Le epidemie al tempo del populismo
Stando
alle prime pagine dei giornali, oggi saremmo in piena pandemia. Ovviamente non è ancora così, ma politici per primi, si sta facendo veramente del peggio per alimentare un clima
di paura e per facilitare, volenti o nolenti, la crescente concentrazione dei poteri pubblici: la cui prima vittima, cosa fondamentale, rischia di essere proprio la nostra libertà.
Ora,
davanti alle classiche epidemie di peste del nostro lontano passato, le restrizioni,
seppure rozze e ridicole, potevano avere un senso. Ma dinanzi a qualcosa di curabile, che non ha
nulla a che vedere con le celebri pagine manzoniane dei Promessi
Sposi sarebbe veramente sciocco
lasciarsi prendere dal panico (*).
Eppure la politica, sta agendo, come se invece del Duemila si fosse nel
Seicento. Per non parlare dei mass media… O peggio ancora del Web…
Come insegna
la sociologia, tutte le emergenze, vere
o false che siano, implicano l' accentramento di poteri pubblici e le drastiche diminuzioni di libertà. Pitirim
Sorokin, scrisse un magnifico libro, Man and Society in Calamity (1942), dove, dati storici e sociologici alla mano, dimostrò il nesso
causale tra epidemie, terremoti,
rivoluzioni, guerre e gravissime restrizione alla libertà. Pertanto, si dovrebbe prestare grande attenzione al cosiddetto meccanismo dell'allarme sociale. Tradotto: mai mettere in moto senza ragioni valide, diciamo oggettive e comprovate, la macchina, soprattutto se straordinaria, del controllo sociale. Che è mossa da puri e semplici automatismi sociali, quasi sempre acefali, quindi cripto-totalitari, che una volta avviati non si fermano o arrestano con un cenno della mano.
Ad
esempio, la chiusura delle stazioni
intorno a Lodi (per quindici casi, non per quindici deceduti…), la necessità della quarantena, neppure si fosse nella Milano del Seicento, la tremebonda chiusura, già venti giorni fa, dei voli da e per la
Cina , infine la minaccia di Conte di nuove misure più severe, sono tutti esempi di
progressive e pericolose restrizione alla nostra
libertà. Ovviamente, come si dice sempre, per il nostro bene. Per impedire, si dice, che l'epidemia si trasformi in pandemia. Puro gioco di parole...
Si tratta di un micidiale mix di isteria mediatica e principio di precauzione. L’isteria
mediatica appartiene da sempre all’immaginario sensazionalistico del
giornalismo. Il principio di
precauzione fa parte invece dell’immaginario costruttivista della sinistra (e
anche della destra statalista). Si vuole maniacalmente mettere tutto sotto
controllo in nome di un’idea di bene collettivo, di cui il potere politico avrebbe le magiche chiavi: “Io
Stato so ciò che è bene per te, o Cittadino”. Detto altrimenti: per il
principio di precauzione, peste e influenza pari sono.
Fortunatamente
la gente, spinta dalla normalità quotidiana, continua, per ora, la propria vita, dal
momento che la diffusione del virus è limitatissima, quindi inavvertita, anche in termini di mortalità de facto, praticamente
inferiore a quella delle epidemie
stagionali di influenza, in Italia come nell'intero Occidente.
Sotto
questo profilo, il cosiddetto popolo
sembra essere più maturo - certo, per
ora - delle sue élite. Forse perché capisce i rischi che corre la
libertà individuale, o più probabilmente per rimozione emotiva. Insomma, per non rinunciare alle proprie abitudini. Talvolta le abitudini, come bisogno di normalità, sono più forti di ogni altro sentimento collettivo.
Talvolta, non sempre…
Diciamo,
infine, che al mix di cui sopra (isterismo e principio di
precauzione), si somma quel populismo che oggi sembra essere il collante
politico dei governi, di destra o sinistra che siano. Che conduce a fare
scemenze, non tanto per il popolo - attenzione - quanto in nome del popolo. Un atteggiamento che inevitabilmente agisce da moltiplicatore
del già pericoloso principio di precauzione. Con le possibili conseguenze che abbiamo già
ricordato.
Buona
giornata a tutti.
Carlo Gambescia