venerdì 28 febbraio 2020

Trumbo e Trump, così lontani così vicini…

L’altra sera ho visto  in tv  il  film di  Jay Roach  su Dalton Trumbo. Una bella pellicola, tecnicamente ben fatta, bravi attori, eccetera. Proprio secondo le migliori tradizioni hollywoodiane.  Le stesse tradizioni, per così dire,  che condannarono all’esilio in patria (e a un anno di prigione)  un bravissimo sceneggiatore e  scrittore  che faceva entrare nelle tasche dei grandi produttori fiumi di dollari.  
Trumbo, era iscritto al lillipuziano  partito comunista americano, e cadde vittima, con altri nove colleghi, dell'incubazione maccartista,  e più in generale del durissimo clima di scontro ideologico della Guerra Fredda (che allora era anche "Calda", perché gli Stati Uniti stavano combattendo in Corea). 
Negli anni Sessanta-Settanta, sulla scia dello spostamento a sinistra della cultura politica americana, Trumbo venne in qualche misura  "riabilitato". Attenzione, non tanto come comunista quanto come vittima di persecuzioni inconcepibili in paese che si  vantava (e vanta) di essere liberale.
Queste oscillazioni   vanno  al di là del caso Trumbo e spingono a fare  qualche  riflessione.  
La storia  degli Stati Uniti nel Novecento  non è nuova alle persecuzioni politiche.   Negli anni Venti  gli Stati Uniti si spostarono  a destra: si temevano gli effetti tentacolari della  Rivoluzione russa. E Sacco e Vanzetti, tra gli altri, pagarono per tutti il debutto ufficiale dell'isteria da "Red Scare". Negli anni Trenta e parte dei  Quaranta  con Roosevelt l'America  tornò di nuovo a sinistra,  per poi volgersi a destra fino a quasi tutti gli  anni Cinquanta.  Trumbo fu stritolato da questa svolta. In pratica, dalla seconda puntata del "dagli al rosso".  Però, come detto, negli anni Sessanta-Settanta, gli Usa si spostarono di nuovo a sinistra.  Dopo di che  negli anni Ottanta esplose il fenomeno Reagan (con l' appendice di Bush padre) e così via, passando per ricadute politiche a sinistra (Clinton), a destra (Bush figlio), ancora a sinistra (Obama),  per giungere  infine  a  Trump, che, politicamente parlando,  non è di destra né di sinistra, come ogni buon aspirante dittatore.

Trump e Trumbo. I due  “Trum” sicuramente non si sarebbero capiti. Troppo diversi: il primo un comunista, il secondo un criptofascista. Eppure diversi fino a un certo punto.  Forse intendo dire che sono due prodotti standard del liberalismo americano? No. La spiegazione è ancora più sottile.
Sebbene con ruoli e destini  molto diversi rappresentano invece  tutti e due  il  modo peggiore di fare politica negli Stati Uniti.  Trumbo simbolizza il momento  dell’idealismo autolesionista (ma come si può essere comunisti  negli Stati Uniti? Citofonare a Sombart), Trump, quello del materialismo basta-che-funzioni (ma come si può ridurre la politica al prato ben curato davanti casa? Citofonare a Veblen ).
Ovviamente, Trumbo era una povera rotellina, Trump invece è alla guida della macchina. Il primo era  coraggioso fino alla temerarietà, il secondo un politico per caso, che,  vigliaccamente,  scarica tutto sui collaboratori.
Eppure sono entrambi testimonial, per così dire, di un modo sbagliato di fare politica. Che cosa voglio dire? Che siamo dinanzi alla classica politica che tira fuori il peggio dalla pancia dell’ avversario, il quale  a sua volta rilancia, per poi subire il rilancio dell’altro, e così via, secondo un meccanismo a spirale, dalle grandi potenzialità autodistruttive.   
Certo,  fatte le debite proporzioni, simbolicamente, l’avversario di Trumbo era McCarthy,   un personaggio patetico e pericoloso al tempo stesso. Quello di Trump, pare sia, realmente,  Sanders, altrettanto patetico e pericoloso.
Morale della storia?  Una politica che si allunga come un elastico, tra il patetico e il pericoloso, rischia sempre di spezzarsi. Insomma, Trumbo e Trump, così lontani, eppure così vicini…   Per fare l'America più grande? No,  più piccola...



Carlo Gambescia