Riflessioni sulla decrescita
Oggi proponiamo alcune riflessioni sulla "questione decrescita".
Nulla di particolarmente approfondito. Un'esposizione di dubbi, neppure
completa.
Il primo punto riguarda il modello
culturale. Come cambiarlo pacificamente? Come competere con la
gigantesca struttura mediatica e pubblicitaria che impone consumi crescenti? Il
consumo, oltre una certa soglia fisiologica, è un fatto culturale e sociale
perché si fonda su comportamenti collettivi di tipo mimetico (“Voglio avere
anch’io quello che hai tu” ). Come incidere realmente su modelli di
comportamento largamente condivisi dalle persone ? E' possibile auspicare un
terremoto nella mentalità e nei comportamenti collettivi senza mettere in conto
morti e feriti? Detto altrimenti: privo di dure forme di costrizione morale e
fisica?
Il secondo punto concerne il modello economico. Come cambiarlo?
Ad esempio, ai consumatori viene sempre spiegato che "la soluzione delle
soluzioni" è rappresentata dalla libera concorrenza: il solo meccanismo
capace di sciogliere i nodi monopolistici e speculativi che influiscono
negativamente sulla libertà di mercato e quindi sui prezzi dei beni così amati
dai consumatori. Ma siamo sicuri che le cose stiano così? E che invece
speculazione e monopoli non siano il portato di un capitalismo abbandonato a se
stesso e privo di regole? Quindi, non si rischia, puntando sulla fuoriuscita
decrescista dal sistema, di gettare il "bambino capitalismo" con
"l'acqua sporca degli oligopoli"?
E qui giungiamo al terzo punto che rinvia al
modello politico della decrescita.
Dal momento che fuoriuscire dal capitalismo “globalizzatore” e oligopolistico
implica il ritorno alle produzioni locali; recupero che, a sua volta, richiede
la nascita di spazi autocentrati, anche di grandi dimensioni, ( si pensi a
quello europeo-occidentale), capaci di gestirsi politicamente ed economicamente
in modo autonomo. E così opporsi alle scontate reazioni dei fautori della
globalizzazione. Dal momento che una piccola comunità autogestita, non potrebbe
resistere, da sola, alle pressioni esterne, soprattutto di tipo economico. Si
pensi alla questione della moneta; problema che può essere risolto all’interno,
magari abolendo o sostituendo il denaro con altri meccanismi, ma non -
attenzione - all’esterno, negli scambi internazionali, dove la richiesta di
pagamento in moneta “vera”, di solito quella delle nazioni potenti
militarmente, tende a diventare un’arma di ricatto, da parte del più forte. Di
qui la necessità, per le piccole comunità di federarsi in grandi spazi
economicamente autosufficienti, in grado, secondo le necessità, di rinunciare
al commercio internazionale. Ovviamente l’idea federale o confederale, dal
momento che risulta impossibile che il denaro possa venire abolito nello stesso
momento in tutto il mondo, impone la creazione di strutture politiche e
militari comuni, funzionali a scelte rapide e impegnative.
Alla decrescita, per essere felice, non può
non servire la spada. Difficilmente potrà essere estesa anche all'industria
militare.
Carlo Gambescia
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