Blairsarkozysmo?
Vedere Blair e Sarkozy che si autocelebrano davanti a una
folla entusiasta di grandi elettori del neopresidente francese, ha un valore
altamente simbolico. Quello di sancire in modo definitivo la fine di ogni
discrimine tra destra e sinistra, in nome però del moderarismo centrista più
vieto.
Praticamente Blair e Sarkozy sostengono lo stesso programma politico, ben condensato nello slogan neoliberista "Meno Stato Più Mercato". Si tratta di un tema che abbiamo già affrontato nel post del 30-8-2007. E sul quale è comunque interessante ritornare. In particolare alla luce di una significativa affermazione blairiana.
Secondo l’ex premier laburista britannico, “la differenza non è più fra destra e sinistra, ma fra passato e futuro” ( http://www.corrieredellasera.it/ ). Il che, considerata l’autorevolezza del personaggio e la sede dell' esternazione, rappresenta la vera consacrazione di un processo politico di unificazione tra destra e sinistra, soprattutto sotto il profilo di una comune gestione del fattore tempo, iniziato un quarto secolo fa. Ma procediamo per gradi.
La dicotomia conservazione/progresso risale storicamente e politicamente al 1789 (e filosoficamente al Secolo dei Lumi). Dicotomia, che fino alle “rivoluzioni” neoliberiste degli anni Ottanta del Novecento, è rimasta saldamente ancorata al discrimine destra/sinistra, come poi chiariremo meglio. Ma con l’avvento del neoliberismo tutto è improvvisamente mutato. Grazie a martellanti campagne politiche, accademiche e mediatiche, ovviamente legate a precisi interessi capitalistici e in corso ormai da un quarto di secolo, i neoliberisti sono riusciti a far passare prima a destra e poi a sinistra, l’idea che il nostro futuro, soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, non potrà non essere inequivocabilmente segnato dal maestoso trionfo della più totale libertà di mercato. E qui si intuisce meglio il senso dello slogan “Meno Stato Più Mercato” citato all’inizio. Che riassume e designa nell’individualismo economico puro e semplice, alcuni dicono “selvaggio”, il vero motore di ogni futura "civiltà" trasformata in un mercato globale. Dove a dettare la linea, sarà la rapidità - ecco il punto “temporale” - di esecuzione dei processi economici, che proprio perché basati sulla ricerca di redditività futura, procederanno sempre più velocemente lungo un percorso temporale di tipo progressivo e unilineare. E dove lo Stato, stando sempre ai teorici neoliberisti, con il suo lento incedere, non potrà non rappresentare, in termini di rapidità delle scelte economiche, soltanto un inutile fardello.
Praticamente Blair e Sarkozy sostengono lo stesso programma politico, ben condensato nello slogan neoliberista "Meno Stato Più Mercato". Si tratta di un tema che abbiamo già affrontato nel post del 30-8-2007. E sul quale è comunque interessante ritornare. In particolare alla luce di una significativa affermazione blairiana.
Secondo l’ex premier laburista britannico, “la differenza non è più fra destra e sinistra, ma fra passato e futuro” ( http://www.corrieredellasera.it/ ). Il che, considerata l’autorevolezza del personaggio e la sede dell' esternazione, rappresenta la vera consacrazione di un processo politico di unificazione tra destra e sinistra, soprattutto sotto il profilo di una comune gestione del fattore tempo, iniziato un quarto secolo fa. Ma procediamo per gradi.
La dicotomia conservazione/progresso risale storicamente e politicamente al 1789 (e filosoficamente al Secolo dei Lumi). Dicotomia, che fino alle “rivoluzioni” neoliberiste degli anni Ottanta del Novecento, è rimasta saldamente ancorata al discrimine destra/sinistra, come poi chiariremo meglio. Ma con l’avvento del neoliberismo tutto è improvvisamente mutato. Grazie a martellanti campagne politiche, accademiche e mediatiche, ovviamente legate a precisi interessi capitalistici e in corso ormai da un quarto di secolo, i neoliberisti sono riusciti a far passare prima a destra e poi a sinistra, l’idea che il nostro futuro, soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, non potrà non essere inequivocabilmente segnato dal maestoso trionfo della più totale libertà di mercato. E qui si intuisce meglio il senso dello slogan “Meno Stato Più Mercato” citato all’inizio. Che riassume e designa nell’individualismo economico puro e semplice, alcuni dicono “selvaggio”, il vero motore di ogni futura "civiltà" trasformata in un mercato globale. Dove a dettare la linea, sarà la rapidità - ecco il punto “temporale” - di esecuzione dei processi economici, che proprio perché basati sulla ricerca di redditività futura, procederanno sempre più velocemente lungo un percorso temporale di tipo progressivo e unilineare. E dove lo Stato, stando sempre ai teorici neoliberisti, con il suo lento incedere, non potrà non rappresentare, in termini di rapidità delle scelte economiche, soltanto un inutile fardello.
Ora, almeno a nostro avviso, è un fatto assai pericoloso,
che in una società come quella occidentale, abituata culturalmente da alcuni
secoli a guardare solo avanti, qualcuno s’impadronisca politicamente e
“monopolisticamente” dell’ idea di futuro. Per due ragioni.
In primo luogo, perché il “monopolista politico” del futuro, può mettere fuori gioco l’avversario in qualsiasi momento, definendolo nemico della storia (accusa gravissima in Occidente), di cui solo lui, il monopolista, conoscerebbe il progressivo e radioso cammino.
In secondo luogo, perché il “monopolista politico” del futuro, può far passare per “progressista” tutto ciò che lui ritenga "progressista" e per "conservatore" anche la più innocua forma di dissenso. E così isolare i contestatori accusandoli di passatismo (altra accusa gravissima in Occidente).
