ll libro della settimana: Richard Sennett, La cultura del
nuovo capitalismo, il Mulino, Bologna 2012, pp. 145, euro 12,00.
http://www.mulino.it |
I libri di Richard Sennett, sessantanovenne sociologo
americano, sono sempre segnati da brillanti incursioni teoriche su
argomenti classici, come dire, da manuale. E sotto questo
aspetto anche La cultura del nuovo capitalismo non
delude. Nel libro, uscito nel 2006 e opportunamente ristampato dal
Mulino, ci si occupa di flessibilità, senza inutili
demonizzazioni, ma anche senza fare sconti intellettuali. Sennett
si (e ci) propone di ricondurre il lavoro flessibile nell'alveo del
welfare: tentativo che in qualche misura ricorda quello di Durkheim,
rivolto a facilitare l'integrazione sociale dei lavoratori di fine Ottocento
alle prese con la moderna divisione sociale del lavoro. Infatti, i
due studiosi si interrogano su un evergreen
sociologico : come introdurre elementi di solidarietà
all'interno di società prive di calore comunitario?
Durkheim, che viveva nella Francia della Terza Repubblica, propose un
comunitarismo repubblicano e democratico su basi corporative. Una specie di
"pre- welfare state" fondato sul mutualismo sindacale e di mestiere.
E con lo stato repubblicano e i professori universitari, come supremi garanti
di un'etica sociale severa ma giusta. Sennett, si muove in un contesto diverso,
dove la divisione sociale del lavoro, non riguarda più stati e nazioni, ma
l'economia-mondo . Il capitalismo, rispetto ai tempi di Durkheim, dispone di
tecnologie avanzatissime che favoriscono la delocalizzazione produttiva su scala
mondiale. Inoltre, sembra essersi fatto più aggressivo e meno
attento agli imperatici etici e sociali, soprattutto sul versante
borsistico e finanziario. La "cultura del nuovo capitalismo"
offre più libertà economica, meno sicurezza e, cosa più grave, presta
il fianco agli attacchi speculativi. Il che, per le
figure lavorative penalizzate dalla flessibilità, significa non poter più
pianificare l'esistenza. Ma veniamo alle proposte di Sennett.
Innanzitutto, va garantita tra un lavoro e l'altro una dignitosa
continuità assistenziale e previdenziale: il lavoratore "flessibile"
non deve mai sentirsi solo, o peggio, abbandonato. Intorno a lui deve essere
creata una rete comunitaria che ne garantisca la "continuità
biografica", o per farla breve, la sua identità personale e sociale di
cittadino. Dopo di che, va di nuovo attribuita rilevanza sociale al lavoro: il
lavoratore, soprattutto se flessibile, deve tornare a sentirsi socialmente
importante. Infine, va pubblicamente incoraggiata nei singoli la consapevolezza
del lavoro ben fatto. E questo a prescindere dai lavori che possano essere via
via svolti. Sennett parla addirittura del recupero di una "sensibilità
artigianale" come "impegno interiore" - tema cui ha
dedicato un libro, L'uomo artigiano (Feltrinelli): il
lavoratore deve credere nel valore oggettivo del proprio fare, "al di là
dei propri desideri e perfino al di là delle ricompense date da altri" .
Queste proposte possono essere criticate. Resta però un
fatto indiscutibile: nelle nostre società, così prigioniere di un
individualismo spesso molto aggressivo, Sennett orgogliosamente ribadisce
la necessità di riscoprire lo spirito comunitario, indicando alcune piste.
L'economia da sola non risolve tutto: non è un "destino".
Insomma, non è più accettabile, soprattutto in tempi di crisi,
la pretesa di dover convertire
sistematicamente ogni rapporto umano in merci e denaro. Il che
però non può tradursi nell''eccesso opposto: il rifiuto della
modernità economica (punto sul quale anche Sennett sembra non transigere).
Va, più semplicemente ( si fa per dire...),
"allargata" la nostra mentalità.
Occorre capire, come già sosteneva Durkheim, e
ancora prima Proudhon, che non basta dire all'altro: "Ti ho pagato,
hai quel che ti spettava, ora sparisci...". La società, in ultima
istanza, si regge su valori più profondi: senso di
appartenenza, rispetto e solidarietà.
Concludendo: tornare, via Sennett, a Durkheim? Sì.
Magari però senza professori...
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento