mercoledì 1 febbraio 2012

Terremoti, carestie, freddo polare. 
Verso la società dell’allarme totale? 



Se di settimana in settimana, gli  allarmi mediatici si susseguissero, prima l'allarme  terremoto, poi l'allarme freddo, e così via, di emergenza in emergenza,  in che tipo di società  vivremmo? In una società  del controllo totale, attraverso “il terrorismo psicologico”.  Esageriamo?
Solo nell’ultimo mese, e in Italia,  abbiamo avuto tre allarmi: prima la paura dei  “supermercati vuoti”, causa sciopero dei Forconi, poi, il   terremoto e  lo sciame sismico,  ora  il  freddo polare… 
Che dire?  Sotto ovviamente, non c’è alcun complotto, ma più semplicemente, la macchina della società mediatica: un sistema sensibilissimo che si mette in moto al primo “sussulto informativo” un po’ per autoriproduzione, un po’ per ragioni economiche. Insomma, alla base della società dell’allarme totale c’è un mix di economia (ascolti/pubblicità) e di imperativo territoriale (parlare subito di un certo evento, per non rimanere indietro rispetto agli altri media).
Ovviamente, abbiamo semplificato la questione, anche dal punto di vista terminologico, ma il problema esiste. E quanto i più i media dettano l’agenda (sulla base di considerazioni “interne), tanto più si rischia di precipitare nella società dell’allarme totale.
Quali correttivi? Difficile dire. Nuove regole?  Altri codici deontologici?   O  Controlli politici (tra l’altro già attivi)?  Oppure Controlli economici? 
Dal punto di vista sociologico, un meccanismo auto-riproduttivo come quello mediatico (ma la società si fonda e regge su meccanismi del genere),   può essere  contrastato solo  dall’esterno. Quindi servono regole. Ma chi ci assicura che le regole, una  volta introdotte, non limiteranno  la libertà dei media? E quindi la libertà di espressione in generale?

Carlo Gambescia


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