Al di là di tutte le questioni costituzionali e giuridiche, purtroppo all'ordine del giorno, lo studioso di metapolitica non può chiudere gli occhi su quel che connota l’ascesa della destra sul piano mondiale.
Che cosa? L' incapacità psicologica di governare (*).
Il primo problema che una forza politica liberale si pone, soprattutto se di governo, è quello di capire l’altro: la sua diversità viene vista come un valore creativo. Qualcosa che arricchisce e unisce.
Per fare un esempio, Stati Uniti e Inghilterra sono un esempio di integrazione. Ovviamente, con inevitabili imperfezioni. Però quel che conta è l’animus per dirla dottamente. L’intenzione, il proposito, se si vuole la predisposizione mentale, psicologica, di apertura verso l’altro. Diciamo il bicchiere mezzo pieno, di un liberalismo che per crescere, svilupparsi e dare frutti è inevitabilmente inclusivo, psicologicamente inclusivo.
Sotto questo aspetto, la radice liberale della sinistra, per altri aspetti illiberale, rimanda comunque al concetto di inclusività. C'è una predisposizione mentale all’ inclusione. Il che è positivo, e la differenzia in meglio dalla destra.
Per contro la destra, da quella conservatrice all’estrema destra nazi-fascista, rifiuta il concetto di inclusività del diverso, per celebrare l’esclusività di istituzioni incartapecorite fino al culto della razza in chiave materiale o spirituale.
Il fatto che oggi la destra parli di difesa dei confini e di regole che escludono il migrante non è altro che la riprova di questa incapacità psicologica. Di un bicchiere vuoto. Un’incapacità costitutiva che rischia sempre di tradursi come nel nazi-fascismo in ossessione: in un fenomeno psicopatologico.
Per capirsi: nella classica idea fissa, che nel nazionalsocialismo
condusse all’eliminazione di milioni di ebrei. Una lucida follia
politica. Dal momento che il pensiero ossessivo non esclude la
razionalizzazione, anche tecnologica, dei mezzi rispetto al fine
patologico che si vuole perseguire in chiave spesso ansiogena. Con la postilla, non secondaria, dell'ansia che si traduce in nevrosi e la nevrosi in follia.
Il liberale accoglie, il conservatore (per non parlare del nazi-fascista) esclude. E dalla volontà patologica di esclusione deriva una visione etnocentrica della politica. Si pensi a espressioni, come “fare grandi” l’Italia, l’America, l’Ungheria, la Russia, eccetera. Esprimono plasticamente l’incapacità psicologica di relazionarsi verso chi non sia americano, italiano, ungherese, russo, eccetera.
Purtroppo, in ogni paese, esistono forze conservatrici esclusiviste, portate a scorgere il nemico, anzi ancora peggio (ecco la predisposizione), a tramutare in nemico chiunque sia diverso, rispetto alle razionalizzazioni, spesso mitologiche, di natura nazionalistica.
Al netto della propensione statalista, che purtroppo oggi caratterizza destra e sinistra, la destra, rispetto alla sinistra, non è inclusiva. Il che la rende incapace di governare in chiave liberale.
La prima metà del Novecento ha purtroppo visto quali sono le macabre conseguenze dell’esclusivismo psicologico. Di conseguenza, nella seconda metà del secolo, si è sviluppato, per giustificata reazione ai crimini esclusivisti, l’inclusivismo, anche come insieme di regole. Purtroppo, all’inizio del XXI secolo, si è aperta una nuova fase segnata dal ritorno dell’esclusivismo. Un processo regressivo che vede la destra farsi portabandiera delle forme più retrive di esclusione.
La nostra analisi dà come scontati due fatti storicamente comprovati: 1) che la storia è un succedersi di migrazioni, individuali e collettive, alle quali è inutile opporsi; 2) che i nazionalismi ottocenteschi, vera eccezione storica rispetto al punto 1), se non integrati con politiche inclusive di tipo liberale, rischiano sempre di tramutarsi in regimi tirannici o totalitari di tipo esclusivista. Per chiarire quest’ultimo concetto: il Risorgimento italiano si fondò sul “fare gli italiani” non sul “fare grande l’Italia ”, come invece poi pretese Mussolini.
Ciò significa che chiunque ami la libertà non può dormire sonni tranquilli ogni volta che sente parlare di difesa dei confini e di grandezza nazionale. Proprio quel che ora sta accadendo. E che purtroppo certifica la pericolosità di questa destra, psicologicamente incapace di governare in modo liberale.
Un’ultima cosa. Si dirà che questa destra, in ripresa ovunque, è comunque votata, e che quindi gode di ampio consenso, eccetera.
Ne prendiamo atto. In effetti è proprio così. Però, ecco il vero punto, un solo monomane resta un solo monomane, come in fondo era Hitler all’inizio della “carriera”, però due o tre milioni di monomani si trasformano in una forza politica.
Dopo di che sono guai.
Carlo Gambescia
(*) Sugli aspetti concettuali dei termini qui usati, ad esempio inclusività ed esclusività politica, rinviamo al nostro Trattato di metapolitica, Edizioni Il Foglio 2023, 2 voll.
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