Sbarchi a Lampedusa
Le “leggi” della
sociologia
Dal punto di vista di una sociologia
naturalistica, i flussi migratori corrispondono a spostamenti spaziali di
masse. La regoletta è la seguente: quanto più le dimensioni dell’ area
interessata sono ridotte tanto più aumenta il rischio del conflitto tra
popolazione stabile e migrante. E per ragioni oggettive, legate al dover vivere
fianco a fianco in condizioni di spazio limitato. Viceversa, quanto più le
dimensioni crescono, tanto più il rischio del conflitto diminuisce.
Tuttavia, al fattore naturalistico
(spaziale) va affiancato e sommato quello culturale. Infatti, a parità di
spazio limitato, il rischio del conflitto è maggiore dove non prevalga una
cultura - semplificando - dell’accoglienza. Fermo però restando un fatto: che
la cultura può mediare o mitigare all’interno di un minimo e massimo, diciamo
così, di spazialità: minimo che coincide con l’impossibilità di fare qualsiasi
movimento, massimo che collima con la possibilità di non incontrarsi mai.
Ora, nel caso di Lampedusa, il rischio è
quello che si raggiunga la “soglia minima” di spazialità: la più pericolosa.
Perciò le proteste in corso degli abitanti di un’isola, un tempo felice, non
possono essere liquidate come forme di razzismo e intolleranza. Ma come
evidente esito del rischio di raggiungimento della “soglia minima”. Quindi che
nessuno peschi nel torbido… Si pensi ad esempio alla reazione di Bossi che non
vive sull’isola. Né però si può sperare che gli abitanti di Lampedusa
accettino, ancora a lungo e di buon grado, gli appelli, spesso ipocriti, alla
tolleranza da parte delle istituzioni.
Va comunque detto che finora gli isolani
hanno mostrato una tolleranza che sfida le “costanti” o “leggi” della
sociologia. Ma fino a quando?
Carlo Gambescia
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