Polemiche
Festa della Donna e dintorni
Dal post di ieri sulla Festa della Donna è scaturito un interessante dibattito . Di particolare rilievo l’intervento di Fabrizio Marchi,
giornalista, scrittore, fondatore del Movimento degli Uomini Beta, impegnato,
come dire, nel contro-femminismo militante, nonché autore di Le donne una rivoluzione mai nata
(Mimesis), recensito qui: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2007/10/il-libro-della-settimana-fabrizio.html
Ecco la mia replica. Prima però il commento di Fabrizio Marchi:
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Caro Carlo,
in realtà la mia critica era rivolta
soprattutto alla prima parte del tuo intervento (sulla questione eguaglianza
fra i sessi e il riferimento a Tocqueville dirò qualcosa fra breve). Quella,
per capirci, dove sostieni che, cito testualmente “le donne oggi guadagnano
meno degli uomini, sono licenziate prima degli uomini, e non fruiscono nella
stessa misura degli uomini, pur essendo spesso più brave, di analoghe posizioni
di comando e responsabilità. Quindi sotto questo profilo resta ancora strada da
percorrere”.Non sono d’accordo, oggi la grande maggioranza degli uomini (quelli
non appartenenti alle elite maschili dominanti) , come spieghiamo (non a
chiacchiere ma con i fatti) in tanti articoli del nostro sito, vive una
condizione di oggettiva subordinazione, materiale e psicologica, sia nei
confronti delle suddette elite dominanti (sia maschili che femminili), sia nei
confronti del genere femminile nel suo complesso. A tutt’oggi, nel terzo
millennio, i maschi di “terza classe“sono coloro che svolgono i mestieri più
pesanti, nocivi e rischiosi. E sono gli stessi a crepare sul lavoro con
percentuali che definire bulgare è un eufemismo (97%; il rimanente 3% di donne
muore in itinere, cioè mentre si reca sul posto di lavoro… ). Sarai d’accordo
con me che è quanto meno singolare che in una società dominata dalla spregevole
oppressione maschilista” a morire sul lavoro siano quasi esclusivamente
uomini…Pensa se invece la società fossimo dominati dal femminismo…(è ovviamente
ironico ciò che dico, noi pensiamo che in realtà lo siamo…)Oggi un uomo e un
padre “normale” (cioè un impiegato, un operaio, un tecnico, un insegnante, un
precario) che si separa, viene espropriato di tutto: dei figli, della casa
(anche se è di sua proprietà e ci sta pagando il mutuo), del reddito. In altre
parole viene letteralmente buttato fuori di casa, gettato sul lastrico, in una
condizione di prostrazione psicologica e morale devastante. E’ ormai noto che
una gran parte degli “ospiti “ delle varie sedi della Caritas sono uomini e
padri separati. Oggi un uomo che non appartenga alla elite dei maschi
“vincenti” e di successo, economicamente e socialmente affermati, è
praticamente un “invisibile”, costretto a sbattersi e a scimmiottare
penosamente i modelli sociali dominanti senza averne i mezzi, sia materiali che
immateriali, per poter vivere uno straccio di sessualità, “affettività” (a
condizione…) e di vita relazionale, altrimenti negategli. In parole molto
povere, è un povero cristo costretto ad elemosinare o peggio, a “comprare”
(direttamente o, il più delle volte indirettamente) dei “beni” immateriali
(sessualità e affettività) ridotti concettualmente, culturalmente, prima ancora
che praticamente, a merce.Questa storia degli uomini (tutti) , sempre e
comunque oppressori e privilegiati, e delle donne, sempre e comunque oppresse,
discriminate e vittime innocenti è ormai, come si suol dire, una leggenda
metropolitana che deve essere sfatata. Un banale quanto rozzo copia-incolla del
concetto marxiano di conflitto di classe applicato alla relazione fra i generi.
