Sembra che il generale Roberto Vannacci stia organizzando un movimento politico, che prende nome dal suo libro, Il mondo al contrario. Si parla già di numerose adesioni, per ora nell’ordine delle migliaia.
Alle recenti europee, altro errore politico del Tafazzi Salvini dalla vista cortissima, il generale ha ricevuto mezzo milione di preferenze (Giorgia Meloni due).
L’uomo è molto ambizioso. Cinquantenne, ha importanti studi universitari alle spalle, di tipo militare ovviamente, lavoro sul campo, come dicono eccellente. Ha idee reazionarie ma molto chiare. Ha carisma. E, per ora, dal suo modo di tenere testa a Salvini (che comunque è un politico navigato), giornalisti e avversari politici, sembra possedere dialettica, forza di volontà, capacità organizzative e decisionali: qualità comprovate dall’idea di fondare un movimento. Insomma, per giocare sul titolo di un vecchio film con Tognazzi: il generale non dorme in piedi.
Sulle idee reazionarie e sulla totale assenza di remore caratteriali nel farsi strada, come pure sul forte senso, soggettivo ovviamente, di superiorità intellettuale, a partire dai modi sbrigativi di “confezionamento” del libro, rinviamo all’eccellente sintesi del professor Luigi Spagnolo, docente di linguistica italiana all’università per stranieri di Siena (*), probabilmente il migliore testo in circolazione sul generale, intellettualmente “desnudo”.
L’idea del libro-manifesto politico ha precedenti illustri nel Mein Kampf di Hitler e ne La folla. Seimila anni di lotta contro la tirannide di Guglielmo Giannini, fondatore dell’Uomo Qualunque. Libri di successo scritti nel Novecento da personaggi non proprio simili: uno spiantato psicotico e un commediografo e giornalista. Momenti storici diversi: gli inizi della Repubblica di Weimar, l’immediato dopoguerra italiano. Ed esiti totalmente differenti: Hitler scatenò una guerra mondiale, Giannini autoaffondò l’Uomo Qualunque.
Però va ricordato un importante fattore comune: quello del richiamo emotivo, caratterizzato da un odio irrazionale verso la politica come leale confronto tra avversari, disposti comunque a venirsi incontro e mediare, una scelta di convivenza politica tipica delle democrazie liberali.
Hitler, Giannini, Vannacci rivelano invece la comune condivisione della politica del capro espiatorio. Scelta incendiaria che necessita non di un avversario ma di un nemico da crocifiggere. Cioè si opta per quanto vi sia di più irrazionale e pericoloso: indicare alla folla il colpevole come portatore del male assoluto. Per Hitler era l’ebreo, per Giannini, il professionismo politico, per Vannacci gay, migranti e sinistra.
La dinamica amico-nemico, pur rispondendo alle caratteristiche della regolarità metapolitica, se portata alla sue estreme conseguenze risulta sempre rovinosa. Il liberalismo, resta il tentativo storico, finora più riuscito, di ricondurre la dinamica amico-nemico nell’alveo di una normale competizione tra avversari nell’ambito delle istituzioni parlamentari.
Hitler, Giannini (che con riferimento al fascismo coniò lo slogan del “Si stava meglio quando si stava peggio”), Vannacci scorgono solo nemici da abbattere alla prima occasione. Qui il vero pericolo: il rifiuto della normale dinamica liberale
Perciò il vero problema è se Vannacci, in questa Italia devastata dal terremoto della democrazia emotiva, riuscirà a catturare il consenso di altri potenziali fanatici.
Hitler riuscì, Giannini fallì. E Vannacci? Non esistono per ora studi sulla provenienza degli elettori del generale. Secondo alcuni osservatori Vannacci ha catturato consensi all’interno del mondo militare politicamente destrorso (medie e basse sfere), tra gli estremisti della Lega e di Fratelli d’Italia (il che è tutto dire), come pure – ma non è ancora certo – tra gli astensionisti nemici della democrazia dei partiti e parlamentare. Insomma per ora esiste una base elettorale, grosso modo fino a uno, due, forse tre milioni di voti (pescando nel non voto). Non sono pochi per cominciare.
Un altro aspetto interessante è rappresentato dal ruolo che potrebbero svolgere le forze armate “simpatizzanti” sotto l’aspetto operativo: dello “scossone” finale al sistema liberal-democratico. Solo per ricordarne una: la Marcia su Roma, riuscì, tra le altre ragioni, perché il Re e i circoli politici a lui vicini diffidavano della fedeltà delle forze armate, che effettivamente in non pochi casi, dopo l’improvvisa revoca a malincuore dello stato d’assedio da parte di Vittorio Emanuele III nella mattina del 28 ottobre, favorirono il pomeriggio stesso e nei giorni del 29 e 30 ottobre le milizie fasciste. Che il 1 novembre e nei giorni seguenti sfilarono e scorrazzarono per Roma, inneggiando, senza avvedersi della contraddizione in termini, al primo Ministero Mussolini e alla Rivoluzione fascista…
Perciò, almeno per ora, considerate le potenzialità (elettorali e “militari”) del “movimento” di Vannacci, anche alla luce delle doti organizzative e decisionali del “carismatico” capo, non si può sottovalutare il pericolo insito in una situazione che almeno per un aspetto ha un contenuto inedito.
Si rifletta su un punto. Dalle imprese di Garibaldi, politicamente
laico e progressista, che come dimostrò più volte non era un
aspirante caudillo che desiderava sostituirsi al Re, la politica
italiana, per più di un secolo e mezzo non ha più visto militari
impegnarsi direttamente in politica. Bava Beccaris (poi senatore) e Badoglio (capo del governo dopo il 25 luglio) furono semplici esecutori.
Fino al generale Vannacci. Spuntato dal nulla. Che, da come si muove, esecutore non è. E per giunta con idee reazionarie. Una specie di antiGaribaldi.
Il che è un grosso problema.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/retorica.html .
In effetti Guglielmo Giannini e Pierre Poujade sono (stati) poco considerati, sbagliando, come modelli del neo-populismo. Vannacci, in compenso, conferma come la Lega sia diventato il partito più a destra del sistema partitico italiano. Vannacci/Tognazzi me lo ricorda più in Vogliamo i colonnelli di Monicelli. Saluti
RispondiEliminaGrazie del commento. Il movimento di Poujade, il tabaccaio (vendeva anche articoli per fumatori)... fu proprio una fiammata. Portò una quarantina di deputati all'Assemblea tra i quali Le Pen padre. Poi si divisero. Il Tognazzi dei Colonnelli (concordo), però è un cialtrone... Vannacci, credo sappia il fatto suo. E per questo è pericoloso.
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