Prima si legga la sintesi (*) dell’ intervento di Giorgia Meloni al convegno svoltosi ieri alla Camera sul “premierato” organizzato dalla Fondazione De Gasperi. Un capolavoro di melonismo a sonagli. Cioè, del suo essere, politicamente parlando, infida, subdola, pericolosa per la democrazia.
Dinanzi a una “legge sul premierato”, in discussione al Senato, che in pratica stravolge i principi del parlamentarismo, cioè un sistema basato sul parlamento eletto dai cittadini e sulla normale dialettica tra maggioranza e opposizione, Giorgia Meloni ha il coraggio di parlare di una scelta non ideologica, di puro pragmatismo. Una faccia di bronzo colossale. Mentre enuncia queste cose, nessuno si offenda, ma si sente il rumore metallico di una coda che vibra.
In pratica, e chiunque può documentarsi (**), se passeranno le modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione, una volta votato gli italiani dovranno tenersi premier e governo per cinque anni, salvo tornare a votare.
Non sussiste altra possibilità. Perché il Presidente del Consiglio, eletto in chiave plebiscitaria, e contestualmente alla elezione di deputati e senatori (tra l’altro sono aboliti i senatori a vita di nomina), con premio di maggioranza ( “principio” addirittura inserito in Costituzione), potrà essere sostituito solo da un altro Presidente del Consiglio, collegato, dal punto di vista elettorale, al presidente eletto. Detto alla buona: se non è zuppa è pan bagnato...
Il Presidente della Repubblica, ormai tenuto per prassi a salvaguardare non tanto le scelte politiche del governo quanto la neutralità delle istituzioni in funzione della sovranità del Parlamento, non potrà più suggerire nessun altro nome o soluzione che non sia interna alla maggioranza. Di qui (stiamo semplificando), in caso di nuovo voto negativo delle Camere, lo scioglimento e le nuove elezioni.
Inoltre, l’eventuale Presidente del Consiglio proposto, proveniente, di fatto, sempre dalla stessa maggioranza, dovrà essere un parlamentare. La legge di riforma perciò esclude “tecnici esterni” e “soluzioni tecniche”. Su quest'ultimo punto, che riflette la riesumazione dell'antico complottismo, tipico della destra, sui "poteri forti", ci si preclude l'apporto di preziose energie, certo "esterne", ma preziose e spesso risolutive.
Pertanto il Presidente della Repubblica rischia di trasformarsi da garante, con voce in capitolo, in notaio che autentica e registra le decisioni, si badi politiche, del governo.
Siamo perciò dinanzi a una forma di strisciante presidenzialismo plebiscitario, l’esatto contrario di una repubblica parlamentare, dove l’ultima parola spetta al parlamento (quindi alla dialettica tra maggioranza e opposizione) o comunque al Presidente della Repubblica, ora non più garante, che invece, a quel punto, "inchiodato" alla formula politica del Governo, potrà trascurare, addirittura durante le consultazioni, il parere, divenuto pleonastico, dell' opposizione, perché portatrice di altra formula politica.
Per non parlare di incarichi a personalità non provenienti dalla maggioranza, con non meno a cuore il bene del Paese. Personalità escluse per principio. Si noti la politicizzazione totale del Presidente della Repubblica, costretto a piegarsi ai desiderata del Governo in carica.
Si ricordi bene un punto fondamentale: il bene del Governo è una cosa, il Bene Comune un'altra. E di quest'ultimo, sopra ogni cosa, è garante il Presidente della Repubblica. Per contro, il progetto di riforma della destra va in direzione del bene del Governo, mascherato dal voto plebiscitario, come purtroppo la storia del fascismo ha insegnato.
Inutile segnalare il potere di ricatto, del "premier" verso la propria maggioranza ("O mi sostenete o andate casa"). Potere racchiuso nella decisione di scioglimento delle Camere. Pertanto viene meno ogni possibilità di critica e discussione, non solo in Parlamento ma all’interno della stessa maggioranza. Né opposizione esterna né opposizione interna.
Il principio è questo: o si governa o si va al voto. Maggioritarismo allo stato puro, rinforzato dal valore morale-politico-plebiscitario attribuito all’elezione diretta del Presidente del Consiglio da parte del popolo, rispetto a un Presidente della Repubblica, eletto, in seconda battuta, per così dire, dal Parlamento. Quindi “meno” rappresentativo della volontà del popolo…
Insomma, all’ opposizione, già penalizzata dalla legge elettorale maggioritaria, resterebbe un specie di microscopico diritto di tribuna.
E tutto questo secondo Giorgia Meloni non sarebbe frutto di alcuna ideologia. In realtà, la “legge sul premierato” riprende i principi classici dell’antiparlamentarismo. È ultra-ideologica e parafascista, se si ricorda il ruolo svolto dall’antiparlamentarismo nella cultura prefascista, come serra calda, eccetera, eccetera.
Siamo dinanzi a una concezione nemica della democrazia parlamentare, che i costituenti passati attraverso la fornace del fascismo, che dal punto di vista istituzionale rappresentò una specie di dittatura del potere esecutivo, si imposero di evitare in futuro puntando sul parlamentarismo.
Ma allora nei “paradisi” del presidenzialismo e del premierato come negli Stati Uniti, in Francia, eccetera? Semplifichiamo il concetto al massimo: in Italia, dove si è inventato il fascismo, ogni riforma rivolta al rafforzamento dell’esecutivo, a maggior ragione se a proporla è un partito dalle radici neofasciste, è di un’ assoluta pericolosità per la democrazia.
Si rifletta sul punto: Biden e Macron non si sono assolutamente formati nell’alveo di una cultura politica della tentazione fascista. Per contro, Donald Trump e soprattutto Marine le Pen potrebbero invece, a loro volta, approfittare, degli estesi poteri esecutivi. Ma questa è un’altra storia.
Il che però spiega, perché Giorgia Meloni, che sa bene tutto ciò, non voglia più parlare di fascismo, né di antifascismo. Si atteggia, come nell'intervento di ieri, a pragmatica, super partes, nemica delle ideologie, presentando le sue idee come nuove di zecca e del tutto innocue.
Si comporta, come dicevano, da serpente a sonagli.
Carlo Gambescia
(**) Qui: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01394479.pdf .
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