Le Sardine e le contraddizioni della
Sinistra
Piazze piene, teste vuote...
Odio
contro amore, due estremi che con la politica non c’entrano nulla. O meglio, che riguardano il lato patologico di una politica che invece ha regole proprie, metapolitiche,
oggettive. Contro le quali odio e amore
funzionano soltanto come moltiplicatori di problemi, creando divisioni manichee e
pseudo-religiose sulla base delle quantità variabili di bene e male, se si vuole di amore e odio, attribuite allo schieramento avverso. Per la serie Santi contro Diavoli...
Invece, la
vera politica, che è arte e scienza del possibile, deve laicizzare,
attutire, lavorare sugli spigoli,
glissare, “evitando le buche più dure”, per dirla con un grande filosofo della seconda metà del Novecento. Perché il vero politico non può non essere consapevole del fatto che le forze
del conflitto e cooperazione, come
strumenti metapolitici, che tornano e ritornano nella storia, sono presenti e
distribuite tra tutti gli schieramenti.
Sotto questo aspetto il cosiddetto Movimento delle Sardine costituisce l'ennesima reincarnazione di una Sinistra che ama autorappresentarsi come il Bene. Ovviamente, in biblica lotta contro una Destra che a dire il vero fa del
suo meglio per presentarsi come reincarnazione
del Male.
Approfondiamo il punto. Le
Sardine, ufficialmente rivendicano la propria apoliticità. In realtà si appellano alla Costituzione italiana, testo lunghissimo e come noto a forte impronta cattolica e
socialista: classico libro dei
sogni dalle radici di sinistra. Certo, le Sardine ne evocano, tanto per non farsi mancare nulla, i valori di democrazia,
eguaglianza e tolleranza. Cosa nobilissima, per carità. Tuttavia, sebbene solennemente proclamati dalla Carta, questi principi ricordano uno scatolone pieno di sabbia. Perché se non esiste un accordo comune sul loro senso e significato, accordo che in Italia è sempre mancato, il rischio resta quello che ogni forza politica finisca per usare la Costituzione come un randello contro chiunque la pensi
diversamente. Il che non è proprio liberale. Cosa, tra l'altro, regolarmente avvenuta.
Il
collante ideologico comune alle Sardine e alla Sinistra italiana, sembra tuttora essere l’antifascismo. Che però, se vissuto come separato dall’antitotalitarismo,
non solo politico ma culturale,
economico e sociale, insomma da una visione liberale (attenzione, non liberal), rischia di
trasformarsi nell’ennesima difesa del welfare state catto-socialista, che di totalitario, seppure
in chiave paternalistica, ha non poco. Il bello, anzi il brutto, è che la stessa visione welfarista è difesa dalla Destra che, ovviamente, ne
restringe i benefici ai soli italiani. I quali, di conseguenza, destra o sinistra che sia, votano chi promette più welfare, per la serie continuiamo a fare debiti... Del resto, non siamo il popolo del "Franza o Spagna purché se magna"?
Ora sul fatto che Salvini, politicamente
parlando, celebri, in veste più o meno aggiornata, certe idee fasciste
(nazionalismo, razzismo, antiliberalismo, protezionismo) non si discute. Ma può
bastare l’antifascismo politico, separato da una visione liberale dell’economia
e della società per batterlo?
Perché, certo, Salvini si può pure sconfiggere - cosa che tra l’altro ci auguriamo - ma dopo? Si
ricomincia intonando il solito mantra dello stato che come dio vede e provvede? Tesi, parateologica, che la Sinistra italiana ci ammannisce da sempre?
Insomma, siamo alle solite, piazze piene e teste vuote.
Carlo Gambescia