Si può insegnare il bene?
La replica di Carlo Gambescia
Innanzitutto grazie per la squisitezza , come si diceva un tempo, di prendere carta e penna e rispondere al mio scritto (1).
Che dire? Il tuo sapere filosofico Massimo mi sbalordisce e conquista. La tua onestà cognitiva, Aldo, frutto di intenso studio e non di cleptomania intellettuale, desta la mia ammirazione. Quanto a te, Carlo, come ben sai, apprezzo da sempre il tuo metodo, il famoso “metodo Pompei”.
Detto questo, abbandono il tu, per passare a un tono meno personale. Insomma, "rivestito condecentemente" entro nel merito della discussione.
Noto una convergenza su un punto non secondario: il rifiuto di credere nel sapere assoluto e definitivo. Ne discende, come per forza di gravità, una onesta capacità di ragionamento e ascolto dell'altro.
Dopo di che però iniziano le divergenze, non gravi ma tali, quanto meno con Massimo Meraviglia (2). Il quale, oltre a ricondurre l’idea di bene nell'alveo della "purezza", vissuta - credo, da umile sociologo - come autenticità di vita, pensiero e fede, ritiene possibile, chiudendo il cerchio, l'insegnamento del bene, proprio in nome di un'autenticità cognitivo-esistenziale di natura platonico-cristiana, per metterla sul dotto.
Certo, Maraviglia, come si sottolinea nella chiusa, raccomanda il buon uso di una sana ironia che sgorghi dall’ “effetto comico della giustapposizione della misura umana e dell’eterno”. Il che può aiutare a evitare soluzioni donatiste, monofisiste, pelagiane. Ma non, come all'epoca, il tragicomico ripetersi dell' andirivieni della romana Statua della Vittoria dalla curia senatoriale. O la ricorrente chiusura di chiese cristiane e templi pagani in base al credo imperiale del momento.
Certo, Maraviglia, come si sottolinea nella chiusa, raccomanda il buon uso di una sana ironia che sgorghi dall’ “effetto comico della giustapposizione della misura umana e dell’eterno”. Il che può aiutare a evitare soluzioni donatiste, monofisiste, pelagiane. Ma non, come all'epoca, il tragicomico ripetersi dell' andirivieni della romana Statua della Vittoria dalla curia senatoriale. O la ricorrente chiusura di chiese cristiane e templi pagani in base al credo imperiale del momento.
Aldo La Fata (3) e Carlo Pompei (4) ritengono invece - semplifico - che l’autenticità non sia di questo mondo. Di qui, il ripiegamento verso un’ “etica universale” frutto di comportamenti applicati, liberamente scelti: qualcosa che viene dopo il bene-autenticità (La Fata ). Oppure verso la consapevolezza che il vero padrone (di questo mondo) sia il disordine e non l’ordine: qualcosa che viene prima del bene-autenticità (Pompei). Ferma restando l’importanza di continuare a interrogarsi sul natura del bene (sempre Pompei).
Come conciliare, ecco il punto però, autenticità (Maraviglia), etica universale (La Fata ), disordine (Pompei) con le strutture sociali? O più precisamente con la trasmissione istituzionalizzata del bene, una volta individuato e definito (Maraviglia)?
Maraviglia punta sul volontarismo intellettuale corretto con l’ironia, parleremmo di esistenzialismo cristiano (con lo sguardo decisamente rivolto verso l'Alto però...); La Fata privilegia la forza dell’esempio, rinviando a una specie di sturziana sociologia del sovrannaturale; Pompei, attento al basso profondo di una contraddittoria discontinuità sociale, non crede neppure in quest’ultima. Sicché sembra propendere verso una umanissima sociologia del disordine ordinato.
Mi sento più vicino alla posizione di Pompei: dal disordine può nascere l’ordine, ma anche altro disordine, oppure dall’ordine il disordine, o altro ordine ancora. Tutto è possibile. Eccetto il venire meno, così almeno si intuisce, delle regolarità metapolitiche del conflitto, della cooperazione, della circolazione delle élite, eccetera, eccetera. Le forme dei fenomeni. E anche questo è condivisibile.
Mi sento più vicino alla posizione di Pompei: dal disordine può nascere l’ordine, ma anche altro disordine, oppure dall’ordine il disordine, o altro ordine ancora. Tutto è possibile. Eccetto il venire meno, così almeno si intuisce, delle regolarità metapolitiche del conflitto, della cooperazione, della circolazione delle élite, eccetera, eccetera. Le forme dei fenomeni. E anche questo è condivisibile.
