martedì 3 giugno 2008

L'Onu, la Chiesa, l'Italia e il reato di immigrazione clandestina



Le critiche dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Louise Arbour e del Vaticano a proposito della politica del governo italiano nei confronti degli immigrati clandestini pongono alcuni seri problemi (http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/cronaca/sicurezza-politica-6/vaticano-2giu/vaticano-2giu.html).
Personalmente siamo contrari all’introduzione di questo reato. Si tratta di un provvedimento moralmente e giuridicamente improprio. Ci appare come una legittimazione dell’ “eccesso di legittima difesa” (dall’immigrazione). Inoltre si tratta di una misura, come alcuni osservatori sostengono, che servirebbe solo a riempire prigioni, già affollate e invivibili.
Però al tempo stesso ci infastidiscono le intromissioni esterne, soprattutto internazionali. Non tanto quella della Chiesa Cattolica: “potenza spirituale” che non dispone di alcun esercito. E che dunque ha tutto il diritto di perorare "culturalmente" certe cause, tra l’altro giuste come questa. Ben diversa è la posizione dell’Onu, che invece dispone di forze armate. E che soprattutto riflette uno schieramento di forze, rivolto ad azzerare, in nome di un pericoloso universalismo politico, sociale ed economico, oggi, blandamente, a guida statunitense - domani chissà - ogni sovranità particolare.
Non amiamo i nazionalismi. Ma al tempo stesso non ci piacciono gli universalismi armati , anche quelli fondati sui cosiddetti "buoni principi". Basati sulla visione di un supergoverno mondiale dei "buoni", con compiti di polizia universale. E, di regola, per arrestare quei "cattivi", di volta in volta, scelti con grande cura...
In realtà, come la storia insegna, si tratta di un universalismo volto a coprire ben altri, e concreti, interessi politici ed economici. In questo caso, probabilmente dipendenti da un sistema capitalistico, per ora a guida americana, che punta per ragioni legate alla volontà di fruire di flussi di manodopera a basso costo, a una liberalizzazione dei flussi migratori. Ovviamente non negli Stati Uniti, ma nel resto del mondo. E soprattutto nella rivale Europa, perché - ecco affacciarsi anche un movente politico - un’Europa “sovraffollata” e con le mani legate sulle questioni interne, come la gestione sovrana dell’immigrazione - potrebbe rappresentare un avversario molto più malleabile…
La nostra è solo un’ipotesi.
Resta però il fatto che l’introduzione del reato di immigrazione clandestina è moralmente deprecabile, oltre che giuridicamente discutibile (ad esempio alla luce dei principi costituzionali italiani). Insomma siamo davanti al classico dilemma tra etica dei principi ed etica della responsabilità. Oppure, se si preferisce, all'eterno ritorno delle leggi del Politico.

Dal momento che ciclicamente la politica può imporre, in nome del male minore (in questo caso la difesa della sovranità nazionale dagli eccessi  della globalizzazione), scelte moralmente difficili, se non addirittura deprecabili, proprio in nome dell'etica della responsabiltà. O no?

Carlo Gambescia 

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