Progresso? Non basta la parola
Detto altrimenti: l’uomo talvolta è il peggior nemico di se stesso, dal momento
che è tanto abile a costruire quanto a distruggere. Ergo, il progresso è sempre
temporaneo e segnato da periodici avvitamenti e regressioni. Alti e bassi,
insomma.
Naturalmente, un tema così ampio non può essere risolto in poche battute o
righe. Quel che però si può fare è fornire alcune indicazioni sulle varie posizioni
ideologiche in argomento. Dopo di che, tana libera per tutti.
Doverosa premessa: la vera differenza, quando si parla di progresso, è fra chi
crede nel progresso morale dell’uomo e chi no.
Ad esempio, il neo-talebano Massimo Fini, non crede nel progresso morale
dell’uomo ( che, detto in soldoni, significa non confidare nella forza
trasformatrice dell’educazione). Viceversa, Serge Latouche, altrettanto critico
nei riguardi dell’ideologia del progresso, vi crede fermamente. Tuttavia, Fini
e Latouche insistono sulla necessità di una decrescita economica… E quindi
sull’ importanza del regresso materiale.
Qui però sorge un problema, soprattutto per i neo-talebani, dal momento che se
non si crede nel progresso morale dell’uomo, diventa poi difficile, se non impossibile,
indicare alternative valide all’idea di progresso materiale. E per un semplice
motivo: l’idea di perfettibilità morale (attraverso il condizionamento
culturale dell’uomo) impone di credere nell’umana possibilità di crescere ( o
progredire ) interiormente. Inoltre, chiunque predichi la decrescita materiale,
non può ignorare, alcune costanti sociologiche che attraversano la storia
dell’umanità, come la regolarità amico-nemico. Ma facciamo un esempio.
Come accennato, l’idea di decrescita implica la necessità di credere nella
capacità di progresso morale dell’uomo. Infatti, il rifiuto del modello di vita
consumistico non può non essere frutto di una progressiva crescita
spirituale-morale. Tuttavia, l’idea di educare alla decrescita implica anche un
problema di tipo politico: come comportarsi con coloro che rifiutino di
modificarsi spontaneamente? Come regolarsi con coloro che non vogliano o
possano partecipare ai processi (obbligatori e istituzionali) di educazione
collettiva? Come comportarsi con gli amici del progresso materiale? Fini,
neo-talebano, sarebbe per l’eliminazione dei renitenti (scherziamo, ma fino a
un certo punto…); Latouche, più moderato, per la rieducazione obbligatoria. Ma
è giusto costringere l’uomo ad essere libero? E poi libero in che senso? E in
nome di quali valori? Quelli decrescisti? E chi ci assicura che siano più
giusti di quelli capitalisti?
Riassumendo, sul progresso, vanno registrate almeno tre posizioni: 1°) quella
degli “imperfettisti totali” , che rifiutano il progresso, non credendo in
alcuna possibilità di crescita dell’uomo, spirituale e materiale, come Massimo
Fini; 2°) quella dei “perfettisti a metà”, che invece credono nel progresso
morale come fattore per introdurre la decrescita materiale, come Latouche; 3°)
quella dei “perfettisti materiali”, che celebrano gaiamente il progresso
tecnologico ed economico quale sinonimo di progresso culturale, come gli
attuali sostenitori della globalizzazione da oltranza.
La prima posizione è regressiva. Dal momento che resta legata alla celebrazione
di mummificate “Età Tradizionali”. Un vicolo cieco. Roba da talebani, appunto.
La seconda posizione non è del tutto regressiva, dal momento che è progressiva
in senso morale. Tuttavia, tende a ignorare, come nel caso di Latouche, il ruolo
del politico e del rapporto, non lineare, tra educazione spontanea
(individuale) e obbligatoria (collettiva). Inoltre, il decrescista francese
sembra sottovalutare anche la diversa “tempistica”, da regolare
“politicamente”, tra progresso morale (meno veloce) e progresso materiale,
tecnologico ed economico (più veloce). Insomma, per così dire, un mezzo vicolo
cieco.
La terza posizione, quella tecnocratica e mercatista punta invece sul costante
e globale sviluppo materiale. Il che, alla lunga, rischia di fare la bua
all’intero pianeta Terra. Altro vicolo cieco.
Come concludere? Che sotto il cielo regna una grande confusione. Probabilmente,
per tornare a Vico, siamo nella fase storica, in cui si « istrapazzano le
sostanze». Poveri noi.
Carlo Gambescia
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