ai tempi di Benedetto XVI
(con una "nota aggiuntiva" di
Roberto Buffagni )
di Carlo Gambescia
Non siamo vaticanisti di professione e non conosciamo a
fondo i problemi della Chiesa Cattolica ai tempi di Benedetto XVI . Pertanto ci
limiteremo a una sola osservazione, frutto di certo nostro "impressionismo
sociologico", piuttosto che di un' analisi ricostruttiva e fattuale . E ad
alcune (azzardate) conclusioni.
La sensazione è questa. Crediamo, che l’attuale Chiesa a più voci, per usare un eufemismo, sia frutto di una debolezza costitutiva del suo timoniere. Ci spieghiamo meglio.
Benedetto XVI è essenzialmente uno studioso: un uomo di penna e non di azione. Di qui le sue titubanze nei riguardi della disciplina interna e delle questioni organizzative e quel concentrarsi sulle questioni squisitamente teologiche, spesso secondo modalità “alte”, se non “altissime”.
Si tratta però di un fattore "umano" - ecco il punto - con effetti di ricaduta sociologica. Perché determina ( o quantomeno condiziona fortemente) una situazione che vede le forze centrifughe avere la meglio su quelle centripete, nell’ambito di quella dinamica sociologica tra centro e periferia che segna ogni istituzione, secondo la grande lezione di Edward Shils (cfr. qui: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/11/il-libro-della-settimana-edward-shils.html ). E che, come sostengono alcuni storici della Chiesa, si sarebbe accentuata (in chiave centrifuga) negli ultimi anni del pontificato di Papa Giovanni Paolo II: un grande accentratore e organizzatore, ma non nell’ ultimo quinquennio del suo pontificato, a causa del progressivo peggioramento dello stato di salute.
Di conseguenza, è nostra nostra impressione (di studiosi) chela Chiesa Cattolica
da almeno dieci anni (e come fedeli non dovremmo dirlo), sia priva di un
timoniere in grado di guidarla sotto il profilo organizzativo e “politico”. Dal
momento che ogni presa di posizione teologica e pastorale, come è sotto gli
occhi di tutti, invece di risolversi, all'interno della gerarchia, in pacate e
fisiologiche prese d'atto per il bene dell'istituzione, scatena patologiche
discussioni, che non fanno bene a nessuno: alte gerarchie, medio e basso clero,
fedeli.
Di qui il nostro diverso giudizio su quello che certo mondo laico definisce lo strapotere della Chiesa Cattolica. Infatti riteniamo che certe prese di posizione del Papa siano segno di debolezza istituzionale e non di forza. E che siano rivolte all’interno piuttosto che all’esterno: un invito a serrare i ranghi, al quale il Papa-teologo, ma pessimo organizzatore ( o se si preferisce pessimo uomo di potere), non fa regolarmente seguire la riorganizzazione pratica e l’ ”occupazione” - perché le istituzioni funzionano così e a maggior ragione quelle che dipendono da un potere monocentrico - delle varie cariche, da parte di (pii) uomini, ma di sua fiducia.
La situazione istituzionale della Chiesa Cattolica è perciò veramente seria. Altro che strapotere…La Chiesa
rischia di essere investita da una crisi simile a quella cinquecentesca. E con
una riproposizione, ma più aggressiva, delle stesse tematiche, apparentemente
in chiave anti-istituzionale, del protestantesimo, in parte (minima o massima
secondo la posizione dottrinaria cattolica) accolte dal Concilio Vaticano II.
Protestantesimo, che a sua volta però, - semplificando il concetto - dovette
farsi Istituzione e dunque Chiesa. Ma questa è un'altra storia. Sociologica.
La sensazione è questa. Crediamo, che l’attuale Chiesa a più voci, per usare un eufemismo, sia frutto di una debolezza costitutiva del suo timoniere. Ci spieghiamo meglio.
Benedetto XVI è essenzialmente uno studioso: un uomo di penna e non di azione. Di qui le sue titubanze nei riguardi della disciplina interna e delle questioni organizzative e quel concentrarsi sulle questioni squisitamente teologiche, spesso secondo modalità “alte”, se non “altissime”.
Si tratta però di un fattore "umano" - ecco il punto - con effetti di ricaduta sociologica. Perché determina ( o quantomeno condiziona fortemente) una situazione che vede le forze centrifughe avere la meglio su quelle centripete, nell’ambito di quella dinamica sociologica tra centro e periferia che segna ogni istituzione, secondo la grande lezione di Edward Shils (cfr. qui: http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/11/il-libro-della-settimana-edward-shils.html ). E che, come sostengono alcuni storici della Chiesa, si sarebbe accentuata (in chiave centrifuga) negli ultimi anni del pontificato di Papa Giovanni Paolo II: un grande accentratore e organizzatore, ma non nell’ ultimo quinquennio del suo pontificato, a causa del progressivo peggioramento dello stato di salute.
