Il libro della settimana: Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini ( a cura di),Il partito di Grillo , il Mulino 2013, pp. 240, Euro 16,00.
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Nelle prossime ore
Grillo salirà al Quirinale. Secondo voci giornalistiche, il comico sembra
pronto a rivendicare un monocolore Cinquestelle…
Fantapolitica? No
realpolitik... Con i suoi otto milioni (e passa) di voti, il M5s è una
forza decisiva del sistema politico italiano. Se poi contribuirà a rinnovarlo o
distruggerlo è tutt’altra questione. Infatti, c’è chi associa il movimento di
Grillo al fascismo delle origini; chi parla di neopaganesimo di massa; chi di
qualunquismoon line, chi vi
scorge il prolungamento della politica spettacolo berlusconiana; chi, per
contro, lo eleva addirittura ad agente storico della prima e vera rivoluzione
italiana.
Sono, ovviamente, tentativi di definizione politica, viziati dalla necessità di bocciare (molti) o promuovere (pochi) un avversario fattosi decisamente pericoloso. E che per lo studioso lasciano il tempo che trovano. Perciò, se si vuole capire il reale significato del ciclone Grillo, è necessario fare un salto di qualità. Un'ottima guida di taglio politologico, del tipo senza ira né pregiudizi, è rappresentata dal notevole volume curato da Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini, Il partito di Grillo (il Mulino), docenti universitari e animatori dell’Istituto Cattaneo ( il primo né è stato più volte direttore, la seconda ne è l'attuale presidente).
Sono, ovviamente, tentativi di definizione politica, viziati dalla necessità di bocciare (molti) o promuovere (pochi) un avversario fattosi decisamente pericoloso. E che per lo studioso lasciano il tempo che trovano. Perciò, se si vuole capire il reale significato del ciclone Grillo, è necessario fare un salto di qualità. Un'ottima guida di taglio politologico, del tipo senza ira né pregiudizi, è rappresentata dal notevole volume curato da Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini, Il partito di Grillo (il Mulino), docenti universitari e animatori dell’Istituto Cattaneo ( il primo né è stato più volte direttore, la seconda ne è l'attuale presidente).
Lo studio,
sicuramente pionieristico ma di alto livello, disseziona in
cinque essenziali capitoli quello che Elisabetta Gualmini definisce
acutamente il «web populismo» del comico genovese. Il lavoro è basato su
una solidissima letteratura politologica (basta scorrere la ghiotta
bibliografia) e sul saggio uso empirico del sondaggio e dell’intervista
mirata. Temporalmente, Il partito
di Grillo si ferma alle soglie delle elezioni di febbraio.
Prima, insomma, della grande vittoria.
Il populismo
italiano di Grillo viene distinto teoricamente da quello moralistico di Antonio
di Pietro, dal populismo padronale di Berlusconi e da quello «terrigno e
secessionista» della Lega. Anche se si tratta pur sempre di populismo. E
pertanto, ci permettiamo di aggiungere, di un nemico - il che
francamente inquieta - della pur necessaria (insieme alla decisione)
mediazione politica di stampo liberale.
Il primo capitolo
(“Dalla Tv ai palasport, dal blog al Movimento” di Rinaldo Vignati) è
un’autentica sociologia di Beppe Grillo. Detto altrimenti: il dato biografico
rinvia, e sempre acutamente, alla connotazione sociologica. Quel
che colpisce della ricostruzione, per un verso sono le notevoli capacità
politiche del “personaggio” ( di autorappresentarsi, di aggregare, di
individuare nemici, di scegliere i punti deboli dell’avversario); per l’altro
l’assoluto vuoto politico in cui si è potuto dispiegare l'incontestabile
carisma di Grillo (dai riflessi mesmerici, soprattutto negli
interventi pubblici). Diciamo che si è trattato di un’ascesa diventata
irresistibile a causa dall’incapacità dei partiti tradizionali di
autoriformarsi, intercettando per tempo alcuni cavalli di battaglia grillini
(si pensi solo al taglio del finanziamento
pubblico ai partiti).
Il secondo capitolo
(“Lo shock elettorale” di Pasquale Colloca e Francesco Marangoni), spiega
con grade sottigliezza come i successi elettorali del 2012 ( dalle
amministrative alle elezioni siciliane) abbiano agito da moltiplicatore, quasi
keynesiano, di due fattori: a) la consapevolezza di essere sulla strada giusta;
b) la capacità di conquistare consenso esterno (prima al Nord, poi al Sud),
attivando un circuito virtuoso tra Movimento e Paese. Una “storia di successo”,
regolarmente confermata, dalle elezioni politiche di febbraio.
