Qual è la notizia più interessante di oggi?
Il riflusso, però polarizzato, delle manifestazioni razziste, con scontri, nel Regno Unito? Alle quali si è opposta una grande manifestazione di segno contrario? Riflusso, nel senso, della regressione di un fenomeno di folla, scatenato via fake news, del quale hanno approfittato alcuni militanti dell’estrema destra? Molti dei quali fortunatamente già nelle mani della giustizia? In Gran Bretagna, giudici e polizia sanno fare il loro lavoro.
Lo straordinario sfondamento in stile Caporetto degli Ucraini a Kursk? Giorni fa scrivevamo del magnifico soldato ucraino, che da più di due anni combatte coraggiosamente contro un nemico sulla carta superiore. Anche qui nulla di nuovo. Il soldato ucraino, a differenza di quello russo, sembra saper fare bene il suo lavoro. Che sia il profumo della libertà?
La notizia, ancora ufficiosa, che i cinesi costruiranno auto elettriche in Italia? Come è possibile? Nella stessa “Italia agli italiani”, di continuo evocata da una destra che vede rosso solo quando si tratta di Stellantis? O di qualche altra multinazionale, magari del tutto americana? Due pesi due misure. Tipico di una destra nazionalista che ama le dittature. Nulla di nuovo, la destra fa il suo (sporco) lavoro. Solo gli italiani ancora non se ne sono accorti. O probabilmente anche gli italiani sanno far bene il proprio lavoro: quello dello struzzo con la testa sotto la sabbia.
O infine, la notizia che Trump, sollecitato dai suoi avversari, abbia promesso, minacciosamente, in caso di sconfitta, una transizione “pacifica”, come nel 2020. Certo, proprio pacifica.
Ecco quest’ultima notizia, che Rai, Mediaset e blocco Angelucci, hanno totalmente nascosto, è veramente interessante. Per almeno due ragioni.
La prima ragione, che è fonte di preoccupazione, è che un paese, già immortalato da Tocqueville, nel sul capolavoro sulla democrazia negli Stati Uniti, si va sudamericanizzando. Nel senso che quel che è normale in qualsiasi liberal-democrazia matura, figurarsi perciò negli Usa, cioè il passaggio delle consegne, dopo le elezioni, tra perdenti e vincitori, oggi è a rischio.
La cosa ha dell’incredibile. Si dirà, ma allora la guerra di secessione? A parte che sono trascorsi quasi 160 anni. E in pace. La guerra civile fu una crisi di crescita. Dietro il Sud, non vi era una specie di ricchissimo caudillo, come Trump, con alle spalle un sottoproletariato, di spostati, reazionari e perfino fascisti. La guerra civile fu uno scontro tra due classi dirigenti, comunque democratiche, che avevano una visione differente della democrazia: censitaria e agricola, con risvolti schiavisti al Sud, moderna e industriale al Nord. Il conflitto sul federalismo fu un conflitto di largo respiro, segnato da un’ampia partecipazione popolare, di tutte le classi sociali. Il che ne favorì la ricomposizione storica.
Mentre dietro Trump, ripetiamo, c’è un sottobosco di
disadattati politici e sociali. Gente che vuole solo sfogare una rabbia ingiustificata, se non da fallimenti umani e individuali. Persone che invece di prendersela con se stesse, se la prendono con Washington. Un fenomeno di transfert socio-politico, alle origini, e all'ennesima potenza, del successo fascista e nazista tra le due guerre mondiali.
La seconda ragione è nella personalità, chiaramente disturbata di Trump. Come provano certi suoi atteggiamenti rodomonteschi, le menzogne usate sistematicamente come risorsa politica speciale, il ricorso a un lessico di tipo bellicista, ultimamente la parola più gentile verso i suoi avversari è bagno di sangue.
Un personaggio del genere è da manuale Adorno et alii sulla personalità autoritaria. Perché, come detto, rimanda inevitabilmente allo stereotipo del caudillo o addirittura del duce fascista. Pertanto – ecco il motivo di preoccupazione – in caso di sconfitta, Trump potrebbe puntare su una seconda marcia su Washington, organizzata in modo migliore rispetto al primo assalto. Infatti stando a quel che traspare dalle pagine di alcuni siti a lui vicini, Trump, e non sarebbe neppure la prima volta, sembra contare molto sull’appoggio in alcuni stati della guardia nazionale, delle forze di polizia e della magistratura.
E che questo pericolo - una specie di sindrome sudamericana - riguardi la prima liberal-democrazia del mondo moderno, anche in ordine cronologico (Robert R. Palmer), è qualcosa che lascia veramente senza parole. Se il liberalismo dovesse perdere la sua battaglia negli Stati Uniti, sarebbe veramente l’inizio della fine per gli alleati europei.
La nostra, potrebbe sembrare una battuta perfino fuori luogo, considerata la gravità del momento. Walter Mattau, attempato play boy spendaccione, la usò in un film, per definire una ricca vedova, completamente imbranata, che doveva sposare per ragioni economiche . “Quella donna è una minaccia per la civiltà occidentale, così come l’abbiamo concepita finora”. Anche Trump lo è. Purtroppo non siamo al cinema. Né ci si può innamorare di lui, come accade a Mattau con l’imbranata. Perda o vinca Trump, escluderemmo, almeno per ora, il lieto fine per la democrazia liberale.
Infine dobbiamo spiegare il mistero del titolo di oggi. Come cantava Battiato, citando Bob Dylan? “Mister Tamburino non ho voglia di scherzare. Rimettiamoci la maglia i tempi stanno per cambiare”… Esatto. A cominciare dagli Stati Uniti.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento