lunedì 26 agosto 2024

Capitale e moschetto fascista perfetto?

 


Non abbiamo le competenze digitali per giustificare o condannare l’arresto di Pavel Durov, fondatore con il fratello di Telegram. Quelle giuridiche però sì. E cosa dice la legge? Almeno quella francese?

Che una piattaforma, dalle dimensioni mondiali come Telegram, deve “moderare” il flusso di informazioni spesso false per evitare di diventare veicolo di messaggi estremisti, razzisti, criminali, pedofili, eccetera, seminascosti magari nelle righe digitali delle chat private.

Non piace il termine “moderare”? Troppo delicato. Bene. Allora si usi quello forte: censurare. Però, prima di giudicare, il lettore segua il nostro ragionamento.

Innanziutto, e crediamo che questa sia giustamente la ragione principale, in Russia Telegram è attivo, funzionante, operante. Il che è sospetto. Perché se un regime dittatoriale consente a Telegram di esistere, evidentemente ha il proprio tornaconto in termini di disinformazione e spionaggio.

E con la Russia, piaccia o meno, siamo in guerra. Ergo il giro di vite ci sta tutto.

Inoltre, il lettore, autenticamente liberale, non dimentichi una cosa fondamentale. Esistono due usi della libertà di pensiero e parola.

Il primo come veicolo di libertà. Il secondo per sopprimerla. Cioè, in questo secondo caso, si rivendica il diritto di libertà di pensiero e parola, per agguantare il potere e poi sopprimerlo. Siamo davanti a una nota tecnica rivendicativa utilizzata da fascisti, comunisti e altri nemici della libertà. Ai quali perciò, il liberalismo, per ragioni di sopravvivenza, non può, anzi non deve, concedere il minimo spazio di libertà. Anche digitale, quando tecnicamente possibile. Proprio per evitare il rischio del Cavallo di Troia.

C’è un principio giuridico che riassume bene il secondo caso: “Summum ius summa iniuria «il sommo diritto è somma ingiustizia»). Cosa voleva dire Cicerone (De Officiis I, 10)? Che l’uso rigoroso e indiscriminato di un diritto o l’applicazione rigida di una norma può diventare un’ingiustizia.

A riprova di quanto diciamo va letta la dichiarazione di Musk, molto amato da Fratelli d’Italia. Magnifico esemplare di “ricco” che adora il libro e il moschetto ” Si legga qui:

«”E’ il 2023 e in Europa si viene giustiziati per il like a un meme”, scrive Musk. X è sotto i riflettori dell’Unione Europea, e in particolare del commissario Thierry Breton, per le attività di contrasto all’odio online e alla disinformazione. Musk, anche nelle interazioni con gli utenti, fa spesso riferimento al ‘free speech’, la libertà di poter esprimere pensiero e opinioni. Ora, l’arresto di Durov accende ulteriormente il dibattito. Il numero 1 di Telegram rischia “20 anni…” di carcere, osserva Musk, che definisce i tempi attuali “pericolosi” e si schiera tra i sostenitori dell’hashtag #FreePavel prima di ironizzare sulla posizione della Francia in relazione ai diritti: “Liberté. Liberté! Liberté?”. Quindi, risponde con un perentorio ”100%” a chi afferma che ”oggi tocca a Telegram, domani tocca a X”. Quindi, il riferimento al secondo emendamento, che negli Stati Uniti sancisce che “il diritto dei cittadini di possedere e portare armi non potrà essere violato”. E’ l’unico motivo, dice Musk, per cui il primo emendamento – che tutela la libertà di parola – sarà rispettato» (*).

Si notino le false informazioni: nessuno in Europa viene giustiziato per un like o un meme. Che poi ciò sarà possibile in futuro è una pura e semplice illazione di Musk. I 20 anni di prigione, se ricordiamo bene, rinviano al massimo della pena. Infine il collegamento improprio tra la libertà individuale di portare le armi e la difesa armata delle libertà di pensiero, oltre a essere minaccioso, è potenzialmente fascista.

Insomma, libro (digitale, la piattaforma, con la scusa del primo emendamento) e moschetto (secondo emendamento) fascista perfetto. Come dicevamo: “Summum ius summa iniuria”.

Qui sorge il problema del ricco che ha sposato la causa fascista. Trump, Musk, probabilmente Durov, usano la libertà di parola per sopprimere la libertà di parola. La destra, che non ha mai smesso di odiare con tutte le sue forze il miliardario Soros accusandolo di finanziare i movimenti politici antifascisti (atteggiamento, al contrario, meritorio), ora ha i suoi miliardari che incoraggiano il movimenti fascisti. Mettendo a disposizione delle camicie nere digitali, l’arma fortissima delle piattaforme.

Amore corrisposto: si noti l’apertura filoDurov (e soprattutto filoMusk) del “Secolo d’Italia”, che dietro la foglia di fico della Fondazione Alleanza Nazionale, fa da soffietto quotidiano a Fratelli d’Italia. E per estensione da Guardia Bianca a Musk, Durov e Trump. I nostri  complimenti e auguri alla destra sociale…

Un marxista ci accuserebbe di aver fatto la scoperta dell’acqua calda: i capitalisti sono fascisti per Dna. Per riformulare quanto sopra: “Capitale e moschetto fascista perfetto”.

Non è così. Che dire di Soros e di tanti miliardari di sinistra da Gates fino a De Benedetti? Si pensi a questo proposito alla Lettera di Davos dei duecentocinquanta ultraricchi fieri di essere tassati (“Proud to Pay”) (**).

A dire il vero la celebrazione dell’agente delle tasse è troppo. Però indica che dietro ogni grande fortuna non si nasconde il fascismo. Molto spesso c’è il filantropo. Insomma, il fascismo non è una scelta in automatico, come sostengono i marxisti.

Però è altrettanto vero, come visto, che esiste il ricco che si fa fascista. E questo oggi può essere un problema.

Carlo Gambescia

(*) Qui: https://www.adnkronos.com/internazionale/esteri/telegram-durov-arresto-musk-cosa-dice_7ufmwxrDLHvB8XzKajS4Bg .

(**) Qui: https://www.rainews.it/articoli/2024/01/davos-lettera-di-250-miliardari-vogliamo-essere-tassati-fieri-di-pagare-08589a90-e69d-4305-b36f-286cf91f668f.html .

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