giovedì 24 ottobre 2024

Da Mike a Zelensky

 


Tutto sommato non ci è dispiaciuto il "Mike" di Giuseppe Bonito, tramesso in due puntate dalla Rai. Bonito è regista sensibile ai segreti dell'anima. Ricordiano con diletto, "L'arminuta".

La fiction sceneggiata da Salvatore De Mola, si basa su La versione di Mike, autobiografia scritta da Bongiorno con il figlio Nicolò.

Diciamo però, che al di là della buona ricostruzione ambientale (storica, sarebbe parola grossa, poi spiegheremo perché), degli attori, tutti molto bravi, la “miniserie” grazie all’escamotage, crediamo registico, dell’intervista con il solito giornalista di sinistra (l’ immaginario Sebastiano Sampieri), è una lunga, a tratti imbarazzante, confessione. Non facile da digerire anche per lo spettatore, soprattutto quando al corrente di certi meccanismi culturali pavloviani. E impotente, scorge le sbarre  del conformismo antimoderno scattare intorno alla vittima designata.

Mike non ammette mai di aver peccato (poi diremo di che cosa), però il regista, magnanimamente lo assolve lo stesso, rovesciando il giudizio della liquidatoria fenomenologia di Mike Bongiorno, buttata giù da Eco: da semplice uomo della strada televisiva a complicato uomo privato. Quindi pieno di conflitti irrisolti (a sua insaputa ovviamente). Che pena però.

Semplificando, se Eco sociologizzava, Bonito psicologizza.

Dal punto di vista dell’antropologia culturale (per parlare difficile), Mike Bongiorno fu un americano prestato all’Italia. Perciò un antifascista, non solo sul piano teorico, perché partecipò alla Resistenza, ma anche un uomo profondamente imbevuto di cultura individualista, meritocratica e mercatista.

Il che nell’ Italia dei fascisti, dei cattolici, dei comunisti, non poteva piacere. Cioè piaceva alla gente comune, poco politicizzata, che non si faceva troppi problemi, ma non all’intellettuale dolente, impregnato di anticapitalismo e antiamericanismo. C’è un passaggio in cui il padre di Walter Veltroni, Vittorio, allora funzionario Rai, puntualizza: “ Dunque un quiz educativo”.

Il punto è che negli anni Sessanta, quando finalmente la carne e l’idrolitina erano giunte sulla tavola di tutti (o quasi tutti), molti intellettuali (non Veltroni, che purtroppo era morto) si preoccupavano della sparizione delle lucciole.

Questi aspetti nel lavoro di Bonito sono ignorati. Qui, come anticipato, le carenze storiche del lavoro. Mike, con la sua mentalità, era una mina vagante in un mondo culturale come quello italiano che tuttora guarda con antipatia Zelensky, aggredito dai russi, che “vuole fare l’americano” e aprire all’economia di mercato. E infatti, come si scopre, anche nella fiction, la Rai bacchettona appena può prova a liberarsi di Mike. L’incompreso diciamo. O forse proprio fin troppo compreso e ritenuto pericoloso perché filoamericano e filocapitalista.

Il giornalista che nella fiction intervista Mike ha tutti i tic antieconomicisti e moralisti del dolente catto- socialista o catto-comunista. Che rivela a Mike, alla fine, quasi come viatico per il Paradiso Socialista, di aver combattuto nelle comuniste Brigate Garibaldi. Amen.

Perciò Bonito e De Mola sapevano e sanno come stanno le cose in Italia. Però non hanno attuato. Se non nella figura del giornalista giudice morale. Secondo il classico copione dell’italico arcaismo.

Si è evitato (non sappiamo se consapevolmente o meno) di risalire alla radice dell’arretratezza dell’intellettuale italiano, di sinistra e a dire il vero anche di destra : un mondo che si interseca e infetta, e che ancora oggi rimpiange Berlinguer, grande ammiratore del modello vietnamita fine anni Settanta del secolo scorso. O, visto che ora sono al governo, uno spirito reazionario come Almirante – non se ne può più  – che compunto si reca ai funerali di Berlinguer…

Dal viaggio intorno all’arretratezza italiana sarebbe venuto fuori non il conflitto interiore di Mike ( o comunque non solo), ma il conflitto tra un’Italia affamata di benessere, individualismo e modernità all’americana, e un’Italia che vedeva e vede nel denaro l’arcaico sterco del demonio e in Zelensky un “servo degli americani”.

Come appunto dicevamo, da Mike a Zelensky. Un’ Italia retriva che non cambia mai. E sul punto la fiction di Bonito e De Mola ha perso un’occasione d’oro.

Carlo Gambescia

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