“Piani del lavoro”,
democrazia e bene per l’altro
Leggevamo alcuni giorni fa del piano del lavoro messo a punto da un importante sindacato italiano. Ora, l’idea di piano, a prescindere dai suoi contenuti, è sempre un atto di presunzione: si presume di conoscere quale sia il bene per l’altro. Ci spieghiamo meglio: se è così difficile sul piano individuale stabilire, da noi stessi, quale sia il nostro bene, figurarsi l’idea che siano altri a stabilirlo per noi… Anche perché in assoluto, ogni singolo individuo, per quanto in modo imperfetto, non può non essere il miglior giudice del proprio bene. Sia ben chiaro: le stesse critiche potrebbero essere mosse a un piano economico proposto dalle organizzazioni imprenditoriali...
Resta ovviamente in piedi il problema della decisione politica: se nessuno è in grado di stabilire quale sia il bene per l’altro, chi ( e come) prenderà le decisioni riguardanti la quantità e la qualità dei beni e dei servizi collettivi da "erogare" ? Le decisioni politiche, insomma? Si pensi solo alla determinazione dell''entità delle tasse da versare allo stato. Su questo terreno - molto scivoloso - le democrazie, rispetto agli altri regimi politici, offrono un criterio decisionale approssimativo ma tutto sommato efficace: il criterio di maggioranza; si decide per la proposta “comune” che prenderà più voti.
Naturalmente la maggioranza ( o coloro che sono stati delegati dalla maggioranza) può sbagliare. Di qui la possibilità, con l’alternarsi delle maggioranze ( e dei rappresentanti) di rettificare le decisioni precedenti.
Pertanto, un piano del lavoro ( o di altro genere) non ha alcun valore assoluto. Va visto, più semplicemente, come un modello interpretativo: il modo ( tra i tanti) grazie al quale una certa minoranza, che vorrebbe diventare maggioranza, interpreta la realtà. E qui torniamo alla questione precedentemente affrontata del relativismo (http://carlogambesciametapolitics.blogspot.it/2013/01/relativizzare-il-relativismo-il.html ). Dal momento che senza un approccio relativistico alla realtà politica (“oggi vinco io, domani vincerai tu, e così via”) la democrazia rischia, e da sempre, di trasformarsi in tirannia di una qualche presuntuosa maggioranza , assolutamente certa di conoscere non solo quale sia il bene per la sua parte ma addirittura per tutti i cittadini.
Carlo Gambescia
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