I mass media ne parlano poco, perché il pacifismo sembra ormai essere diventato una specie di saluto romano delle democrazie: scatta in automatico. Quindi Kiev può difendersi, ma…, Israele pure, ma… E così via.
In realtà, i successi di Kiev (non scontati) e di Israele (scontati) propongono un modello strategico che è l'esatto contrario del pacifismo. Quello del difendersi attaccando. Ci spieghiamo meglio.
Innanzitutto, la storiella che le società liberal-democratiche devono essere liberali fino al punto di farsi espugnare dai nemici del liberalismo è un segno di debolezza, di grande aiuto per i nemici. Attenzione: nemici non avversari.
Si tratta di pura propaganda recepita, anche dai nemici interni, per indebolire l’ossatura politica delle società liberali. Si pensi al recente caso dell’ arresto di Durov, patron di Telegram, un vero e proprio Cavallo di Troia. Quindi ben fatto. Sul punto, oltre che all’Iliade rinviamo al nostro articolo di lunedì scorso (*).
Innanzitutto la libertà ha un valore reciprocitario. Chi vuole sopprimerla, e per giunta con la forza, deve essere messo nelle condizioni di non nuocere. Cioè chi non reciproca in termini di fini e non di mezzi, perché per ideologia (fini) è tutto eccetto che liberal-democratica, va considerato pericoloso. E dunque va privato dei mezzi (del resto artatamente accettati).
Insomma delle due l’una: o si accetta di gareggiare con la liberal-democrazia, all’interno e all’esterno, aprendosi e aprendo all’altro, perché si condividono i valori liberali del “sistema”, quindi ci si comporta da leali avversari, oppure, se ci si perdona la brutalità, si viene cancellati come nemici del sistema, o comunque, come detto, messi in condizione di non nuocere.
Perché una cosa è discutere tra avversari di quanto mercato e liquidità serva a un’economia, un’altra è vedere nel mercato e nel denaro lo sterco del demonio. Perché una cosa è discutere, sempre tra avversari, di modelli di famiglia, un’altra imporre un modello unico di famiglia, magari sancito da una religione di stato. E così via.
Si ricordi: l’avversario, tratta e media, vuole convincere o essere convinto, il nemico, respinge, rifiuta, rompe, vuole solo vincere.
Ad esempio, nulla vieta a Russia, Cina, Corea del Nord, Cuba, Venezuela, Afghanistan, Iran, a proposito del discorso di ignorare le guerre del Presidente della Biennale di Venezia, Buttafuoco, già ammiratore di nazisti e di islamisti (quando si dice il caso), di programmare tante biennali cinesi, russe, coreane, eccetera senza censure. Aperte anche a registi e attori non in sintonia, diciamo così, con il regime.
E invece questi paesi governati da dittatori, difesi da Buttafuoco, non “reciprocano”: al massimo mettono su pagliacciate di regime. Però prontamente, aiutati da personaggi come Buttafuoco, pretendono, regolarmente, figurarsi all’interno di un festival, di impartire lezioni alla liberal-democrazia.
Ad esempio, in Afghanistan sembra che ora i talebani vogliano impedire alle donne perfino di cantare… Bene, secondo Buttafuoco, in nome della cultura, un paese così retrogrado, se avesse un cinema, andrebbe invitato a Venezia. Ma di quale cultura? Quella della sopraffazione dei più elementari diritti umani.
Dicevamo del modello ucraino-israeliano. Quello ucraino ha richiesto quasi due anni di guerra, però ora è in atto e funziona. La Russia è aggredita nel suo territorio. Prova, finalmente, cosa significa subire a sua volta un’aggressione. Era dal lontano 1941 che non accadeva. Lo stato di Israele, per contro, si è quasi sempre difeso attaccando. E con risultati di sopravvivenza istituzionale largamente positivi.
Inoltre Israele gode di un eccellente sistema difesa dagli attacchi dal cielo, sistema che andrebbe esteso anche a Kiev. Sicché i due filoni, diciamo così, 1)un esercito potente pronto a intervenire, anche in territorio nemico, e 2) un altrettanto potente meccanismo di difesa aerea, toglierebbero la voglia ai nemici di fare la guerra.
Ovviamente, una tesi del genere è rifiutata dai pacifisti occidentali, in buona o cattiva fede che siano. Per i quali – somma scemenza politico-esistenziale – il liberalismo per provare di essere tale, dovrebbe lasciarsi calpestare dai suoi nemici. Insomma, in nome della fallacia di non contraddizione, del mancato rispetto di un principio logico, il liberalismo dovrebbe fornire, principio politico, la corda liberale a russi, cinesi, coreani, eccetera, per farsi impiccare. In questo modo eviterebbe di entrare in contraddizione logica e politica con se stesso. Magnifico. Se non che la logica ne uscirebbe bene, il liberalismo occidentale male.
A questo proposito si ricorderà la barzelletta che racconta del grande primario, che parlando con i congiunti del paziente appena operato, definisce l’intervento chirurgico perfettamente riuscito, salvo il fatto che purtroppo il malato è morto sotto i ferri…
Capito? Secondo i nemici dell’Occidente, il liberalismo per provare di essere tale, deve morire. Deve offrire la giugulare alle zanne del nemico…
Attenzione, e lo diciamo da realisti metapolitici, per l’Occidente non è neppure questione di opporre a brigante brigante e mezzo. Il vero realismo politico non può non tenere conto di un fatto importantissimo: i nemici del liberalismo non sono avversari tradizionali che condividono gli stessi valori politici, come accade all’interno del Occidente euro-americano. Non è una guerra tra briganti. Ma tra difensori e nemici della libertà. Insomma, per capirsi: George Washington non è Napoleone; Churchill non è Hitler; Biden e Zelensky non sono Putin e Medvedev; Benjamin Netanyahu non è Yahya Sinwar.
Parliamo di una differenza fondamentale. Qualitativa. In nome della quale non si può,
anzi non si deve, restare neutrali. I dubbi valgono per l'avversario non per il nemico. Se uno è malato di cancro, è malato di cancro. Punto. E il cancro va estirpato.
L'atteggiamento di fermezza verso il nemico è fondamentale. Perché evita un processo distorsivo: quello di tramutare il realismo metapolitico in realismo criminogeno al servizio delle dittature.
Tra la liberal-democrazia occidentale e la dittatura c’è una differenza tassonomica di genere non di specie. E perciò, in caso di necessità, si deve agire di conseguenza. Senza andare tanto per il sottile. Anzi le mosse del nemico vanno sempre anticipate.
Concludendo, ma quali scuse pacifiste… Solo ferro per i nemici della liberal-democrazia.
Carlo Gambescia
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