Di conseguenza, è nostra nostra impressione (di studiosi) che
Di qui il nostro diverso giudizio su quello che certo mondo laico definisce lo strapotere della Chiesa Cattolica. Infatti riteniamo che certe prese di posizione del Papa siano segno di debolezza istituzionale e non di forza. E che siano rivolte all’interno piuttosto che all’esterno: un invito a serrare i ranghi, al quale il Papa-teologo, ma pessimo organizzatore ( o se si preferisce pessimo uomo di potere), non fa regolarmente seguire la riorganizzazione pratica e l’ ”occupazione” - perché le istituzioni funzionano così e a maggior ragione quelle che dipendono da un potere monocentrico - delle varie cariche, da parte di (pii) uomini, ma di sua fiducia.
La situazione istituzionale della Chiesa Cattolica è perciò veramente seria. Altro che strapotere…
Di conseguenza i laici invece di inveire dovrebbero solo
tacere e aspettare… Mentre i fedeli cattolici, pregare e sperare
nell’illuminazione divina. E nella pura forza conservativa delle istituzioni.
Che può proteggere la
Chiesa Cattolica , ma solo entro certi limiti. E a che prezzo?
.
Carlo Gambescia
(21 marzo 2009)
Riceviamo e pubblichiamo volentieri questa interessante nota
di Roberto Buffagni. Che ovviamente riguarda da vicino soprattutto noi
cattolici.
***
Il punto, caro Roberto, è come mettere d'accordo al nostro
interno le varie forme in cui oggi si manifesta il cattolicesimo. Soprattutto
quando la Guida
vacilla.
Ferma restando la giustezza della tua domanda su chi oggi
abbia ancora "necessità" di una religione cristiana. E per giunta
istituzionalizzata. O se preferisci: un'istituzione con anima e non
un'istituzione benefica, punto e basta.
Un quesito pesante come un macigno, al quale è molto
difficile, se non impossibile rispondere. Perché il cuore e la fede
imporrebbero di rispondere sì (c'è necessità), la fredda ragione, capace di
sezionare sociologicamente il nostro tempo, un secco no. (c.g.)
.
Quando la religione cristiana diventa
superflua...
di Roberto Buffagni
.
Cercando di guardare dall'esterno la Chiesa alla quale
appartengo, mi pare di vedere un problema di fondo, questo.
Oggi, la religione cristiana in tutte le sue declinazioni non è più necessaria a giustificare il principio ordinatore della società (capitalistica, occidentale, insomma noi).
Per farla breve, se c'è bene, se non c'è fa lo stesso. Nella vita sociale e nella storia, essere superflui è MOLTO pericoloso.
Dunque, le istituzioni sociali, e le classi dirigenti che le orientano, tengono naturalmente conto della presenza, dell'influenza e del peso dell'istituzione ecclesiastica (specie della cattolica, che nonostante tutto è meglio organizzata e difesa del pulviscolo protestante, da decenni in coma vegetativo tipo Eluana)e la trattano per quel che conta.
Contano, insomma, le divisioni del papa, e ci fanno i conti, come con le divisioni degli animalisti o dei tifosi del Milan: ma la cosa si ferma lì.
La baracca va avanti benissimo (o malissimo) anche senza il cristianesimo.
Quindi, chi sostiene che il papa, capo religioso, dovrebbe limitarsi a parlare di religione, come se la religione fosse un hobby ela Chiesa un club di ex
alpini, filatelici, adepti del birdwatching, dice una sciocchezza ma è perfettamente
in linea con la realtà culturale e sociale egemone.
Questo aspetto della questione, il Papa attuale lo ha capito perfettamente, sia perchè è una vicenda anche filosofica e ideale, sia perchè viene da un paese,la Germania , dove il
protestantesimo è morto not with a bang but with a whisper, e il
cattolicesimo è uno zombie.
Infatti, per la sua prima enciclica scelse il tema dell'amore: il che equivale a ricominciare da pagina 1 del manuale, visto chela Chiesa , su questa terra, ci
sta per lo scopo principale di insegnare ad amare.
E fin qui ci siamo: è dopo, che viene il difficile.
Una volta che abbiamo capito di essere superflui (e che c'è un esercito di riserva di crumiri pronto a portarci via il posto di lavoro, tipo le sette finanziate dalle fondazioni americane,la New Age , il buddhismo in scatola di montaggio,
etc.)che facciamo?
Certo, cerchiamo di tirare fuori dal cilindro un paio di santi di prima grandezza, diciamo un San Tommaso e un San Francesco: se ci riuscissimo, sarebbe una innovazione di prodotto vincente e farebbe salire letteralmente al cielo le nostre azioni.
Ma in attesa che nei laboratori di R&S della Chiesa Trionfante si decidano a tirare fuori l'arma segreta, qua giù, nelle baracche malconce della Chiesa militante, che facciamo?
I nostri generali, e il comandante in capo, stanno seguendo senza troppa convinzione la via più facile: quella di ricombattere l'ultima guerra (senza ricordare che l'abbiamo anche persa).
