Dai "Protocolli dei savi di Sion" a "Mafia
Capitale"
La botta di razionalità della
Cassazione
In un’Italia normale la sentenza della
Cassazione che smentisce l’impostazione politica di “Mafia Capitale (“associazioni
a delinquere ma non mafiose”) non
sarebbe ragione di scandalo.
Ma l’Italia paese normale non è. Anzi lo è ma troppo. E in altro senso.
Intanto, a proposito degli "scandalizzati", parliamo
dello stesso mondo, politicamente allucinato, che vuole
mettere le manette agli evasori fiscali
e che scorge complotti politici ovunque, E che mai soddisfatto, sottoscrive e rilancia, quotidiamente, la retorica populista dell' "abbasso le poltrone".
In
realtà, la gente comune, che già tende
di proprio al romanzesco, al mitopoietico ma spicciolo, finisce sempre per credere in tutto questo. O non credervi del tutto,
rifiutando però qualsiasi forma di fiducia verso la razionalità politica. Di qui il famigerato “sono tutti uguali”. Salvo credere, in ultima istanza, come bambini, nel “salvatore della patria”: in colui che metterà le cose a posto facendo prevalere i buoni sui cattivi. Semplificando:
la gente comune aspira al lieto fine, all’arrivo del principe sul cavallo
bianco.
Questa, purtroppo, è la normalità a livello di psicologia collettiva. Non è quindi una cosa soltanto italiana. Si chiama antropologia sociale.
Sotto
questo profilo, la modernità ha introdotto in politica, ingaggiando una gigantesca sfida contro la banalità di un male collettivo chiamato stupidità, la
razionalità fondata sul libero senso di discernimento dell’uomo. Altrimenti
detto: sulla capacità umana, che pure esiste, di intendere e di volere.
Non
facendo però i conti con certi gravi aspetti della natura
sociale dell’ uomo. Quali? Uno in particolare: per il principio del minimo sforzo intellettuale, la maggior parte degli uomini tende ad accettare spiegazioni mitologiche, prive di fondamento
reale, ma sbrigative, alla portata di tutti e per questo credute. In fondo, l'uomo al capire preferisce il credere. E più è grossa, più sembra vera.
Si
è puntato allora sull’istruzione come “aiutino”. Con risultati non molto felici, come prova
oggi la potente mitologia politica che
anima le tesi ambientaliste ed ecologiste.
Purtroppo, sembra non esservi rimedio al senso del romanzesco che anima l’uomo comune. Attenzione però: in arte e letteratura, per gli spiriti
elevati, in alto insomma, la formula mitopoietica
è un importante fattore creativo, In
basso invece, nella società di massa, è fonte di confuse pseudo-certezze politiche. Purtroppo, tra le
due realtà non c’è ponte. L'intelletto, come la carne, è debole.
Ancora
peggio, come il Novecento totalitario ha ben mostrato, quando si sfrutta politicamente il senso del
romanzesco. Cosa che andrebbe accuratamente evitata.
Una buona élite politica, proprio perché consapevole della pericolosità
del lato mitologico, dovrebbe attutire, attenuare, smorzare, non
intensificare, inasprire, esasperare.
E
invece esiste addirittura una letteratura politico-sociale di tipo mitopoietico che va
dai Protocolli dei "savi anziani" di Sion ai libri
di Travaglio e Gomez, passando per il complottismo anticapitalista. Usata per giunta ai piani alti della politica. Da Hitler a Grillo.
Esageriamo? Certo, il collegamento - pensiamo ai nomi sopra - può sembrare eccessivo. Ma, sociologicamente
parlando, alle origini del mitema “Mafia Capitale” c’è il fattore collettivo del
romanzesco politico sulla mafia. E qui si consideri l'indotto mediatico, televisivo, cinematografico e digitale in argomento. Un mondo parallelo popolato di fantasiosi esseri mitologici, metà uomini, metà camorristi e mafiosi. Chimere ideologiche usate politicamente in chiave di persuasione collettiva. Inutile ricordare la nefasta politica a colpi di tweet e i suoi effetti di ricaduta sull' universo mitopoietico dei social: un vero e proprio giardino di infanzia, dove si strepita, si piange, si fanno i capricci, si crede nelle fate e nelle streghe.
Carlo Gambescia