La società semplifica, istituzionalizza, routinizza - nel bene e nel male - quel che ha sottomano: in qualche misura la società è frutto di un' arte del possibile che va a intersecarsi con le forme metapolitiche. Di conseguenza, sullo sfondo della sotterranea dinamica tra ordine e disordine, l’autenticità rischia sempre di raccogliere la sfida dell'occasionalismo, rivolta alla sostanza storica transeunte e non alle sue forme metapolitiche. Dal momento che il volontarista è quasi sempre disarmato. E se armato può addirittura diventare pericoloso, perché nel suo impeto romantico, intellettualizzato o meno, rischia di farsi costruttivista: di fare dell'esistenza una missione, di cogliere l'attimo scorgendovi un eterno che altri non sempre scorgono. Di qui, sul piano istituzionale, la inevitabile imposizione/e-semplificazione.
Del resto, per venire a La Fata, lo stesso esempio, può essere frainteso, estremizzato, sopravvalutato, perfino viziato dal timore e dal conformismo. La sociologia del soprannaturale, sotto la bandiera dell'ideale, si può tramutare in sociologia del naturale, come del resto mostra la storia delle religioni istituzionalizzate. Cosa che, attenzione, riguarda anche le fedi politiche, persino quelle apparentemente più innocue.
Del resto, per venire a La Fata, lo stesso esempio, può essere frainteso, estremizzato, sopravvalutato, perfino viziato dal timore e dal conformismo. La sociologia del soprannaturale, sotto la bandiera dell'ideale, si può tramutare in sociologia del naturale, come del resto mostra la storia delle religioni istituzionalizzate. Cosa che, attenzione, riguarda anche le fedi politiche, persino quelle apparentemente più innocue.
No, il bene non si può insegnare. Si possono insegnare, come osserva La Fata , “la buona educazione, il rispetto dell'altro ecc. ecc., ma non il bene in sé”. Se si vuole, si possono insegnare le forme. La sostanza è a contenuto libero: muta storicamente, da Pericle a Lenin, dagli Eleatici alla scuola di Francoforte. E anche qui, con corsi e ricorsi, come hanno insegnato Vico e Sorokin. Il che indica che nella sostanza stessa, c'è una forma metapolitica. E' vero che non ci si bagna per due volte di seguito nelle acque di un fiume, ma è altrettanto vero, che le acque sono obbligate ad assumere la forma degli argini che le delimitano. E se viene meno la forma, le acque straripano, distruggendo uomini e cose. E lo stesso capita con i sentimenti, che con forma figurata, e giustamente, si dice che "straripino"... E che cos'è l' autenticità? Se non il sogno di una verità capace di imporsi da sola, in tutta la sua purezza? Acque che non avrebbero bisogno di argini.... Di forme, insomma...
Salvo poi doverle imporre, non solo perché come accade inevitabilmente, alcuni si ritengono più "autentici" di altri, ma perché così impone il vivere sociale, che si fonda sulla prevedibilità delle forme.
Sicché non esiste neppure una scienza del bene. Esiste la sociologia, che è scienza delle dinamiche oggettive dell’ordine e del disordine, delle forme di ciò che è possibile. Sotto questo aspetto la sociologia è una scienza triste, né rivoluzionaria né conservatrice. La sociologia alza le braccia, malinconicamente ma giustamente, dinanzi a quelle che Carlo Pompei definisce “variabili imperscrutabili”
Salvo poi doverle imporre, non solo perché come accade inevitabilmente, alcuni si ritengono più "autentici" di altri, ma perché così impone il vivere sociale, che si fonda sulla prevedibilità delle forme.
Sicché non esiste neppure una scienza del bene. Esiste la sociologia, che è scienza delle dinamiche oggettive dell’ordine e del disordine, delle forme di ciò che è possibile. Sotto questo aspetto la sociologia è una scienza triste, né rivoluzionaria né conservatrice. La sociologia alza le braccia, malinconicamente ma giustamente, dinanzi a quelle che Carlo Pompei definisce “variabili imperscrutabili”
E dell’imperscrutabile, di ciò che è al di là del possibile e dell'impossibile, quindi impenetrabile, come contenuto, non si può fare scienza né insegnamento.
Un grande abbraccio,
Carlo Gambescia
(1) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/una-risposta-massimo-maraviglia-si-puo.html .
(2) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/si-puo-insegnare-il-bene-le-risposte-di.html .
(3) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/sipuo-insegnare-il-bene-unalettera-di.html .
(4) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/si-puo-insegnare-il-bene-le-risposte-di.html (sotto lo scritto di Massimo Maraviglia) .
(1) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/una-risposta-massimo-maraviglia-si-puo.html .
(2) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/si-puo-insegnare-il-bene-le-risposte-di.html .
(3) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/sipuo-insegnare-il-bene-unalettera-di.html .
(4) http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/01/si-puo-insegnare-il-bene-le-risposte-di.html (sotto lo scritto di Massimo Maraviglia) .