Trump e Salvini contro lo stato di
diritto
Governo dei prepotenti o delle leggi?
Il
Congresso, a maggioranza democratica, ha
votato per l’impeachment di Trump, accusato di aver
brigato con una potenza straniera e intralciato in patria le indagini al riguardo, abusando dei suoi poteri. Il Senato, a maggioranza repubblicana
probabilmente lo respingerà. Però l’ultima parola deve essere ancora detta
In
Italia si vuole invece processare Salvini, sempre per abuso di potere nella vicenda delle nave Gregoretti: una brutta storia che vide,
secondo il Tribunale dei Ministri di Catania, il sequestro per alcuni giorni dei 131 migranti a bordo. La Giunta per le immunità del Senato dovrà decidere la “processabilità” di Salvini. L'esito dipenderà dalla maggioranza salviniana o
antisaliviniana che si formerà al momento del voto.
Trump
e Salvini sono due estremisti privi di qualsiasi senso delle
istituzioni e quel che è peggio sempre pronti a trasformarle in “mazze ferrate” per colpire i nemici politici. Di qui,
l’importanza - e la fortuna - di una
magistratura, come negli Stati Uniti e
in Italia, capace di indagare liberamente per evitare che al governo delle leggi si
sostituisca il governo degli uomini, per giunta prepotenti.
Certo,
anche i giudici hanno idee politiche. Ma non sono politici di
professione. Esiste perciò nei magistrati una riserva mentale, oltre che legale, di neutralità. Riserva che deriva dall’appartenenza a un
corpo sociale che fa della propria indipendenza un dovere istituzionale ( e
costituzionale, almeno nel diritto liberale).
Ciò
significa che se la magistratura fosse completamente sottomessa alla politica,
e in particolare al potere di un capo prepotente, come pretendono Trump e Salvini, e prima
ancora Hitler e Mussolini, non
esisterebbero più ostacoli all'amministrazione autocratica di una giustizia ridotta a tentacolo
del potere politico.
Pertanto
il voto politico sulla “processabilità” di Trump e Salvini può essere visto, in chiave
realistica, come l’ultima parola del
potere politico nei riguardi del potere giudiziario: del governo degli uomini
rispetto al governo delle leggi.
Si rifletta però su un punto. Sotto l'aspetto obiettivo, ci
troviamo davanti a due corpi sociali - politica e magistratura - in conflitto. E di quale conflitto si tratta? Di quello fisiologico tra logica politica del diritto e logica giuridica
della politica. Ovviamente con manipolazioni, sull’uno e l’altro lato, di tipo criptopolitico.
Purtroppo gli scivolamenti nel patologico della
dinamica sociale non vanno mai esclusi.
Però
la vera questione è che personaggi come Salvini e Trump aspirano addirittura
all’eliminazione della dialettica in quanto tale, insomma del conflitto fisiologico. A che scopo? Ricondurre il diritto nell’alveo
esclusivo della ragione politica.
In
realtà, tra le due possibilità "logiche" (ragione
politica e ragione giuridica) resta sempre preferibile la seconda: quella della riconduzione, per quanto sempre tendenziale e conflittuale( fisiologicamente conflittuale), della politica
nell’alveo del diritto. E per un semplice
motivo: la ragione giuridica, pur avendo
nei suoi aspetti esecutivi necessità della forza, in ultima istanza, non è mai costitutivamente solo forza, come invece nel caso della ragione politica.
Si
dirà che quanto fin qui esposto è solo teoria sociologica, e che nei fatti i
giudici si comportano politicamente, anzi criptopoliticamente. Il che può essere vero, sebbene solo in parte.
Perché ripetiamo sono differenti
i presupposti delle due logiche, politica e
giuridica.
Il
che significa, in parole povere, che dal governo di potenziali autocrati politici come Trump e Salvini solo un giudice ci può salvare.
Su questo dovrebbero riflettere i politici chiamati
a pronunciarsi negli Stati Uniti e in
Italia, non pro o contro Trump e Salvini, ma pro o contro il governo delle leggi. O se si preferisce, pro o contro lo stato di diritto. Che protegge tutti - politici, giudici e
cittadini - dagli autocrati. Vecchi e nuovi.
Carlo Gambescia