Si tratta perciò di un' arma assai più potente di quella rappresentata dal precedente discrimine tra destra e sinistra. Con ciò non sosteniamo che l'universo politico segnato da una destra e sinistra l’una contro l’altra armate, debba essere giudicato il migliore dei mondi possibili. Ma soltanto asserire che sulla base di quella divisione, almeno si ammetteva il confronto fra due rappresentazioni socio-politiche del tempo: una legata al passato (destra), una al futuro (sinistra). Si era in presenza, diciamo così, di un duopolio politico della temporalità. E non di un monopolio...
Pertanto risulta altrettanto evidente il valore simbolico del fatto che Sarkozy e i suoi abbiano condiviso entusiasticamente le dichiarazioni di Blair sulla celebrazione del futuro come unico fattore politico discriminante. Ecco allora il fatto nuovo: un’alleanza basata sul monopolio destra-sinistra del futuro. E ufficialmente sancita dalla seguente affermazione di Sarkozy: “Per un socialista così c’è sempre posto nel governo francese”. E questo in Francia, una nazione dalle forti tradizioni statuali e politiche...
Ora, chiunque appartenga alla destra e alla sinistra radicali, ha sicuramente il diritto di accusare Blair e Sarkozy di tradimento (per Blair del resto non è neppure una novità...). Ma purtroppo la forza del blairsarkozysmo è nella debolezza dei suoi avversari, oggi più divisi di ieri. Ci riferiamo, appunto, alle forze radicali che al monopolio del futuro continuano a opporre, come panacea, il duopolio legato rispettivamente al Passato della Tradizione, più o meno autoritario (destra) o al Futuro Comunista, più o meno monolitico (sinistra). Mentre si dovrebbe offrire una politica "comune", al di là di inutili steccati duopolistici, ma fondata - ecco il punto - su una visione pluralista del tempo, capace di mescolare le più diverse forme di temporalità sociale e politica. O comunque, se ci passa la semplificazione, almeno di favorire una gestione oligopolistica del tempo.
In primo luogo, perché il “monopolista politico” del futuro, può mettere fuori gioco l’avversario in qualsiasi momento, definendolo nemico della storia (accusa gravissima in Occidente), di cui solo lui, il monopolista, conoscerebbe il progressivo e radioso cammino.
In secondo luogo, perché il “monopolista politico” del futuro, può far passare per “progressista” tutto ciò che lui ritenga "progressista" e per "conservatore" anche la più innocua forma di dissenso. E così isolare i contestatori accusandoli di passatismo (altra accusa gravissima in Occidente).
Si tratta perciò di un' arma assai più potente di quella rappresentata dal precedente discrimine tra destra e sinistra. Con ciò non sosteniamo che l'universo politico segnato da una destra e sinistra l’una contro l’altra armate, debba essere giudicato il migliore dei mondi possibili. Ma soltanto asserire che sulla base di quella divisione, almeno si ammetteva il confronto fra due rappresentazioni socio-politiche del tempo: una legata al passato (destra), una al futuro (sinistra). Si era in presenza, diciamo così, di un duopolio politico della temporalità. E non di un monopolio...
Pertanto risulta altrettanto evidente il valore simbolico del fatto che Sarkozy e i suoi abbiano condiviso entusiasticamente le dichiarazioni di Blair sulla celebrazione del futuro come unico fattore politico discriminante. Ecco allora il fatto nuovo: un’alleanza basata sul monopolio destra-sinistra del futuro. E ufficialmente sancita dalla seguente affermazione di Sarkozy: “Per un socialista così c’è sempre posto nel governo francese”. E questo in Francia, una nazione dalle forti tradizioni statuali e politiche...
Ora, chiunque appartenga alla destra e alla sinistra radicali, ha sicuramente il diritto di accusare Blair e Sarkozy di tradimento (per Blair del resto non è neppure una novità...). Ma purtroppo la forza del blairsarkozysmo è nella debolezza dei suoi avversari, oggi più divisi di ieri. Ci riferiamo, appunto, alle forze radicali che al monopolio del futuro continuano a opporre, come panacea, il duopolio legato rispettivamente al Passato della Tradizione, più o meno autoritario (destra) o al Futuro Comunista, più o meno monolitico (sinistra). Mentre si dovrebbe offrire una politica "comune", al di là di inutili steccati duopolistici, ma fondata - ecco il punto - su una visione pluralista del tempo, capace di mescolare le più diverse forme di temporalità sociale e politica. O comunque, se ci passa la semplificazione, almeno di favorire una gestione oligopolistica del tempo.
Insomma qui non si tratta, come suggerì qualche anno fa
l'archeofuturista Guillaume Faye, di ricondurre plasticamente il meglio del
nostro futuro nel nostro passato. Ma di fuoriuscire dalla dicotomia
passato-futuro, implicitamente accettata da Faye. Puntando su nuove soluzione
per contrastare il futurismo monopolistico e politico destra-sinistra, basato
soltanto sul mercato. Ragionando soprattutto di come tradurre le auspicabili
"scoperte" legate alla pluritemporalità in esperimenti politici e sociali,
capaci di coinvolgere attivamente le persone, valorizzando fin dove possibile
la democrazia diretta.
Tuttavia, onestamente, ci sentiamo inadeguati, per
formazione e sensibilità, a fornire risposte più chiare in argomento, che non
siano puramente frutto di ipotesi personali.
Pur nella consapevolezza che qualcosa si debba fare.
Diciamo che ci siamo limitati a porre un problema. E che problema...
Carlo Gambescia
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