lunedì 3 febbraio 2020

Isolato   il  Coronavirus ma non il virus del nazionalismo

L'autore di questo articolo  non capisce nulla  di infettivologia, laboratori,  microscopi eccetera. Però crede  che   basterebbe   un giretto su internet, per scoprire  che  isolamento e   sequenziazione del Coronarivus, sono già  state effettuate altrove: Cina, Australia, Giappone, Usa e Francia (*).
Ora, ammesso pure che l’Italia sia tra le elette, quel che risulta veramente sgradevole e insopportabile è il tentativo di appropriazione  sciovinista della  "scoperta decisiva",  da  parte dei politici, di destra come di sinistra.
Dichiarazioni, largamente rilanciate a soffietto  dalla stampa, dove  si celebra il solito  ritornello, non solo sul primato  italiano (cosa che non è, come visto ), ma si versano lacrime e lacrime  sulle "risorse inadeguate"  e  "sulla fuga dei giovani cervelli".
In realtà, come sempre, le lenti del nazionalismo, deformano i fatti: le risorse sono poche, perché il sistema  di ricerca italiano è essenzialmente pubblico mentre  ai privati, pochi e disorganizzati,  restano solo le briciole. Ovviamente,  ammesso e non concesso che sia giusto che  il pubblico che non riesce a finanziare se stesso debba finanziare il privato e viceversa.
E perché sono scarse le risorse pubbliche? Perché la dimensione dell’economia italiana, ridotta e frammentata (quindi il problema riguarda tutti i settori, pubblico, privato e  non solo quello della ricerca medica), non consente grandi investimenti nell’ambito della ricerca. È una questione strutturale: siamo dei nani.  Alla quale si aggiunge, per il settore pubblico,  l’assenza di tradizioni organizzative (cosa che ci differenzia dalla Francia ad esempio e dai paesi anglofoni, diversità che però da sola non spiega tutto),  nonché  l’ impossibilità  di razionalizzare la spesa pubblica per ragioni squisitamente politiche. Tradotto: per non perdere il consenso elettorale.     
  
Quanto alla fuga dei cervelli, va detto che la stratificazione economica (livello degli stipendi e dei salari) rinvia alla produttività di sistema (quanto Pil produciamo). Un sistema a bassa produttività, come il nostro,  implica una stratificazione economica  orientata verso valori retributivi ridotti.  Il che  non spinge  “alla fuga dei cervelli”, secondo la nota iperbole nazionalista, ma alla riallocazione delle risorse intellettuali  in termini remunerativi  verso aree economiche con più alte retribuzioni.  Insomma, in Italia -  nella media -  è impossibile guadagnare  più di ciò  che passano i conventi pubblici e privati.  E un giovane, intelligente e  sveglio, non può non trarne le giuste conseguenze.
A questo punto, quale potrebbe essere la famigerata domanda dell’uomo della strada ?  Presto detto: perché   anche l’Italia non  aumenta le retribuzioni?   Non può aumentarle perché  l' Italia è un paese a stratificazione economica medio-bassa, strutturalmente contraddistinto  da medie e  piccole imprese, quindi inevitabilmente  con  salari e stipendi medio-bassi. 
Certo, lo stato, potrebbe fare concorrenza  ai privati sul piano salariale -  il che in alcune fasi storiche è  accaduto -   ma con che  soldi?  Dei privati, già spremuti?   E  con  il rischio di riallineare in modo fittizio,  nominale,  senza alcuna contropartita produttiva, i valori verso l'alto?  L' apporto  al Pil di una scelta del  genere  non potrebbe   risolversi che  in  una  partita di giro.   Con il rischio di   innescare  il cosiddetto  circuito del desviluppo.
Infatti  con il   Pil in caduta libera,  come tra l'altro sta accedendo,  il privato,  che ne  ha sempre di meno per se stesso,  non può  più finanziare il pubblico. Che a sua  volta  non può più  accrescere  i finanziamenti a se stesso, se non attraverso una  devastante  escalation tributaria  che   rischia  di strangolare e seppellire il privato.
Come si può capire  si tratta di una morsa economica e sociale più stringente del Coronavirus.  Sulla quale vanno  a infrangersi le onde sempre più alte  del nazionalismo. Purtroppo un virus, come sembra, non  ancora isolato.

Carlo Gambescia