Una destra priva di prospettive
Il Natale di Gianfranco Fini
Che
Natale trascorrerà oggi Gianfranco Fini? La gloria è passata, anzi sepolta, i giudici incombono, i servitori politici di un tempo sono spariti. Se si clicca sul sito dell’Associazione Liberadestra, da
lui fondata e presieduta, ci si ritrova in Indonesia. Evidentemente
il dominio ha cambiato amministratore e localizzazione geografica… Sic transit gloria mundi.
Certo,
c’è sempre la famiglia.
Che si diranno oggi Fini, moglie, eccetera, in salotto? Sotto le lucine intermittenti dell' albero, davanti alla tv accesa?
In
effetti - il “più bravo del bar sport” come lo chiamava un caro amico - ebbe il suo momento
di gloria nel 2010, dopo il conflitto
finale con il Cavaliere.
Corteggiato
dalla sinistra, da Presidente della Camera, una volta sfiduciato da Berlusconi, Fini ispirò e favorì la fuoriuscita
dal Popolo della Libertà di un gruppo di
deputati e senatori. E tutti insieme diedero vita a “Futuro
e Libertà”. Le cose poi andarono male. Anzi malissimo. Porte politiche chiuse e inchieste giudiziarie a gogò. Sedotti e bidonati.
Oggi
la destra neofascista considera Fini una
specie di Badoglio: un traditore, non tanto di Berlusconi, ma dei famosi
ideali, sui quali però i neofascisti poi usano dividersi in varie correnti. Fermo
restando, certo cinico pragmatismo dei dirigenti, che pur di agguantare il potere, se
Fini avesse tuttora forza politica, lo sdoganerebbero seduta stante. Diciamo che l’odio verso l'ex Presidente della Camera è
funzionale (e scalare) al grado di
estremismo. Il che però la dice lunga sulla decantata purezza ideologica degli aennini dopo
Fini.
Che
cosa resta di quel progetto? Che all'epoca criticammo da posizioni liberali e riformiste in un libro scritto a quattro mani con Nicola Vacca? Nulla, perché oggi la destra post-finiana si è completamente
appiattita sulle posizioni leghiste. Pertanto,
“populisteggia” più che mai. È anche vero che la destra libertaria, teorizzata
dai consiglieri finiani del tempo, era
un prodotto di serra: un puro gioco da
tavolo di storia delle idee.
Però
- ecco il punto storico - allora esistevano prospettive politiche. Sbagliate o meno che fossero, non si
giocava al richiamo della foresta: democrazia
parlamentare ed economia di mercato erano fuori discussione. Ci si muoveva in
chiave sistemica.
L' esatto contrario del cesarismo criptofascista, antisistemico che oggi caratterizza la destra meloniana e salviniana. Probabilmente, Gianfranco Fini non aveva la stoffa del vero leader, perciò, tutto sommato, merita la sorte che gli è toccata.
L' esatto contrario del cesarismo criptofascista, antisistemico che oggi caratterizza la destra meloniana e salviniana. Probabilmente, Gianfranco Fini non aveva la stoffa del vero leader, perciò, tutto sommato, merita la sorte che gli è toccata.
Però, ripetiamo, quella era una destra che pur tra le contraddizioni e i Lego intellettuali aveva delle potenzialità. E in ogni caso non puntava a fare politica giocando sulle paure della gente.
Quanto all’onestà intellettuale di coloro che incoraggiarono e seguirono Fini nell’avventura, la si può misurare seguendone il percorso successivo.
Da un parte, quelli che sono tornati sui propri passi, rientrando nella destra meloniana o fuggendo verso i nuovi vincitori della destra salviniana: i molti, insomma, che confermano di aver seguito Fini solo per volgare interesse. Dall'altra, i puri che credevano nell'impresa: quei pochi che invece destano tutta la nostra ammirazione. Quasi come un tramonto sull’oceano.
Che è cosa diversa dal triste tramonto di Fini, in salotto davanti alla tv.
Carlo Gambescia