Nel terzo capitolo
(“Gli elettori del Movimento 5 Stelle” di Andrea Pedrazzani e Luca Pinto),
basato su solidi dati empirici, si riconduce la capacità del partito di Grillo
di catturare voti a destra e sinistra all’abilità
nell’intercettare, grazie al programma politico dai contorni
imprecisi, un elettorato «dalla duplice anima», conservatore e progressista al
tempo stesso; «duplicità [che] potrebbe aprirgli la via di un successo
elettorale dalle proporzioni fino a pochi mesi fa impensabili» (p.121).
Previsione, anche questa, confermata dal voto del 24-25 febbraio.
Nel quarto capitolo
(“Dentro il Movimento:organizzazioni, attivisti e programmi” di Gianluca
Passarelli, Filippo Tronconi, Dario Tuorto) si entra nel cuore della questione,
o meglio del programma politico. Due i punti di forza: a) un programma
«post-ideologico», capace di piacere all’elettore di sinistra (
ambientalismo e democrazia di base) e all’elettore di destra (antifiscalismo e
antiburocratismo), nonché di risultare gradito a entrambi e perfino
agli astensionisti (critica della partitocrazia). E perciò
in grado di conquistare, da vero "pigliatutto", anche le
varie classi di età; dal giovane "smanettone" al quarantenne in
mobilità, dall'esodato cinquantenne al pensionato aggredito e stremato
dalla crisi economica; b) una facilità di accesso al movimento ( basta un
personal computer), capace di attirare i delusi e i respinti dalla politica
tradizionale. È per certi versi il trionfo di quella che Elisabetta Gualmini
definisce, non senza ironia ci sembra, la «wikipolitica, dove anche
l’ultimo arrivato può dire la sua e cambiare il programma»… Non meno
numerosi sono però gli elementi di debolezza. Ne ricordiamo due: a) la natura
accentrata del potere carismatico di Grillo che rischia di entrare in conflitto
con quella di un Movimento che, come del resto è sotto gli occhi di tutti, non
potrà non trasformarsi in Istituzione (tradotto: in partito vero e
proprio, con i suoi pregi e difetti sociologici); b) la difficoltà di coniugare
democrazia di base, movimentista con la democrazia rappresentativa, istituzionale,
che deve essere accettata da qualsiasi partito che si imponga di operare, per
l’appunto, nelle istituzioni. E qui, si legga un’altra osservazione di
sconcertante attualità: «In gioco (…) [è] la decisione di saldare l’ala
movimentista con la componente che, una volta nelle istituzioni necessiterà di
un coordinamento. Pena, nel breve-medio periodo, il disfacimento e il
cannibalismo da parte di altre forze”» (p. 144).
Nel quinto capitolo
(“Il Movimento e la Rete ”
di Lorenzo Mosca e Cristian Vaccari ), due sono le intuizioni, empiricamente
corroborate, che colpiscono: in primo luogo, che il famigerato uso intensivo
del web riguarda più i simpatizzanti che i candidati, legati invece ai media
più tradizionali; in secondo luogo, che se è verissimo che Internet «rappresenta
il collante di un Movimento», risulta altrettanto vero che esso «nella
sua grande eterogeneità si riconosce come parte di un tutto proprio in virtù
del ruolo di “editore” di Grillo, del suo blog e dello staff che, non senza
tensioni e polemiche, ne alimenta i contenuti» (p.194) . Ciò significa che, in
buona sostanza, «l’ adozione e l’uso massiccio delle tecnologie non sono
sufficienti a superare un dilemma classico delle organizzazioni politiche,
ovvero quella tensione irrisolta fra desiderio di partecipare attivamente alle
decisioni da parte della base ed esigenze di esercitare un controllo ferreo da
parte di una dirigenza oligarchica» (Ibid.). Se ci si passa la battuta: 1 a 0 per Roberto Michels…
Nelle conclusioni
Piergiorgio Corbetta si interroga sul destino del «web
populismo» sbandierato da Grillo. Populismo che,
secondo lo studioso, proprio per il
richiamarsi alla Rete rappresenta, per certi versi, un
fattore di «assoluta novità» rispetto ai populismi
tradizionali. E neppure negativa, dal momento che «la Rete potrebbe in effetti
rappresentare uno strumento cruciale per il passaggio da una ”democrazia
rappresentativa” (nella quale la volontà del popolo viene espressa dai suoi
rappresentanti eletti) a una “democrazia deliberativa” nella quale le decisioni
di carattere politico-amministrativo vengono prese da assemblee alle quali
possa partecipare – per l’appunto attraverso canali informativi – ogni
cittadino» (p. 211).
Insomma,
il calice-Grillo potrebbe essere mezzo pieno. E in definitiva
anche il suo messaggio non antipolitico ma politico o quasi. E
proprio in forza, come sembra sostenere Corbetta, della sua
idea democratico-deliberativa della politica. Vedremo.
Carlo Gambescia
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