I due anni di governo Meloni rappresentano una specie di traccia politica, abbastanza profonda, di una brutta strada lungo la quale l’Italia sembra incamminata. Se proprio si deve parlare di bilanci, quello Del governo Meloni è “in nero”. Un colore che non depone a favore dei prossimi tre.
Sembra incredibile, se si pensa alla rovinosa storia del fascismo, che Fratelli d’Italia, che del partito dei fascisti dopo Mussolini è l’erede, dopo quasi ottant’anni dal 25 Aprile sia di nuovo al potere.
Si scherzava un tempo sul morire democristiani. E invece ora si rischia di morire fascisti.
Si rifletta su un punto. Sotto l’aspetto della reincarnazione di un regime autoritario con il consenso dei cittadini, l’attuale situazione italiana, per ciò che riguarda gli ultimi due secoli di storia europea delle democrazie liberali, rappresenta quasi un unicum, “quasi” perché va considerata l’ eccezione della Francia di Napoleone III.
A dire il vero, un (quasi) unicum, che potrebbe durare poco, perché l’amnesia politica sembra fare proseliti in Germania e in Francia.
Pertanto il vero problema, come provano studi storici e ricerche politologiche, è che è tornato al governo un partito che crede nell'impensabile (almeno fino ad oggi): nell’ipotesi “minima” che il fascismo fu severo ma giusto, e in quella massima, che fu una meravigliosa avventura finita male per colpa dei capitalisti americani e dei comunisti russi. La famosa tesi, molto apprezzata dai neofascisti, della Vodka-Cola.
Pertanto soffermarsi a discutere sui risultati delle politiche pubbliche del governo Meloni, tra l’altro dagli esiti mediocri, è assolutamente inutile. Il vero nocciolo della questione è rappresentato dal concetto di democrazia plebiscitaria, racchiuso nella legge sul premierato, che il governo è intenzionato a portare avanti a ogni costo.
Semplificando i contenuti: il partito che vincerà le elezioni avrà un potere pressoché assoluto per cinque anni. Dal momento che il premier, eletto dal popolo, potrà essere rimosso solo dal voto popolare.
Va da sé che il Governo, gestendo un potere assoluto, potrà ridurre all’impotenza il Parlamento e alla semplice rappresentanza istituzionale il Presidente della Repubblica.
Infatti, il potere di scioglimento sarà saldamente nelle mani del Presidente del Consiglio, che minacciando di non rielezione i parlamentari (riottosi) della maggioranza, e tenendo sotto scacco i quattro gatti spelacchiati dell’ opposizione, potrà fare di tutto, eccetto, forse, che reintrodurre la monarchia.
Inoltre, grazie al collegamento con una nuova legge elettorale maggioritaria, attualmente allo studio del governo, capace di assegnare i due terzi dei parlamentari alla maggioranza, si sta lavorando per allontanare il pericolo della bocciatura referendaria. Insomma, si vuole chiudere il cerchio.
Siamo davanti a un principio-concetto dalla natura devastante. Pura dinamite costituzionale. Si pensi all’ esplosivo usato nelle cave di pietra. Qui però si tratta della pietra angolare della nostra Costituzione: il Parlamento.
Un concetto plebiscitario-dittatoriale ben spiegato più volte da Giorgia Meloni e da altri membri del suo partito: chi ha la maggioranza dei voti ha il diritto di governare indisturbato. Il ruolo del Parlamento, quindi della minoranza,viene praticamente ridotto a zero.
Altro che le chiacchiere di questi giorni sul cuneo fiscale, sul concordato con il contribuente, sull’età pensionabile eccetera. Qui, per la prima volta dai lavori dell’Assemblea Costituente, è in gioco il destino della democrazia parlamentare. Mai, ideologicamente parlando, si era perseguita una riforma così radicale. E pensiamo alle precedenti 21 modifiche apportate alla Costituzione.
Qui, per la prima volta, il rischio è quello del doppione, ma moltiplicato per due, della Camera dei Fasci e delle Corporazioni. Quantomeno sul piano della passività politica.
Pertanto alla domanda sul bilancio dei primi due anni del Governo Meloni si deve rispondere che si stanno ponendo le basi politiche per la soppressione della libertà politica in Italia.
Purtroppo, stando ai sondaggi, l’elettore italiano non sembra aver capito l’importanza della posta in gioco. Fratelli d’Italia non è un partito “normale”.
Perciò il metro di giudizio non può essere quello per valutare la “normale” dialettica tra progressisti e conservatori. Dove un esecutivo forte, per dirla alla buona, ci può anche stare. Fratelli d’Italia è un partito dalle radici fasciste che nulla ha imparato, nulla ha dimenticato.
Qui il problema.
Carlo Gambescia
(*) Qui altri nostri articoli in argomento: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/search?q=premierato .
Nessun commento:
Posta un commento