicemente una serie di raccomandazioni di tipo prepolitico e preeconomico. O comunque di principi che dovrebbero fare da cornice a ogni intervento politico- economico concreto.
Sotto questo aspetto le critiche di Benedetto XVI alla “logica capitalistica” sono un invito a ricondurre il mercato capitalistico nell’alveo di una logica più ampia di tipo solidaristico, capace di anteporre alla ricerca pura e semplice del profitto, lo sviluppo e la dignità della persona umana. Sempre in un’ottica, è bene chiarirlo, ultraterrena.
E' perciò chiaro che il pensiero sociale della Chiesa Cattolica si muove (e si è mosso) nell’ambito di una visione morale e non politica della (nuova) questione sociale. Di qui nascono i suoi meriti e limiti.
I meriti consistono nel porre il problema economico solo nei termini di una riforma religiosa e morale della persona e della società. La Chiesa Cattolica parla alle coscienze. E spera che l’uomo attuale, invischiato in un sistema economico che poco si occupa di coscienze, riesca da autoriformarsi spiritualmente, percependo di essere sulla strada sbagliata.
I limiti, curiosamente, consistono proprio in questo affrontare il problema economico da un punto di vista così elevato. Di qui le diverse interpretazioni storiche del pensiero sociale cattolico (dal corporativismo al comunismo cristiano). Spesso respinte dalla stessa Chiesa, costretta ogni volta a fornire l’interpretazione autentica della sua dottrina sociale. E di qui altre interpretazioni di “interpretazioni”, e così via...
Del resto non è possibile - né sarà mai possibile - chiedere esplicitamente alla Chiesa Cattolica di assumere posizioni economicamente dettagliate, o di mettersi direttamente a capo di un movimento di riforma politico-economica del mondo. La Chiesa parla alle coscienze cristiane e, come sa bene ogni vero cattolico, non è suo compito occuparsi di concreta modellistica economica. La Chiesa parla al mondo senza essere del mondo (o comunque - e questo valga per i non credenti - almeno tenta di non essere del mondo…). Di qui però, come abbiamo già notato, quel sovrapporsi e mescolarsi di interpretazioni spesso parziali e ideologicamente eterogenee.
La Chiesa Cattolica resta la Chiesa Cattolica. E non un centro di studi e di ricerche economiche applicate…
Tutto qui.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento