Il libro della settimana: Ernst
Friedrich Schumacher, Piccolo è bello, Mursia 2011, pp.
306, euro 16,00.
http://www.mursia.com/ |
.
Ernst Friedrich Schumacher? Un dilettante,
ma di genio. Infatti - suprema perfidia dell’accademia, anche dei controeconomisti
- il suo nome non è tra le voci del Biographical
Dictionary of Dissenting Economists ( 2000), il Gotha cartaceo
dell’ economista non conformista. A dirla tutta, Schumacher, come ricorda Piero
Bolchini, nell’ interessante prefazione a Piccolo
è bello (Small is Beautiful)
da pochi giorni tornato il libreria ( Mursia, pp. 306, euro 16,00), « nato a
Bonn nel 1911 da una famiglia di docenti universitari e diplomatici, aveva
ottenuto nel 1930 la prestigiosa borsa di studio Cecil Rhodes, che gli aveva
consentito di seguire corsi di economia a Oxford e alla Columbia University di
New York senza tuttavia conseguire il titolo di studio»(p. 7) . Di qui
probabilmente quel perfido silenzio dell’Accademia, cui abbiamo accennato.
Schumacher si sarebbe poi guadagnato la vita, una volta cittadino britannico,
come Consigliere economico del National Coal Board, grazie alla
nazionalizzazione delle miniere decisa nel dopoguerra dal governo laburista.
Incarico dal quale si dimetterà nel 1970 per dedicarsi alla sua missione di
scrittore e conferenziere di cose metaeconomiche (sì, metaeconomiche, più
avanti spiegheremo perché…). Titoli e riconoscimenti ad honorem verranno dopo
la pubblicazione di Piccolo è bello , cui si affiancherà nel 1977, anno della
sua morte, A guide for the Perplexed
. In Italiano è possibile leggere anche la raccolta Buon lavoro (Red Edizioni).
Ma torniamo a Small is beautful,
titolo tra l’altro, come ricorda Bolchini, imposto dall’editore Blond &
Briggs. Quello originale recitava così: Homecomers.
A Study of Economics as if People Mattered (Quelli che tornano al focolare. Uno studio di
economia come se la gente contasse ). Il sottotitolo, come è
tuttora ben visibile, rimase invece tale e quale.
Si dirà, perché perdersi in queste minuzie? Una ragione c’è. La metaeconomia di
Schumacher parla alla gente comune. Dal momento che a suo avviso l’economia
appartiene a tutti, e in particolare ai semplici cittadini. A quelle persone,
piccole piccole, che “fanno” realmente l’economia ogni giorno, come lavoratori
e consumatori.
Populismo economico? Forse. Ma il discorso di un’economia a misura di uomo è
sicuramente giusto. Anche perché, il famoso “piccolo e bello”, non va inteso,
come talvolta capita di leggere, in chiave eco-rivoluzionaria. Scrive
Schumacher, da buon riformista:
«Ciò che voglio mettere in evidenza è la
dicotomia del bisogno umano quando deve affrontare un problema di dimensione:
non esiste risposta unica. Per questi diversi scopi l’uomo necessita di molte
differenti strutture, piccole e grandi, alcune assolute e altre relative. Ciò
nonostante la gente fa molta fatica a tenere a mente allo stesso tempo due
esigenze apparentemente opposte. La gente tende sempre a invocare a gran voce
una soluzione definitiva, come se nella vita ne esistesse una al di fuori della
morte: per operare in modo costruttivo, si deve anzitutto e in ogni caso
restaurare un certo equilibrio. Al giorno d’oggi soffriamo di un’idolatria
quasi universale per il gigantismo. Perciò è necessario insistere sulle virtù
della piccola dimensione, almeno dovunque essa sia applicabile. (se prevalesse
un’idolatria del piccolo che non prestasse attenzione ai problemi o agli scopi,
si dovrebbe cercare di esercitare un’influenza nella direzione opposta » (p.
70) .
Chiaro? Quanto di più lontano dal
fondamentalismo descrescista. Del resto per definire meglio le idee di
Schumacher abbiamo usato il termine metaeconomia: qualcosa che è a monte
dell’economia e che concerne la riforma interiore dell’uomo: condizione
necessaria, secondo Schumacher, prima di tentare qualsiasi riforma del mondo
esteriore. Non per nulla egli parlerà di scienza economica buddista, prendendo
spunto dalla grande tradizione orientale:
«Mentre il materialista si interessa
principalmente ai beni, il buddista si interessa principalmente alla
liberazione. Ma il Buddismo è la “via di mezzo” e perciò niente affatto
contrario al benessere fisico. Non è la ricchezza che ostacola la via della
liberazione ma l’attaccamento alla ricchezza, non il godimento delle cose
piacevole ma la brama di esse (…) . Perché il problema non è la scelta fra
crescita moderna e stagnazione tradizionale. Si tratta di trovare il giusto
corso dello sviluppo, la Via
di Mezzo fra la sventuratezza materialista e l’immobilità tradizionalista: in
breve bisogna trovare il “giusto sostentamento” anche in economia (p. 61).
Sviluppo sostenibile? Forse. Diciamo che
Schumacher si pone a metà strada tra l’economia mercatista e l’economia di
comando: fra neoliberismo e socialismo burocratico. Non vuole superare o
abbattere il capitalismo, ma temperarlo, puntando sulla riforma morale, sulla
sussidiarietà e, dove possibile, senza forzature dall’alto, sulla piccola
impresa cooperativa, privata, pubblica e mista.
In questo senso, un’utile integrazione storica e sociologica alla metaeconomia
di Schumacher resta l’opera di Leopold Kohr, Il
crollo delle nazioni ( The
Breakdown of Nations, 1957). Libro in cui si dimostra che
l’eccessiva grandezza-grossezza (“the bigness”) è una patologia sociale (http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/06/riletture-leopold-kohr-1909-1994.html).
Kohr è il teorico, per alcuni duro e puro, della piccola comunità, da lui presentata
come perfetto esempio di fisiologia sociale. Il che significa che, almeno nei
contenuti, il famoso slogan “small is beatiful”, imposto dall’editore, risale
invece a Kohr. Per il quale quanto più un gruppo sociale cresce di dimensioni,
rispetto ad altri gruppi, tanto più esso tende a dominarli. Nel suo volume tra
i tanti esempi negativi citati, Kohr rinvia alla città-stato antica ( Roma), e
allo stato-nazione moderno (la
Prussia , e poi la
Germania ).
Un libro, quello di Kohr, non più in commercio da anni, che Mursia - lanciamo
un appello - potrebbe riproporre nella stessa bella collana (“Mondo Migliore”),
dove è appena uscito Piccolo è bello.
Kohr, scomparso nel 1994, gradirebbe. Schumacher anche. E i lettori pure.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento