Coronavirus e politica
Hanno vinto i sovranisti?
Sembra
che il sovranismo stia per vincere.
Diciamo un sovranismo di necessità.
Virale. Ci spieghiamo subito.
In Europa, dentro e fuori le istituzioni Ue, la tendenza prevalente sembra essere quella di muoversi politicamente in ordine sparso.
In Germania, il paese dall'economia più forte, si è scelto un approccio al Coronavirus più blando, ad esempio i dati epidemici non vengono comunicati giornalmente e si è delegato ai Land il potere di intervento. Stessa cosa in Gran Bretagna. Ma anche Francia e Spagna, pur non adottando la linea tedesca e britannica e pur chiudendo scuole e università (in Spagna sembra stia per chiudere anche il Parlamento), sembrano per ora lontane dalla durissime scelte italiane. Infine, ancora non si giunti alla chiusura generalizzata delle frontiere intra-Ue, ma per così dire se ne sta discutendo.
In Germania, il paese dall'economia più forte, si è scelto un approccio al Coronavirus più blando, ad esempio i dati epidemici non vengono comunicati giornalmente e si è delegato ai Land il potere di intervento. Stessa cosa in Gran Bretagna. Ma anche Francia e Spagna, pur non adottando la linea tedesca e britannica e pur chiudendo scuole e università (in Spagna sembra stia per chiudere anche il Parlamento), sembrano per ora lontane dalla durissime scelte italiane. Infine, ancora non si giunti alla chiusura generalizzata delle frontiere intra-Ue, ma per così dire se ne sta discutendo.
Si
rifletta. Siamo davanti a posizioni
diverse dettate non solo dal differente numero di casi nazionali (non alti come in Italia), ma anche dalle differenti percezioni delle
gravità del Coronavirus, dietro le quale
si nascondono visioni del mondo diverse.
Ciò
conferma, che il sovranismo - o per
dirla senza giri di parole il nazionalismo - sia la norma e
l’universalismo liberale l’eccezione? Chi
scrive ritiene invece che sia proprio il
contrario. E che quanto sta
avvenendo - ci riferiamo sempre alle differenti opinioni e decisioni politiche
in materia di Coronavirus - sia un caso estremo di biopolitica: di grado zero della politica. Insomma, di condizioni
anormali.
E
nella anormalità - vera o presunta ma “reale” nella mente umana - la politica si trasforma sempre in biopolitica: posta davanti alle questioni della vita o della morte, la società, una volta tornata al grado a zero della socialità, per così dire
arcaico, mette in moto i suoi meccanismi
più rudimentali ( controlli spietati, isolamento, eliminazioni dei deboli),
tendendo così a dare il suo peggio (paura, chiusura, intolleranza). Il che è sempre il portato di situazioni
estreme, quando sono in gioco la vita e
la morte, non è mai frutto di una condizione normale
della politica, la fisiologia della politica, se si vuole. Fondata sul contratto, sulla discussione, sulla libertà di commercio, sulla
tolleranza, sulla metabolizzazione del
nemico tramutato in avversario. Insomma, su procedure che, nei limiti del
possibile, cercano di sostituire la scheda alla pallottola. E tutto questo è segno di
civiltà e progresso rispetto all'arcaicità del grado zero, di cui nessuno nega l'esistenza, ma non l'assolutezza antropologica. La politica non è mai celebrazione della violenza o soltanto violenza. La politica è complessa successione di quadri antropologici differenti.
Si
pensi a un personaggio come Salvini, politico da tempi di eccezione (o presunti tali), che, in situazioni del genere sembra trovarsi perfettamente a suo agio.
Non fa che ripetere che si deve chiudere tutto, dentro e fuori d’Italia. Più o
meno come prima: ieri gli immigrati oggi il Coronavirus. Quale prova migliore, della natura patologica
del sovranismo, che non è altro che nazionalismo dolcificato? Incapace di distinguere tra dei, uomini e
bestie? Insomma, come dicevamo, di scegliere prudentemente tra i diversi quadri antropologici?
Sotto
questo aspetto la scelta sovranista (o quasi dell’Italia), che vede il
moltiplicarsi (ieri addirittura Mattarella)
delle polemiche anti-Ue, non può che rafforzare un approccio patologico alla politica di tipo
nazionalista e favorire, direttamente o indirettamente, soluzioni politiche alla Salvini.
Il
problema non è tanto il fatto che in Europa ognuno vada per sé, ma che i
diversi stati vi siano costretti dalla natura limite delle decisioni che devono essere prese. Di natura biopolitica. Un fatto che non costituisce -
ripetiamo - la condizione normale della
politica. Ma eccezionale. Come per l'appunto il nazionalismo.
E chi si trova in full position in una situazione del genere? Salvini. La cui politica non è patologica per caso. Anzi lo è sempre. Con o senza Coronavirus.
Carlo Gambescia