Che ti combina, lo Stato Maggiore? Cerca una nuova alleanza con il potere temporale egemone.
Il potere temporale egemone, naturalmente, mica ci dice di no - e ci mancherebbe - ma oltre ad avere grossi problemi per conto suo, sa bene che siamo una forza trascurabile: un alleato utile sì, ma non decisivo, e per di più inaffidabile, perchè da un momento all'altro, messo di fronte a politiche e posizioni ideali inaccettabili, potrebbe trovare la forza di dire clamorosamente di no (non credo che a Washington abbiano scordato lo sgarro di papa Woytila al tempo della guerra irachena).
Insomma, è vero che le analogie storiche sono pericolose, ma credo che il papa farebbe bene a meditare le sorti dell'Italia fascista, quando si alleò conla Germania nazista. (Per i
più piccini: NON voglio dire che gli USA sono i nuovi nazisti, nè tanto meno
che la Chiesa
è il nuovo fascismo).
Sul piano politico e metapolitico, qua ci vuole una svolta, e secondo le leggi elementari della
Oggi, la religione cristiana in tutte le sue declinazioni non è più necessaria a giustificare il principio ordinatore della società (capitalistica, occidentale, insomma noi).
Per farla breve, se c'è bene, se non c'è fa lo stesso. Nella vita sociale e nella storia, essere superflui è MOLTO pericoloso.
Dunque, le istituzioni sociali, e le classi dirigenti che le orientano, tengono naturalmente conto della presenza, dell'influenza e del peso dell'istituzione ecclesiastica (specie della cattolica, che nonostante tutto è meglio organizzata e difesa del pulviscolo protestante, da decenni in coma vegetativo tipo Eluana)e la trattano per quel che conta.
Contano, insomma, le divisioni del papa, e ci fanno i conti, come con le divisioni degli animalisti o dei tifosi del Milan: ma la cosa si ferma lì.
La baracca va avanti benissimo (o malissimo) anche senza il cristianesimo.
Quindi, chi sostiene che il papa, capo religioso, dovrebbe limitarsi a parlare di religione, come se la religione fosse un hobby e
Questo aspetto della questione, il Papa attuale lo ha capito perfettamente, sia perchè è una vicenda anche filosofica e ideale, sia perchè viene da un paese,
Infatti, per la sua prima enciclica scelse il tema dell'amore: il che equivale a ricominciare da pagina 1 del manuale, visto che
E fin qui ci siamo: è dopo, che viene il difficile.
Una volta che abbiamo capito di essere superflui (e che c'è un esercito di riserva di crumiri pronto a portarci via il posto di lavoro, tipo le sette finanziate dalle fondazioni americane,
Certo, cerchiamo di tirare fuori dal cilindro un paio di santi di prima grandezza, diciamo un San Tommaso e un San Francesco: se ci riuscissimo, sarebbe una innovazione di prodotto vincente e farebbe salire letteralmente al cielo le nostre azioni.
Ma in attesa che nei laboratori di R&S della Chiesa Trionfante si decidano a tirare fuori l'arma segreta, qua giù, nelle baracche malconce della Chiesa militante, che facciamo?
I nostri generali, e il comandante in capo, stanno seguendo senza troppa convinzione la via più facile: quella di ricombattere l'ultima guerra (senza ricordare che l'abbiamo anche persa).
Che ti combina, lo Stato Maggiore? Cerca una nuova alleanza con il potere temporale egemone.
Il potere temporale egemone, naturalmente, mica ci dice di no - e ci mancherebbe - ma oltre ad avere grossi problemi per conto suo, sa bene che siamo una forza trascurabile: un alleato utile sì, ma non decisivo, e per di più inaffidabile, perchè da un momento all'altro, messo di fronte a politiche e posizioni ideali inaccettabili, potrebbe trovare la forza di dire clamorosamente di no (non credo che a Washington abbiano scordato lo sgarro di papa Woytila al tempo della guerra irachena).
Insomma, è vero che le analogie storiche sono pericolose, ma credo che il papa farebbe bene a meditare le sorti dell'Italia fascista, quando si alleò con
Sul piano politico e metapolitico, qua ci vuole una svolta, e secondo le leggi elementari della
politica (come della metapolitica: se mi sbaglio, Carlo
mi corregga) la svolta deve puntare, strategicamente, a recuperare la sovranità
che abbiamo perduto: a ritornare NECESSARI.
Oggi, chi (quali istituzioni, paesi, ceti, categorie, etc.) ha, NECESSITA' della Chiesa ( o potrebbe riscoprire di averla)? Io non so rispondere, da me. Ma forse, se la domanda è correttamente posta, chi ne sa più di me potrebbe cominciare a rispondere.
Oggi, chi (quali istituzioni, paesi, ceti, categorie, etc.) ha, NECESSITA' della Chiesa ( o potrebbe riscoprire di averla)? Io non so rispondere, da me. Ma forse, se la domanda è correttamente posta, chi ne sa più di me potrebbe cominciare a rispondere.
Roberto Buffagni
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