giovedì 23 gennaio 2020

Il pattuglione di Salvini
I funerali dello stato di diritto


La notizia più importante  di oggi  non è il passo indietro dell’ineffabile Di Maio o l’isteria protezionista di Trump,  due  politici  mediocri che hanno afferrato il potere sull’onda di un sordo risentimento sociale, bensì  i funerali dello stato di diritto,  ben condensato in due principi, tra l'altro costituzionalizzati: l'inviolabilità del domicilio e la  presunzione di innocenza. 
Principi che devono valere per tutti. Altrimenti, che uguaglianza dinanzi alla legge è? Si ritorna al longobardico diritto personale, o peggio ancora al diritto razziale.
Principi proditoriamente violati.  E da chi? Dal pattuglione di  benpensanti (si fa per dire) capeggiato da  Matteo Salvini.  Cosa è successo? Che tutti insieme appassionamente sono andati  a suonare in favore di telecamere  il campanello di un presunto "spacciatore tunisino"…  
Non si può ridere di Salvini, né buttarla sul cabaret televisivo.  Una risata non lo sconfiggerà. La letteratura satirica degli anni Venti e Trenta non impedì l’ascesa di Hitler, ridicolizzato dalla stampa umoristica tedesca.  Anzi, non "li" sconfiggerà.  
Purtroppo  si fa leva  -  media e politici -   sul fatto che la  stragrande maggioranza della gente  sembra non mostrare  sufficiente  autonomia di pensiero per capire la Costituzione, il diritto, l’importanza della tolleranza:  tutti principi violati da Salvini, che, tra l'altro,  come politico dovrebbe conoscerli.   
Si tratta di una questione di fondo che in Italia  ha assunto, almeno dai primi anni Novanta, le dimensioni di una pericolosa deriva. Già di per sé, le persone comuni, e quel che  è peggio anche con  titoli accademici,  tendono sempre, in ultima istanza,  alle soluzioni spicce: un cazzotto e via. E chi si oppone, come nel caso, si sente subito accusare  " di stare dalla parte degli spacciatori".  La prima manichea scemenza, in bianco e nero,  facile facile, che passa per la testa...  
Pertanto il turpe richiamo al  Cesare che "raddrizzerà tutti i torti"  è sempre pericolosamente dietro l’angolo.  L’uomo alla libertà preferirà sempre la sicurezza; al capire il credere;  al ragionamento, in ultima istanza, il pugno. Purtroppo, piaccia o meno,  personaggi come Salvini, sempre pronti a eccitare il "popolo sovrano" ( ma non dei propri istinti gregari e violenti),  sono sempre in agguato tra le quinte della storia.

Che fare allora?  Senza un patto tacito  tra i politici  sulla prudente  necessità di non violare le regole dello stato di diritto e del discorso pubblico, patto  imperniato  sul rifiuto di comportamenti estremi come quelli che costituiscono  il normale agire politico di Salvini, si rischia veramente un’involuzione autoritaria, se  non di peggio.
Il pericolo principale  è rappresentato da una retromarcia popolar-poliziesca che in prospettiva può  andare a colpire tutti, non solo il presunto "spacciatore tunisino”.  E quel che peggio, tra gli applausi della gente comune.
Come dicevamo,  in Italia  - la stessa Italia ipocrita che oggi vuole fare di Craxi un eroe -  gli argini dello stato di diritto furono infranti negli anni di Tangentopoli.  Emerse allora una cultura giustizialista, populista  parafascista (anche se Almirante mai avrebbe suonato campanelli: troppo, e giustamente, borghese), veicolata da quasi tutti partiti, dalla destra alla sinistra.  Poi coagulatasi, per manifesta incapacità di Berlusconi e Prodi,  intorno al Movimento Cinque Stelle e alla Lega.  

Sicché, oggi, Salvini da vero squadrista mediatico -  altro che il Cavaliere… -  va a dare la caccia all’immigrato con telecamere al seguito. Salvo poi, a danno fatto, scusarsi, per poi  reiterare alla prima occasione. E così via.
Ripetiamo ( anche  se  il cittadino del cazzotto continuerà a  non capire...):  il punto  non è la colpevolezza  o meno, del “signore” disturbato al citofono, ma il concetto di giustizia popolare che mostra il suo brutto e pericoloso grugno dietro il pattuglione salviniano.
Riassumendo, una volta su questa strada,   basterà la denuncia di un cittadino, “presuntivamente onesto”,  per mettere alla gogna, non solo "un tunisino" ma chiunque, a prescindere dalla nazionalità, sia ritenuto socialmente a rischio  e quindi  “presuntivamente colpevole”. 
Altro che presunzione di innocenza…  Che dice  Salvini nel video? “Circolano spiacevoli  voci su di lei signore, vuole smentire?”.  Capito?  Voce di popolo, voce di dio… A che serve lo stato di diritto?

Carlo Gambescia