L’Intervista a “Sette” di
Beppe Grillo
Democrazia diretta e
democrazia rappresentativa
Abbiamo
letto l’intervista di Beppe Grillo a “Sette”. Inutile replicare a un déjà vu ideologico, noto storici, sociologi e studioso del pensiero
politico moderno: una raccolta di luoghi comuni, però
pericolosi, perché, come si dice, la storia, come maestra di vita, sembra
sempre avere pochi allievi. Ci
limiteremo perciò solo ad alcune
osservazione generali sulla democrazia diretta, così amata da
Grillo.
In
genere la democrazia diretta, a far tempo
dalla Rivoluzione francese, nella sua fase giacobina, ha sempre
caratterizzato i movimenti antiliberali e sostanzialmente
antidemocratici e nemici delle rappresentanza partitica.
Ovviamente,
ogni volta si è risolta in un disastro e
nella dittatura di fatto del partito unico, presentato come l’antipartito, giacobino, bolscevico, fascista,
nazionalsocialsista. Non dimentichiamo,
che Hitler, usava fa consacrare le sue decisioni (esclusa quella di entrare in
guerra) ricorrendo al referendum, perché sapeva di avera dalla sua parte, per
l’appunto, la maggioranza dei tedeschi, visto che le minoranze erano in
prigione.
Semplificando
al massimo: il problema delle democrazia
diretta è legato al fatto che ogni democrazia come sistema,
soprattutto se di grandi dimensioni, impone organizzazione, e l’organizzazione obbliga a sua volta alla
specializzazione, e la specializzazione implica una padronanza della materia,
che non è semplice conoscenza (nel senso
di “informazione su”). Quindi le
decisioni a maggioranza sono semplice decisioni su basi informative molto superficiali: si pensi al semplicistico sì o
no, su referendum dedicati a questione complesse. Di qui, l’invenzione del meccanismo della democrazia rappresentativa,
che attraverso i partiti garantisce un filtro conoscitivo e al tempo
stesso, attraverso il meccanismo elettorale la rappresentanza delle diversi
opinioni, anche di minoranze, tutelate in Parlamento da appositi
regolamenti. Diciamo che la democrazia
diretta pecca di ottimismo, perché reputa che tutti possano decidere anche
le questione complesse, mentre la
democrazia rappresentativa, pecca di pessimismo, perché che non tutti possano decidere le questione
complesse.
In
certo senso la democrazia diretta pecca di
prometeismo, e in genere, come la storia degli ultimi due secoli prova,
culmina nella dittature, dei comitati, dei
tribunali del popolo, di un uomo,
del partito unico, mentre
quelle rappresentativa pecca di
scetticismo e talvolta tende a chiudere un occhio sulle debolezze dei
rappresentati rispetto ai rappresentati.
Purtroppo
la perfezione, come più volte abbiamo scritto, non è di questo mondo. Siamo
d’accordo con il grande Winston
Churchill: « la democrazia è la peggior forma di governo,
eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora».
E con il temine democrazia, lo statista
britannico, come amava precisare, intendeva la democrazia rappresentativa.
Pertanto
resta un fatto: la democrazia
rappresentativa, anche se mal governata
o poco governabile, rimane una democrazia, mentre la democrazia diretta, nella
migliore delle ipotesi culmina nella
dittatura di una maggioranza incompetente, e nella peggiore nella tirannia di
uno solo o di un partito unico.
Qualsiasi
riferimento al ruolo, molto pericoloso, che
Beppe Grillo potrebbe giocare nella realtà italiana non è puramente casuale.
Carlo Gambescia
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