La scomparsa di Peter Falk
Quando il Tenente Colombo andò
in Russia...
La settimana scorsa, Peter Falk se ne è andato per sempre, e con lui il
famosissimo Tenente Colombo. L’abile quanto mal messo poliziotto di origine
italiana, capace di risolvere i casi più intricati, stringendo il colpevole
nell’angolo, grazie alla sua perspicacia e al sudicio libretto degli appunti
dove si annotava tutto.
Gli ultimi anni di vita dell’attore non sono stati felici, a causa di
controversie in famiglia. Inoltre Falk soffriva di Alzheimer. Ma non è di
questo che vogliamo parlare. I coccodrilli li lasciamo volentieri agli altri.
Anche perché desideriamo ricordare in particolare un suo vecchio film italiano.
Piccola premessa. Come è noto Peter Falk non era di origini italiane, nelle sue
vene scorreva sangue ungherese, polacco e russo. Eppure le sue
caratterizzazioni più incisive restano quelle dell’italo-americano come il
Tenente Colombo e del mafioso, simpatico e sfortunato di Angeli con la pistola. Miracoli di
Hollywood…
Però, scorrendo i giornali in occasione della sua scomparsa, abbiamo scoperto
solo qualche timido accenno a una delle sue più belle interpretazioni. E non
del solito italo-americano, ma di un italiano tout court. Di quale caratterizzazione parliamo? Del
tenente napoletano Mario Salvioni. Un suo stupendo cammeo, come si dice in
gergo, nel film di Giuseppe de Santis, Italiani
brava gente (1964): un’opera spettacolare sulla sfortunata campagna
dell’Armir, girata in Russia e con grandi scene di massa. Un film che per certi
aspetti, ricorda La Grande Guerra di
Monicelli. Ecco quel che si legge in proposito nel classico Morandini (1999): « G. de Santis
(1917-1997) persegue la sua idea di cinema popolare ricorrendo all’impiego dei
generi (commedia dialettale compresa) e delle regole per piegarli in senso ideologico
e didattico: l’internazionalismo, la divisione per classi e non per
nazionalità, l’antieroismo, la solidarietà tra russi e italiani poveri, la
denuncia dell’assurdità delle guerra».
Insomma, un film - prendendo spunto da una parola alla moda - piuttosto che
fasciocomunista, comunista vecchia maniera… Ma riapriamo il Morandini: «Narrazione rapsodica
attraverso quadri ed episodi corali, di un ‘epica “bassa” impregnata di una
costante vena “malinconica” con una pittoresca galleria di personaggi e di
macchiette tra cui bisogna ricordare almeno il tenente medico napoletano di P.
Falk, l’antifascista meridionale di R. Cucciolla, il contadino emiliano di L.
Pryguniov ».
Insomma, un grande Peter Falk. Sentiamo come ne parla, nel saggio dedicato a De
Santis, il critico Stefano Masi: « Particolarmente felice è la costruzione del
personaggio del tenente napoletano Mario Salvioni, uno scansapericoli che, solo
per orgoglio, veste i panni dell’eroe e finisce per trovare la morte nel più
stupido dei modi. Peter Falk è molto bravo nei panni di questo gagà napoletano.
La sua non è la comicità drammatica di La grande guerra. Il personaggio che
egli interpreta è simile, piuttosto, a quello del marinaio burlone di Roma ore
11, per la sua surreale assurdità, quasi zavattiniana. Mentre i partigiani
russi lo conducono al loro accampamento, egli chiede ad uno di questi
“comunisti atei”: “Ma se non credete in Dio con chi ve la prende¬te quando
dovete bestemmiare?”. E alla bella partigiana molto seriamente fa la corte: “Tu
sei proprio una bella ciaciona. Se capiti a Napoli ricordati che io abito in
via Partenope numero 263, interno 8” .
E aggiunge: “Ma prima di venire telefona!” » .
Aggiungiamo, confidando nella nostra memoria, che nel film, Peter Falk era
doppiato da Carlo Croccolo, un napoletano verace, ma capace di inflessione
dialettali da quartieri ricchi. Un modo di esprimersi, appunto da gagà, che
faceva e fa la differenza con la parlata dei napoletani dei vicoli e dei bassi.
Se è vero, come si dice, che non esistono piccole o grandi parti, ma solo
piccoli o grandi attori, il Peter Falk-Mario Salvioni, prova che con la morte
dell'attore americano il cinema perde purtroppo un altro grande protagonista.
Carlo Gambescia
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