domenica 5 gennaio 2020

Trump, Iran e dintorni
Elogio di Roma ( e della Guerra Fredda)



Se invece  dell’Occidente euro-americano ci fosse Roma, la Roma del fulgore sotto i Flavi e gli Antonini, al posto dell’Iran, raddrizzato militarmente,  ora  vi  sarebbe un stato vassallo, oppure comunque una frontiera sicura, per quanto riottosa,  presidiata però  militarmente da ingenti legioni.

Ma gli Stati Uniti  non sono Roma,  perché privi di volontà di potenza, l’Europa invece ricorda la disunita  Grecia delle Leghe  prima della definitiva conquista romana. Pertanto  oggi  si procede in ordine sparso, e nel rispetto, quanto meno formale, di una pace, che a differenza di quella romana, come si dichiara ai quattro venti, non deve essere fondata sulle armi (sulla conquista militare)  ma  solo  sul  dialogo e sul libero  convincimento (sulla conquista dei cuori). 
Diciamo pure che tra la Roma dei Flavi e degli Antonini, e l’Occidente euro-americano dei Donald Trump, dei Boris Johnson, dei Giuseppe Conte, ci sono di mezzo il cristianesimo e l’illuminismo, due nobilissime correnti di pensiero che hanno  temperato  anime e dottrine, riuscendo  persino  a  ingentilirle.  Ma non sempre e non tutte.  
Il che  significa che oggi la politica ha le mani legate.  Dal momento che in un  contesto dove nessuno è nemico, perché si ritiene di poter  trasformare pacificamente e  culturalmente il nemico in amico, usare l’opzione romana diventa impossibile. Perché, innanzitutto, ci si deve vergognare programmaticamente della propria potenza.  Sicché il liberalismo, che pure ha le sue tradizioni  archiche,  ma che al tempo stesso è  scaturito dalla libera fusione tra cristianesimo e illuminismo,  viene ridotto  a puro metodo  per evitare le guerre.  Anche quelle inevitabili con chi vuole distruggerci e che per il momento desiste  solo perché  non ha i mezzi. Un suicidio.

Sotto questo   aspetto, ogni dibattito politico, come quello in corso sul gesto di Trump,  è viziato, perché esclude a priori l’opzione militare romana, che oggi includerebbe  la possibilità dell’uso del nucleare anche a scopi tattici.  Del resto lo stesso presidente americano  ha escluso pubblicamente  perfino  la guerra convenzionale. Quindi che deterrenza politica può avere l’uccisione di un generale iraniano? Zero. Può  solo far inferocire un nemico, che non si vuole cancellare ( o forse non si può a causa del clima terapeutico dominante), contribuendo così a  renderlo  ancora più pericoloso.    
Il che  determina lo svantaggio dell’Occidente nei riguardi di nemici che invece non avrebbero alcun problema a usare contro di noi, se le avessero, armi nucleari.
Il rimprovero che va fatto a Trump, come del resto ai leader europei,  è quello  non solo di non avere un strategia precisa sul Medio  Oriente,  ma di rifiutare a priori  l’opzione romana: mostrando palesemente, in occasione di ogni crisi,  di non  essere disposti  ad  andare  fino in fondo.
Ma è un rimprovero che va esteso alle altre grandi potenze mondiali, come Russia e Cina,  che per un verso rifiutano, anch’esse, l’opzione romana,  mentre per l’altro,  sperano nell’indebolimento degli Stati Uniti e dell’Occidente ad opera di micro-stati che vogliono dotarsi di armi nucleari.
Si ignora, intenzionalmente o meno, che  il  principale  fattore di crisi internazionale   è invece   rappresentato dalla mancanza di un “equilibrio del terrore”, o in termini neutralmente affettivi "di potenza": un equilibrio  di tipo romano  ma aggiornato al nucleare,  tra poche grandi potenze. Tra giganti che  invece avrebbero tutto l’interesse  a evitare l'estensione  degli  armamenti  non convenzionale ai nani politici.
Un accordo o equilibrio  di questo tipo,  legato dove necessario  a forme di intervento militare comune o di dissuasione interne ai rispettivi sistemi di  alleanze,  garantirebbe la pace non per sempre, ma per un certo numero  di anni.  Purtroppo, l'idea di pace eterna, oggi così propagandata, fa a pugni con la natura umana, che è quel che è. Innanzitutto imprevedibile. Quindi pericolosa.

Il fatto invece, che nessuna delle grandi potenze abbia il coraggio “romano”  delle proprie azioni, o peggio ancora si sobillino, senza preoccuparsi del quadro generale,   le potenze minori a dotarsi nuclearmente, rende  la situazione politica internazionale ancora più instabile, dunque imprevedibile,  mettendo sul serio  a rischio la pace.
Insomma,  si stava meglio quando si stava peggio.  Il nostro scritto, per chi non abbia ancora capito, è un elogio degli anni  della Guerra Fredda. Ai quali si dovrebbe tornare. Sempre che si aspiri alla pace.                                 
                              

Carlo Gambescia