Chi scrive e studia da anni ha antenne sensibili. Anche se al punto in cui siamo, che vede i fascisti, o comunque qualcosa che somiglia molto, al governo, asserire che ” sono ritornati” è una specie di segreto di Pulcinella.
In realtà sono fascisti particolari che in pubblico non parlano mai di fascismo. Che praticano una sorta di afascismo, che permette loro, di spaziare, senza far capire l’appartenenza di certe idee, pescate nella riserva per trote della cultura della tentazione fascista: tradizionalismo, confessionalismo, antiprogressismo, antisocialismo, familismo e comunitarismo, statalismo pedagogico e nazionalismo.
E in questa sottile operazione Giorgia Meloni gode del sostegno della Rai, di Mediaset, della stampa più o meno organica alla destra, nonché delle grandi agenzie di stampa. Adnkronos e Agi sono normalizzate o quasi da tempo, Ansa, sulla buona strada.
Il meccanismo è semplice: la normalità comunicativa. Che, come ben sanno i tecnici, è fatta di omissioni e reticenze.
Ad esempio, oggi, sfogliando le pagine Ansa si scopre un articolo, che apparentemente sembra sminuire la battuta di Gorgia Meloni sulla “sinistra al caviale”, dai portafogli pieni, lontana dai lavoratori (*).
Il pezzo va lodevolmente indietro di cento anni, parla dei “socialisti allo champagne”, secondo una classica definizione che risale alla fine dell’Ottocento. Però – ecco l’afascismo Ansa in sintonia con le piroette di Fratelli d’Italia – non c’è alcun accenno alla pesantissima deriva fascista del termine.
L’articolo non dice nulla su chi amplificò, a livello di regime, l’odio antisocialista dei reazionari (in primis le correnti nazionaliste e antisemite) di inizio Novecento. Un livore diffuso che aveva trovato terreno fertile anche tra gli stessi socialisti e sindacalisti rivoluzionari, che sensibili alle idee prefasciste di Sorel, scorgevano, come il “socialista” Mussolini, nei riformisti solo dei bevitori di champagne. Un odio, sia detto per inciso, che collega la fase socialista con quella fascista del futuro “duce”, in nome del disprezzo quasi fobico per ogni forma di riformismo di tipo umanitario.
Cioè, che andava chiarito? Che si comincia con lo champagne e si finisce con l’olio di ricino. E invece Ansa ha taciuto. O se si preferisce, omesso. E qui bene ha fatto la Schlein, nel botta e riposta con la Meloni, a parlare di una specialità a quei tempi molto richiesta nelle farmacie. E di cui facevano le spese gli stessi farmacisti non allineati.
In quel “sinistra al caviale” cova un odio atavico, prima capitalizzato dal fascismo, poi da Giorgia Meloni.
Va anche detto che le ultime generazioni nulla sanno dell’olio di ricino che gli squadristi, dopo il manganello, somministravano agli oppositori. Una goliardata, secondo alcuni benevoli storici. Alla quale però si accompagnavano regolarmente omicidi politici, gravi ferimenti, distruzioni di sedi politiche, sindacali e di giornali. L’olio di ricino evoca la sconfitta della ragione.
Pertanto le parole della Schlein rischiano di cadere nel vuoto. Dal
momento che la gente comune, soprattutto dove prevale la cultura del
risentimento verso la ricchezza, vede attori, registi e intellettuali
votare la sinistra. Il fatto poi, che l’attore “di sinistra” si spenda
per i migranti, è addirittura giudicato un fattore aggravante,
perché, come spesso si legge, le star di Cinecittà e Hollywood
dovrebbero occuparsi “prima” degli italiani, degli americani, eccetera.
Cioè l’umanesimo, come nell’antisocialismo mussoliniano, diventa una colpa. Un danno per la nazione, che ogni vero patriota deve amare come se stesso, eccetera, eccetera.
Inoltre, come detto, si fa sempre più sfumato se non inesistente il ricordo della violenza fascista che accompagnava la “bevuta” di olio di ricino, obbligatoria per il disgraziato oppositore. Tra l’altro, non era una goliardata. Dietro vi era la volontà di umiliare l’avversario politico, costringendolo a calarsi i pantaloni…
Riassumendo, Ansa che sposa la strategia meloniana dell’ afascismo, Schlein, che reagisce, però dice le cose e metà, come del resto tutta la sinistra quando riserva l’epiteto di fascista solo per Trump e Musk, ignorando che le radici del fascismo sono in Italia.
Sicché l’evocazione di una “sinistra al caviale” lascia il segno, mentre quella – mettiamo – di “destra all’ olio di ricino”, suona, quando qualcuno ricorda, come un residuato bellico. Oppure, proprio ad essere severi, la si liquida come una simpatica goliardata dei Giamburrasca fascisti.
Sarà durissimo mandare a casa questa gente.
Carlo Gambescia
(*) Si legga qui: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2024/11/08/dal-caviale-al-rolex100-anni-di-ironia-verso-la-sinistra_88b23ca2-a24b-4524-b5f3-909bfa85821f.html .
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