Quanti e quali "segreti" può nascondere
un "segretario"? Dipende. E da cosa? Da quanto conta il
“segretario”. E soprattutto dal "capo" a
cui il "segretario" è subordinato. E qui -
parliamo del "capo" - ci potremmo trovare, di volta in
volta, davanti a un uomo, un mezzo uomo,
un quaquaraquà, per dirla con Sciascia. Il che però rinvia al
“segreto” stesso e al suo depositario principale, furbo o stupido che
sia, proprio come in un’operazione di giroconto… Vi gira la testa? Mah... Lasciamo a Carlo
Pompei il compito di sbrogliare la matassa. Buona lettura. (C.G.)
Amnesie italiane
Segretari, segretarie e segreti
di Carlo Pompei
La lingua italiana è affascinante: meravigliosa e pericolosa
al tempo stesso. Soprattutto per il fatto che contiene parole semplici o
composte derivanti dal Latino o dal Greco. Per introdurre il discorso, nel
titolo, abbiamo inserito tre sostantivi – o, a meglio vedere, due aggettivi
sostantivati ed un sostantivo – i quali, in contesti differenti, possono
significare cose dissimili tra loro.
Partiamo dai Segretari (quelli con la S maiuscola). Generalmente, in
questo caso, la parola sta a rappresentare il capo supremo di un partito
politico. Sopra di lui vi sarebbe soltanto il Presidente, ma, di solito,
questa, è una carica di rappresentanza, più che di potere vero e proprio,
quindi più che un superiore effettivo si tratta di un “primus inter pares”.
Altri esempi di “primo tra uguali” sono il Primo ministro (o Premier) e i Presidenti
di Camera e Senato, anche se queste ultime due cariche istituzionali hanno
anche funzioni “super partes”. Diverso è il discorso che riguarda il Presidente
della Repubblica che è considerato e deve autoconsiderarsi sempre “super
partes”, cioè non superiore a tutti, ma al di sopra delle parti. Non è sempre
così, ma questo diventa un altro discorso. Torniamo al nostro.
A seguire, quindi, abbiamo le segretarie (con la s
minuscola) che sono quelle signore o signorine che possono essere temute dai
colleghi, ma che, generalmente, sono trattate abbastanza male dal capo, il
quale le ritiene una sorta di propria estensione fisica (quando sono brutte) o
altro (quando sono belle). Alcune segretarie particolarmente belle, a volte, si
dilettano in innocenti gare di “Burlesque”.
E poi ci sono i segreti.
Ci sono quelli “d’ufficio” richiesti da un magistrato in
riferimento a particolari atti di un’indagine in corso: atti “secretati”
(appare una C al posto della G) nella fase preliminare del processo curata dal
GIP che precede un proscioglimento anticipato o un rinvio a giudizio.
Ci sono quelli “di partito” dei quali sono a conoscenza
soltanto i predetti Segretari e una ristretta cerchia (o cerchio magico) di
persone.
Ci sono quelli “dell’ufficio” che vanno dal pettegolezzo
sulle cornificazioni incrociate tra colleghi a quelli “industriali” su brevetti
o listini prezzi da non divulgare (vedere “insider trading” e “aggiottaggio”).
Ma ce ne è anche un quarto tipo: è il presunto “segreto
professionale” che le segretarie dovrebbero mantenere per coprire un’eventuale
disonestà del proprio capo. Non si tratta di professionalità: si chiama
connivenza, cioè l’assistere inerte ad un’azione criminosa.
Talvolta la connivenza può trasformarsi in “concorso” morale
o addirittura materiale. È previsto il carcere per tutti i casi descritti, nel
caso di mancato rispetto delle regole che, di volta in volta, obbligano a
mantenere celato o a svelare il segreto in questione.
Sembra che in Italia lo abbiano dimenticato in molti.
Carlo Pompei
Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena
nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a
disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura,
illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.
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