.Critica delle ideologie
e ciclo metapolitico
In realtà, le ideologie, non sono mai morte, vivono e lottano insieme a noi,
anzi, visto che chi scrive è uno studioso, "intorno a noi". E
probabilmente esisteranno sempre. Perché sono le stampelle grazie alle quali si
sostengono a turno difensori e avversari del “mondo così com’è”. Intanto,
possiamo distinguere tre grandi categorie: a) quelle sostenute dai difensori
dello status quo; b) quelle impugnate dagli avversari dell'ordine esistente; c)
quelle brandite da coloro che predicano il ritorno allo status quo ante. In
breve, e nell'ordine: ideologie conservatrici, rivoluzionarie e reazionarie.
Abbiamo usato il termine “a turno”. Per quale ragione? Perché resta difficile
ricondurre le numerose e varie ideologie nell’alveo di una sola della tre
categorie ricordate.
Ad esempio, un liberista, scontento della società attuale, perché ritenuta
statalista, ne invoca il superamento. Così come auspica il marxista, per
combattere, come dichiara, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Come però non
definire il liberista e il marxista rivoluzionari? Il primo vuole instaurare
una nuova società integralmente basata sul libero mercato. Il secondo una nuova
società comunista libera da ogni iniquità. Due società che entrambi, se interrogati,
definirebbero “libere”. Salvo poi, come notava l' amico Carlo Pompei, una volta
agguantato il potere, trasformarsi da liberisti e rivoluzionari in conservatori
dell'ordine esistente. Oppure, in caso di successiva sconfitta, e perdita del
potere, in reazionari, ossia in coloro che rimpiangono il passato e sognano,
alla prima occasione di restaurarlo, anche seguendo (e perché no?) modalità
rivoluzionarie.
Ecco il punto: la “battaglia delle ideologie” rinvia a una precisa costante del
politico, o meglio metapolitica:
conservazione-rivoluzione-conservazione-rivoluzione. Ma esiste anche un ciclo
"minore": conservazione-riforme-conservazione-riforme ; un sub-ciclo
che si sviluppa grazie all'intelligente innesto di costumi nuovi su tradizioni
antiche. In genere, il riformista è un ex: un rivoluzionario, un conservatore,
talvolta addirittura un reazionario, che da "pentito" rifiuta gli
eccessi. Per tornare al tema iniziale, la critica delle ideologie, di regola,
riflette il momento della conservazione del potere (di qualunque origine),
perché rivolta a demolire le posizioni ideologiche opposte, in quanto, come
sempre si legge, astratte e lontane dal risolvere i problemi concreti della
società esistente...
Ciò spiega perché chiunque si ostini a parlare di crisi delle ideologie finisca
sempre per celebrare, in chiave conservatrice, il presente, sposando, suo
malgrado (se in buona fede..), una posizione, comunque, ideologica... In
genere, il critico delle ideologie ignora ( o finge di ignorare) il ciclo metapolitico
conservazione-rivoluzione-conservazione-rivoluzione. Ma lo stesso si potrebbe
dire delle tesi sostenute da reazionari e rivoluzionari. Il reazionario, dopo
la vittoria, si trasforma in conservatore, come del resto accade al
rivoluzionario e al riformista, entrambi attenti a celebrare e conservare le
conquiste della rivoluzione e delle "stagioni riformiste". E così
via… Per le stesse ragioni resta molto difficile credere nella romantica
vittoria di rivoluzioni conservatrici, capaci di porre fine, magari con il
ferro e con il fuoco, al ciclo metapolitico. Ciclo, la cui forza ricorda quella
di gravità. Certo, l'uomo, da sempre, mostra di subire il fascino delle
sfide... Di qui, l' umana volontà di vincere l'effetto di gravità, anche del
ciclo metapolitico. Ma a quale prezzo?
Carlo Gambescia
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