Poco più di una favola per bambini, per quanto mi riguarda. Eppure si è fatto
largo nella cosiddetta “sinistra” occidentale liberal e post sessantottina che
lo ha sposato in toto. Ricordo peraltro (senza nessuna nostalgia, sia chiaro,
ma solo per correttezza di informazione…) che il femminismo non è nato né a
Mosca né soprattutto a Pechino (nella Cina ultracomunista e ultra ideologizzata
di Mao) dove era considerato, e non a torto, un “prodotto del capitalismo
nonché un fenomeno piccolo borghese reazionario da combattere con
risolutezza”...(sto usando quello stesso linguaggio utilizzato in quei contesti
proprio per essere ancora più chiaro ed esaustivo…)Tornando a noi, quella del
minor reddito complessivo femminile rispetto a quello maschile, è un’ altra
delle grandi operazioni di mistificazione in corso da tempo (come quella sulla
mano omicida degli uomini come prima causa di morte per le donne: 140 donne
uccise in media ogni anno in Italia di cui il 20% per mano femminile, e circa
20.000 stroncate dal cancro…Nonostante l’evidenza sono arrivati a sostenere
simili menzogne…) Il fatto che le donne guadagnino complessivamente meno degli
uomini non è dovuto a discriminazione (sfido chiunque a portarmi un contratto
di lavoro in cui a parità di qualifica e mansioni una donna guadagni meno di un
uomo…)ma ad una serie di fattori: 1) la maternità 2) una gran parte opta per
lavori meno impegnativi e con un minor orario e carico di lavoro (scuola e
pubblica amministrazione 3) molte scelgono di lavorare part time e lasciano al
marito il compito (e l’onere) di portare a casa la fetta maggiore di reddito,
di cui comunque godono a loro volta i frutti, anche e soprattutto nel caso di
separazione o divorzio… Il calcolo del reddito femminile è una delle operazioni
più ipocrite, paragonabile a quelle sul PIL dei vari paesi. E’ ovvio che, sulla
base delle considerazioni testè svolte, se mettiamo sulla bilancia il monte ore
di lavoro complessivo delle donne e quello maschile, il reddito delle prime
sarà minore di quello dei secondi…Ciò detto, nessuno disconosce che, ai più
alti livelli (banche , finanza, industria ecc.) siano gli uomini (alcuni
uomini, una esigua minoranza) ad occupare in maggioranza i posti più remunerati
(e di più alta responsabilità). Ma questo è il risultato di un processo storico,
sociale, culturale e antropologico estremamente complesso che rimanda alla
divisione sociale dei compiti, dei ruoli e delle funzioni che nel corso dei
millenni è andato costruendosi fra i generi e che non può essere ridotto (a
meno di non voler essere banali) a questo banale paragone fatto col “bilancino”
del dare avere, destoricizzato e decontestualizzato, come viene invece fatto
dalla vulgata dominante corrente e “politically correct”.A fronte dei privilegi
maschili (fra cui, ricordiamolo, anche quelli di crepare in miniera o in
trincea o su una nave che affonda in pieno oceano) quali sono stati e quali
sono tuttora i privilegi femminili? Ne vogliamo parlare? Quando volete, sono a
disposizione di tutti e mi farebbe molto, molto piacere.
Sulla questione dell’eguaglianza e del riferimento a Tocqueville. Ci siamo
occupati molto di questo tema sul nostro sito. E’ stata fatta negli ultimi
decenni, molta confusione su questo punto. Il concetto di eguaglianza è stato
artificiosamente sovrapposto con quello di omogeneizzazione e massificazione,
tipici della cultura dominante di quello che un acuto e non omologato pensatore
di nome Costanzo Preve, definisce come “capitalismo assoluto”. Noi non pensiamo
affatto che maschi e femmine siano eguali, nel senso di uniformi. Siamo altresì
convinti che i due generi siano ontologicamente differenti. E’ ovvio (come
spieghiamo in un articolo del sito dal titolo “Natura e cultura”) che non ha
senso separare completamente natura e cultura. Gli esseri umani sono appunto esseri
sia naturali che culturali, e sono il risultato di questo complesso processo
evolutivo che vede i due fattori compenetrarsi vicendevolmente (la vulgata di
destra ritiene che la natura umana sia immodificabile, quella di sinistra, al
contrario, ritiene che tutto possa essere modificato in seguito ad operazioni
di ingegneria sociale).Noi riteniamo invece che gli uomini e le donne debbano
riconoscersi reciprocamente nelle loro rispettive diversità e peculiarità, cosa
che oggi non avviene perché il genere maschile è stato ed è costantemente
colpevolizzato e criminalizzato. Una operazione mascherata come “progressista”,
di “sinistra” e “politicamente corretta”, ma in realtà profondamente
qualunquista, interclassista, sessista e razzista. Il contrario insomma di ciò
che dovrebbe essere la
Sinistra (senza virgolette e con la S maiuscola).Naturalmente il
discorso sarebbe ed è lunghissimo e sono stato fin troppo prolisso per un post
su face book. Però rivolgo un appello a Carlo e agli altri amici e amiche di
questa lista. Vogliamo approfondire la questione? Ne vogliamo parlare dal vivo
e con più tempo e calma? Siamo consapevoli che l’argomento è tabù, sia a destra
che soprattutto a sinistra (alla quale apparteniamo, senza dogmi né steccati, e
credo che proprio quanto stiamo affermando lo dimostri…), dove siamo
considerati alla stessa stregua dei “socialfascisti” al tempo dello stalinismo
o di negazionisti dell’Olocausto. Devo purtroppo ammettere che a “sinistra”,
l’integralismo e la rigidità ideologica sono tuttora molto più potenti e
radicati che non a destra (credo). Proprio questo tema lo dimostra. A sinistra
è crollato tutto quello che poteva crollare eppure se si prova anche solo ad
avanzare una critica al femminismo (e a come si è evoluto) scattano i fili dell’alta
tensione. Come mai? Cosa c’è dietro a questa riluttanza (è dir poco…) a voler
mettere mano alla questione?...Io qualche idea ce l’ho ma mi fermo qui…Grazie e
scusatemi ancora per la lunghezza ma se siete nella lista di Carlo Gambescia
siete sicuramente in grado di “reggere” queste mie modestissime e forse noiose
riflessioni.
P. S. Vi invito a leggere alcuni articoli
del sito, in particolare il Manifesto del Movimento, dal titolo “Il Movimento
Beta”, a mia firma, e “L’emergere storico della Questione Maschile”, a firma di
Rino Della Vecchia, entrambi sulla homepage)
Fabrizio Marchi
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Caro Fabrizio,
un piccolo appunto. Non si risponde, diciamo così, ad una “Allocuzione” ( il
mio post di ieri, circa tremila battute) con una “Enciclica" (il tuo
commento, circa diecimila battute). Bisogna battersi ad armi pari: a tremila
battute si risponde con tremila battute. Altrimenti, io che dovrei fare?
Rispondere con una doppia Enciclica? O addirittura scrivere un libro sugli
Uomini Beta? Del resto anche tu scrivi di mestiere e sai benissimo quali sono
le regole del gioco. Tuttavia è proprio l’impetuosa lunghezza del tuo testo a
denunciare un atteggiamento intellettuale - scusami - che a me non piace:
quello della guerra culturale, del colpo su colpo… Che, di regola, non porta da
nessuna parte. Come ben spiega, se condotta all’estremo, la nullificante
retorica delle opposte statistiche ( e quindi nel "mucchio" mi ci
infilo anch'io...). Però la sociologia politica, pur servendosi delle cifre,
insegna che Auctoritas, non veritas facit
legem…
E qui vengo al punto. La questione fondamentale è quella del principio
organizzatore. Ora, in una società come la nostra che venera l’eguaglianza,
riconoscendone l’ Auctoritas,
a prescindere dalla sua Veritas,
come è possibile opporsi ad essa rimanendo al suo interno? Tocqueville,
suggeriva l’associazionismo, come forma di temperamento dell’ eguaglianza e
dell’ individualismo dei moderni. Un rimedio che forse poteva funzionare
nell’Ottocento, ma che nella nostra società tardo sensistica, praticamente
disintegrata, implica quasi automaticamente - parlo sempre dell’associazionismo
- la guerra per bande, come prova la nascita di movimenti intellettuali
fortemente conflittuali (io li chiamo "antisti") come il tuo, e di
altri movimenti, altrettanto duri, che vi si oppongono.
Il problema, purtroppo, non è quello di una diversa declinazione del concetto
di eguaglianza (che ha due sole varietà, soprattutto sul piano applicativo:
formale e sostanziale), ma di dove trovare un altro principio organizzatore. E
soprattutto di come imporlo.
Perciò caro Fabrizio la rivoluzione non potrà non essere totale. Ma chi ci
assicura che dopo staremo tutti ( uomini e donne) meglio?
Carlo Gambescia
Ecco la contro-contro-replica di Fabrizio
Marchi.
Caro
Carlo,
mi scuso ancora per la lunghezza, non voleva
assolutamente essere una forma di scortesia nè tanto meno di scorrettezza nei
tuoi confronti. Ci mancherebbe altro...Purtroppo la sintesi non è il mio forte
e la passionalità con cui ...porto avanti le mie idee mi porta talvolta
involontariamente a debordare...Sono certo che hai compreso perfettamente quale
fosse il mio spirito. In realtà non c’era nessuna polemica nelle mie parole, ho
solo preso spunto dalle tue considerazioni, sempre estremamente interessanti,
puntuali e mai scontate (anche in quei casi in cui non le si condividono), per
sostenere le mie ragioni. Diciamo che ho approfittato per prendermi un po’ di
spazio…Un peccato veniale che certamente mi perdonerai perché tu per primo sai
quanto sia difficile portare avanti argomenti che cozzano con il cosiddetto
“pensiero unico dominante” (in qualsiasi ambito e su qualsiasi materia…).Ciò
detto, ti ringrazio moltissimo per lo spazio, la considerazione e la stima
(assolutamente reciproca) che hai nei miei e nei nostri confronti. Ribadisco
che, avendone tempo e voglia, si potrebbe organizzare un incontro su questo
tema che io considero “strutturale”, come ben sai. Non sono necessarie
iniziative ufficiali (convegni, conferenze ecc.). Anzi, credo che sia opportuno
che innanzi tutto gli uomini si incontrino ufficiosamente per discutere di
queste problematiche che li riguardano molto da vicino e che invece normalmente
tendono a rimuovere (spiego le ragioni di questa rimozione sul sito http://www.uominibeta.org/ nell’articolo a mia
firma dal titolo “Ciò che paralizza gli uomini”,proprio sulla homepage).Mi
metto naturalmente a disposizione per l’eventuale organizzazione di questo incontro
informale e ufficioso. Naturalmente chiunque volesse mettersi in contatto con
noi può farlo scrivendo alla posta del sito.Grazie ancora per tutto. Un
sentito, sincero e affettuoso abbraccio a te e agli altri amici e amiche della
tua lista!
Fabrizio Marchi
Caro Fabrizio,
grazie, prendo nota di tutto. Benché - e ti
prego di apprezzare la sincerità - io sia piuttosto pessimista sugli esiti di
eventuali incontri pubblici o parapubblici.
Carlo Gambescia
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