Per dirla con franchezza, a chiunque studi la destra, o comunque la conosca abbastanza bene, la puntata di “Report” su Giuli, neo Ministro della Cultura, non ha detto nulla di nuovo. Zero scoop.
Non è certo una rivelazione giornalistica che Giuli si sia formato in ambienti culturali nemici del liberalismo e della democrazia, nei quali, al massimo, il liberalismo e la democrazia sono visti come mezzi e non fini per agguantare il potere e polemizzare con la sinistra, rinfacciandole astutamente di rinnegare i valori democratici che professa.
Poi ovviamente esistono le sfumature interne a questo variegato mondo della destra parlamentare ed extraparlamentare: esoterici, tradizionalisti, nazionalisti, socialisti-nazionali, monarchici, corporativisti, antisemiti, identitari, non conformisti eccetera, eccetera.
Il che può anche essere interessante da scoprire, per lo storico. Però quel che non va mai dimenticato, soprattutto dal politico, e che ciò che accomuna questa cultura è il disprezzo cosmico verso il capitalismo, il liberalismo e la modernità. Basta fare un giro in Rete per scoprirne gli stereotipi del “militante non conforme” (alla modernità liberale, ovviamente). Anche negli angoli del pensiero e dell’arte, apparentemente meno sospetti.
Ad esempio, l’ enfasi che si pone sul futurismo, fenomeno culturale dalle molteplici sfumature, in realtà guarda a una modernità gerarchica e reazionaria agli antipodi della modernità illuminista: una visione eroicizzante che si impone di coniugare un mondo castale con la tecnica moderna.
Uno dei più insidiosi teorici di questo “accoppiamento (poco) giudizioso” , Guillaume Faye, scomparso qualche anno fa, coniò il termine archeofuturismo, immaginando un’Eurasia castale, dotata dei congegni più moderni e delle tecnologie militari più avanzate. Un superfascismo per supereroi. Roba da fantasisti delle idee, che però piace molto a destra, soprattutto a giovani militanti e intellettuali”, qualcosa di eccitante che va ben oltre le minestrine del Signore degli Anelli.
Pertanto il vero problema, che sfugge a “Report” non è che un archeofuturista sieda al Ministero della Cultura, ma come mai il successo politico abbia arriso a una parte politica che con la società aperta liberale, per dirla alla buona, non c’entra nulla. Qui i potenziali archeofuturisti, magari senza ancora saperlo, sono milioni. Altro che la chiosa dell’antropologo culturale, dell’Università della Calabria, sul culto solare, prediletto da Giuli.
Il Ministro non è che uno degli esemplari tipici di una cultura politica che in blocco (quindi sfumature incluse) rappresenta una minaccia reale per l’esistenza della liberal-democrazia. Aggiungiamo, che per quanto riguarda Giuli, non c’era alcun bisogno di intercettarne le mail private, bastava una lettura attenta dei suoi libri. Però, per questo, serviva una conoscenza approfondita della cultura di destra, assente in Ranucci e nei suoi collaboratori.
Si poteva partire ad esempio da Nigredo (il suo primo e unico romanzo) per scoprire il suo entroterra culturale. Costo del libro, euro 12.
Anche la machiettizzazione del Ministro e della cultura di destra non aiuta. Per inciso, fino al 1933, Hitler venne descritto come una specie di pagliaccio politico.
In realtà il blocco politico antimoderno si combatte credendo innanzitutto nei valori liberali. E invece la sinistra che fa? Ridicolizza. E ridicolizzando, rende simpatico l’avversario, lo umanizza in qualche modo, sicché il fascismo diventa una specie di moda politica che – si pensa – in fondo fondo non è poi così male.
Ed ecco Giuli diventare un elegantone di altri tempi, quindi con un suo fascino, magari obliquo (il che fa tanto antieroe), screditato ingiustamente. Una vittima della sinistra, che ogni giorno la destra dei giornali dipinge come brutta e cattiva.
Ripetiamo, non si può combattere il redivivo fascismo, se non si crede fermamente nei valori liberali. E Ranucci liberale non è, se non quando deve difendere i suoi scoop sul filo del rasoio della legalità.
Si dirà meglio di niente. E che il nemico dei nostri nemici è nostro amico. Quindi Ranucci sarebbe un alleato del liberalismo. E sia.
Il che però la dice lunga sulla crisi del liberalismo. Cosa che ci rattrista profondamente.
Carlo Gambescia
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