Anatomia del pacifismo
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Che cos’è il pacifismo? È una dottrina politica, capace di ispirare veri e
propri movimenti sociali, puntando sull’abolizione di qualsiasi atto di guerra
tra le nazioni e sulla risoluzione dei conflitti attraverso pacifici arbitrati.
Ma su come perseguire l' obiettivo il pacifismo si divide. Due le scuole di
pensiero.
La prima scuola, che rinvia alla politica e ai governi, è quella che sostiene
le guerre difensive, o comunque le famigerate guerre “che devono mettere fine a
tutte la guerre”. Esemplare, sotto questo aspetto, lo spirito wilsoniano. Si
tratta della stessa vulgata che oggi innerva ideologicamente le guerre
umanitarie contro gli “stati canaglia”. Di regola sottoposti, come sta
accadendo alla Libia, a pesanti bombardamenti. Al lato opposto - e ciò valga
intanto come pericolosa controindicazione - resta la scelta pacifista in toto di un grande socialista
italiano, Filippo Turati. Il quale peccando di grave ingenuità, insegnava in
giro che il famoso si vis pacem para
bellum, non era “che un giuoco di parole da oracolo di Delfo”. E
infatti i fascisti, che non erano sicuramente pacifisti, vinsero. E lui morì in
esilio…
Il “caso Turati” introduce alla seconda scuola di pensiero, più radicale.
Quella dei movimenti sociali pacifisti che professano, a differenza dei
governi, la via della non violenza come unico strumento atto a perseguire la
pace. Di solito, come esempio tipico, viene indicato il movimento di
indipendenza indiano dalla Gran Bretagna. Che in realtà, nel suo complesso, non
fu “non violento”, né prima né dopo. Fermo restando anche un fatto molto
importante. Che, come riportano varie biografie, Gandhi negli anni della guerra
scorse, in Hitler e nell’imperialismo giapponese, due nemici che dovevano
essere messi fuori gioco ad ogni costo, anche ricorrendo all’uso della forza
armata.
Quanto sopra significa che il pacifismo puro non esiste, e che, come
insegnavano i Romani, se si vuole la pace, vanno sempre preparati gli armamenti
necessari per fare la guerra.
Il che significa, tradotto in storia contemporanea, che l’Europa, dopo un
secolo di guerre distruttive non può non amare giustamente la pace. Però, se
vuole difenderla dai diktat dell’alleato più armato, deve farsi più forte degli
Stati Uniti, e proprio sul piano militare. Il che tuttavia non significa cedere
di schianto alle confuse e spesso assurde argomentazioni dell’antiamericanismo,
ma più semplicemente cercare di perseguire in concreto le giuste condizioni
militari per poi “trattare” su un piano di parità con un alleato, con il quale
abbiamo indubbi legami storici e comuni tradizioni.
Come si dice, le alleanze e le amicizie, valgono e funzionano solo se fondate
sulla parità e sull’equilibrio tra i partner. Quindi fare la guerra, per poter
vivere in pace. Ma su un piede di parità.
Carlo Gambescia
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