Hitler secondo il professor Emanuele Castrucci
Un caso di romanticismo politico
Ricordavo il professor Emanuele Castrucci (nella foto sotto) come un
serio studioso di Carl Schmitt. E
invece ieri, all’improvviso, scopro che egli considera Hitler un difensore della civiltà europea. Altro che i “veri mostri che
oggi dominano il mondo”, come si legge. Evidentemente mi sono perso alcune puntate della storia. Oppure no.
Comunque sia, questa resta la sostanza del suo post su Twitter e
della successiva precisazione.
Almeno così pare.
Proviamo però ad approfondire.
Difesa hitleriana della civiltà europea? In parte è vero. Perché
nell’ideologia nazista l’Europa, ma
germanizzata, è considerata come il baluardo contro
le corrotte ideologie liberali, socialiste comuniste, pacifiste, economiciste, manovrate dall’ebraismo mondiale e dalle
oscure forze della ricchezza massonica.
Pertanto,
ripeto, è vero che
Hitler difendeva l’Europa, ma in nome di un’ ideologia ultranazionalista e razzista. Al cui seguito negli anni Trenta si aggregarono servilmente i fascisti
italiani.
Però,
per quanto storicamente errata, o comunque molto discutibile, si tratta di un' opinione, e per questo motivo, va rispettata. Non
ritengo giusto che siano presi
provvedimenti di alcun genere nei
riguardi del professor Castrucci, come invece oggi si legge.
Purtroppo
in Italia la lotta politica, dopo
l’irruzione sulla scena del populismo,
ha reinnescato la bomba a orologeria a destra come a sinistra dell’odio politico: un angoscioso ticchettio che sta minando
nevroticamente un discorso pubblico liberale, in verità, mai
digerito da larga parte degli intellettuali italiani.
Pertanto,
il vero problema resta quello di spiegare perché un professore universitario del valore di
Castrucci possa sostenere tesi del
genere.
In
realtà, nessuna meraviglia. Da almeno due secoli, lo sviluppo del liberalismo e
della moderna società aperta, per
reazione, ha prodotto una specie di contro-movimento
sociale e politico rivolto a difendere i
valori pre-moderni della società chiusa. Al quale sono andate le simpatie di
larga parte del ceto intellettuale, a destra come a sinistra. Il buon Augusto Del Noce riteneva
giustamente che in ogni rivoluzionario dormisse un reazionario
Perché
questa passione per i castelli in aria? Puro romanticismo politico. Da anime più o meno belle che non possono non nutrirsi di visioni utopiche animate dalla fede verso l' uomo nuovo del futuro, oppure innervate dalla nostalgia di una passata e mitica età dell’oro, dimora dell’uomo della tradizione.
A sua volta, il romanticismo implica l’occasionalismo politico. Di qui l’idea che, pur di abbattere la società aperta, ci si possa affidare a qualsiasi leader emerso improvvisamente dalla folla, semplificando, da Hitler a Greta. L’odio contro la società aperta - un esperimento storico in farsi, quindi ricco di contrasti come di opportunità - è talmente forte, che porta costoro a sposare qualsiasi causa, pur di abbatterlo.
A sua volta, il romanticismo implica l’occasionalismo politico. Di qui l’idea che, pur di abbattere la società aperta, ci si possa affidare a qualsiasi leader emerso improvvisamente dalla folla, semplificando, da Hitler a Greta. L’odio contro la società aperta - un esperimento storico in farsi, quindi ricco di contrasti come di opportunità - è talmente forte, che porta costoro a sposare qualsiasi causa, pur di abbatterlo.
All’origine dell’ “odio verso il sistema”, ovviamente, possono rilevarsi moventi personali, di carriera mancata o meno, come pure di natura caratteriale e di sensibilità gregaria. In realtà, a prevalere sono quasi sempre le predilezioni ideologiche ottimamente individuate da Tarmo Kunnas nella Tentazione fascista: negazione del progresso, antiegualitarismo, antimaterialismo morale, nazionalismo, culto per l’azione, solo per indicarne alcune.
Sono propensioni intellettuali che almeno dagli anni Venti e Trenta del secolo scorso aleggiano trasversalmente nella cultura italiana, conferendole, come dicevo, una forte tinta antiliberale. In questo senso, parlerei più compiutamente di "tentazione totalitaria". Siamo dinanzi a una specie di riflesso pavloviano, che può scattare all'improvviso, quando e se il clima politico si riveli propizio. E qui è inutile tornare sui danni "climatici", retorici e politici causati oggi dal populismo.
Sono propensioni intellettuali che almeno dagli anni Venti e Trenta del secolo scorso aleggiano trasversalmente nella cultura italiana, conferendole, come dicevo, una forte tinta antiliberale. In questo senso, parlerei più compiutamente di "tentazione totalitaria". Siamo dinanzi a una specie di riflesso pavloviano, che può scattare all'improvviso, quando e se il clima politico si riveli propizio. E qui è inutile tornare sui danni "climatici", retorici e politici causati oggi dal populismo.
Credo perciò - il professore non si offenda - che gli unici "mostri" intellettuali, probabilmente fino ad oggi nascosti nella sua testa, siano legati a una visione romantica della realtà, portata a sopravvalutare il carattere istintivo e fantastico dell’ircocervo politico. Istintivo, anche nel senso, che il romanticismo può talvolta nascondersi dietro un'antropologia realista della politica incentrata però sull'intransigente ipostasi retorica della lotta per la vita.
Che poi, per scomodare Berlin, il "mago" di turno sia Hitler o altri, non è importante. Come scriveva Schmitt, per il romantico della politica, alla fin fine, “le distinzioni politiche si dissolvono", sicché “il Califfo di Baghdad non è meno romantico del Patriarca di Gerusalemme”.
Carlo Gambescia