La manifestazione di Piazza del Pantheon
Ma quale “legge bavaglio”!
Premessa: la
libertà è responsabilità. Dove la
responsabilità latita, servono regole autoimposte dal gruppo professionale cui
si appartiene. E quando le regole “di gruppo” sono insufficienti, allora
interviene, il ‘supergruppo”: lo Stato.
Detto altrimenti, si ricorre alle leggi,
se necessario, penali.
Chiaro? E invece, no, almeno per alcuni. Ad esempio, per quelli che si sono ritrovati ieri l’altro (pochi, a parte i soliti descamisados), nella romana Piazza del Pantheon, per protestare contro la “legge bavaglio”. Infatti, il caso delle intercettazioni (a sbafo del contribuente, tra l’altro), rientra pienamente, come dicevamo, nell’ambito di una regolazione di tipo penale. Per quale ragione? Perché con la scusa della parola magica “libertà di stampa”, come è sotto gli occhi di tutti, si veicolano informazioni - più di frequente gossip - che spesso si rivelano fasulle o estranee alle indagini. Condannando così, pubblicamente, persone incolpevoli o addirittura estranee ai fatti. Per dirla in modo brutale: li si sputtana coram populo. Violando il sacrosanto principio della presunzione innocenza, teorizzato dal diritto penale moderno e recepito dalla nostra Costituzione.
Altra cosa invece è la preservazione del ruolo giocato dalla magistratura. Alla quale deve essere lasciata la massima libertà di utilizzare gli strumenti più adatti alle indagini, incluse le “intercettazioni telefoniche e ambientali”. Perciò, mentre condividiamo le misure, non tenere, verso editori e giornalisti, non siamo d’accordo sulle limitazioni all’uso delle intercettazioni da parte della magistratura. Eventualmente, potrebbero essere introdotte pene severissime per le cosiddette “talpe” che, dall’interno degli uffici giudiziari, “passano notizie”, spesso politicamente mirate, alla stampa compiacente (e pagante in vario modo...).
Chiunque, in questo caso, difenda la libertà dei giornali, se in buona fede, è un “idealista” che non ha mai messo piede in una redazione. Dove, come in tutti gli ambienti, lavorano persone per bene e persone “per male”. Spesso, quelle “per male” sono motivate dalle ambizioni più varie ( professionali, politiche, eccetera…). Nulla di male, per carità. Naturalmente, fin quando non entri in gioco l’onorabilità delle persone. Per buttarla sul colore (ma quando ci vuole, ci vuole…): spesso siamo davanti a individui frustrati, perché relegati a occuparsi di “giudiziaria”. E per una semplice ragione: perché incolti e poco “bravi a scrivere”. Talvolta si tratta di “vecchi marpioni”, talaltra di “giovani professionisti”… In alcuni casi sul gossip velenoso alcuni giornalisti hanno costruito la propria fortuna. Anche gli editori però non scherzano: spesso utilizzano i giornali, di cui sono proprietari, come strumenti di pressione al servizio di finalità non trasparenti.. Il che, in effetti, non è una novità.
Ovviamente, esistono le eccezioni. Che non sono poche, a dire al vero. Ma i giornali seri, come i nostri lettori sanno, hanno vita difficile. Purtroppo.
Chiaro? E invece, no, almeno per alcuni. Ad esempio, per quelli che si sono ritrovati ieri l’altro (pochi, a parte i soliti descamisados), nella romana Piazza del Pantheon, per protestare contro la “legge bavaglio”. Infatti, il caso delle intercettazioni (a sbafo del contribuente, tra l’altro), rientra pienamente, come dicevamo, nell’ambito di una regolazione di tipo penale. Per quale ragione? Perché con la scusa della parola magica “libertà di stampa”, come è sotto gli occhi di tutti, si veicolano informazioni - più di frequente gossip - che spesso si rivelano fasulle o estranee alle indagini. Condannando così, pubblicamente, persone incolpevoli o addirittura estranee ai fatti. Per dirla in modo brutale: li si sputtana coram populo. Violando il sacrosanto principio della presunzione innocenza, teorizzato dal diritto penale moderno e recepito dalla nostra Costituzione.
Altra cosa invece è la preservazione del ruolo giocato dalla magistratura. Alla quale deve essere lasciata la massima libertà di utilizzare gli strumenti più adatti alle indagini, incluse le “intercettazioni telefoniche e ambientali”. Perciò, mentre condividiamo le misure, non tenere, verso editori e giornalisti, non siamo d’accordo sulle limitazioni all’uso delle intercettazioni da parte della magistratura. Eventualmente, potrebbero essere introdotte pene severissime per le cosiddette “talpe” che, dall’interno degli uffici giudiziari, “passano notizie”, spesso politicamente mirate, alla stampa compiacente (e pagante in vario modo...).
Chiunque, in questo caso, difenda la libertà dei giornali, se in buona fede, è un “idealista” che non ha mai messo piede in una redazione. Dove, come in tutti gli ambienti, lavorano persone per bene e persone “per male”. Spesso, quelle “per male” sono motivate dalle ambizioni più varie ( professionali, politiche, eccetera…). Nulla di male, per carità. Naturalmente, fin quando non entri in gioco l’onorabilità delle persone. Per buttarla sul colore (ma quando ci vuole, ci vuole…): spesso siamo davanti a individui frustrati, perché relegati a occuparsi di “giudiziaria”. E per una semplice ragione: perché incolti e poco “bravi a scrivere”. Talvolta si tratta di “vecchi marpioni”, talaltra di “giovani professionisti”… In alcuni casi sul gossip velenoso alcuni giornalisti hanno costruito la propria fortuna. Anche gli editori però non scherzano: spesso utilizzano i giornali, di cui sono proprietari, come strumenti di pressione al servizio di finalità non trasparenti.. Il che, in effetti, non è una novità.
Ovviamente, esistono le eccezioni. Che non sono poche, a dire al vero. Ma i giornali seri, come i nostri lettori sanno, hanno vita difficile. Purtroppo.
Concludendo, ma quale “legge bavaglio”! Da certi “reati” una comunità deve difendersi. Perciò
massima libertà all’uso delle intercettazioni da parte della magistratura,
ferrei controlli invece sugli abusi commessi da certa stampa. Libera da tutto, ma non dal denaro e dall’ambizione
sfrenata di uomini, in fondo, piccoli
piccoli.
Carlo Gambescia
P.S.
Quanto all’introduzione dell’ obbligo di rettifica anche per i blog, amatoriali
e non, per capire la necessità, crediamo basti fare un giretto sul Web autentica fabbrica delle più demenziali ipotesi
complottiste, spesso “firmate” solo con un nickname (pseudonimo). Come
dicevamo, la libertà è responsabilità, regola che non può non valere anche per
il blogger…
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